Alla luce di controlli governativi sempre più stringenti sulle principali piattaforme social, i potenti colossi del web non dovrebbero obbligare i netizen a rivelare la propria identità reale per l’accesso ai vari servizi online. Parola di Vint Cerf, attuale chief internet evangelist di Google: la stessa azienda di Mountain View dovrebbe dunque permettere l’utilizzo degli pseudonimi ( nickname ) nella fase di registrazione al social network Plus.
Tra i pionieri di Internet, Cerf ha innanzitutto ammesso che i sistemi di autenticazione sulla piattaforma Google+ sono finiti al centro di un intenso dibattito nello stesso quartier generale di Mountain View. Nell’ultimo anno, il gigante californiano ha spinto i suoi utenti a fondere i vari account su Gmail, YouTube e altre proprietà digitali, sfruttando così un solo profilo (account) a partire da una identità reale sul social network di BigG .
Nella visione di Vint Cerf, l’utilizzo di nomi e cognomi reali può certamente risultare utile all’utente, in particolare nelle transazioni del commercio elettronico. “Ma non credo che le persone debbano essere obbligate” ha aggiunto il chief internet evangelist di BigG. Il timore più grande di Cerf è infatti legato alla possibile istituzione di “regimi oppressivi”, il classico big brother orwelliano nelle reti della condivisione social .
“Anonimato e pseudonimi sono perfettamente ragionevoli in determinate situazioni – ha spiegato Cerf in una intervista rilasciata all’agenzia di stampa Reuters – Sussistono certi casi dove le varie parti di una transazione hanno davvero bisogno di sapere con chi stiano parlando”. Per questo motivo, Cerf non vuole adottare posizioni estreme, soltanto offrire agli utenti una maggiore capacità di scelta in base alle esigenze delle diverse attività digitali .
Mauro Vecchio