Veoh, la vittoria di Pirro sul copyright

Veoh, la vittoria di Pirro sul copyright

Nuova sconfitta in appello per la major Universal Music Group, che non riesce a depotenziare la tutela prevista dal porto sicuro per gli intermediari del video sharing. Ma Veoh ormai non esiste più da anni
Nuova sconfitta in appello per la major Universal Music Group, che non riesce a depotenziare la tutela prevista dal porto sicuro per gli intermediari del video sharing. Ma Veoh ormai non esiste più da anni

Amara vittoria in aula per la defunta piattaforma di video sharing Veoh, costretta alla bancarotta sotto il bombardamento legale della major discografica Universal Music Group (UMG). Una corte d’appello californiana ha infatti ribadito l’applicabilità del cosiddetto safe harbor , il “porto sicuro” garantito agli intermediari del web dal Digital Millennium Copyright Act (DMCA) del 1998.

I rappresentanti legali di UMG hanno dunque incassato la terza sconfitta consecutiva – dopo le prime due decisioni sfavorevoli in primo grado e in successiva sede d’appello – nel tentativo di dimostrare una forma di responsabilità diretta da parte dei responsabili di Veoh, che Universal riteneva invischiati fino al collo nelle violazioni del diritto d’autore attraverso il caricamento di contenuti musicali illeciti da parte degli utenti.

La potente etichetta statunitense aveva presentato un secondo ricorso in appello per neutralizzare la tutela offerta dal porto sicuro previsto nel testo legislativo del DMCA, ormai divenuto fondamentale per il business di tutte quelle piattaforme legate ai cosiddetti User-Generated Content . La corte federale californiana ha però respinto le tre tesi cruciali proposte dall’accusa a quasi sei anni dalle prime schermaglie legali con Veoh.

In primis , i legali di UMG avevano richiesto l’applicazione del safe harbor alle sole piattaforme specializzate nell’archiviazione personale di file (file hosting o storage), non a quei portali che mettono a disposizione della massa degli utenti contenuti in formato streaming. Il giudice californiano ha invece sottolineato come la stessa natura di un sito web risieda nell’esposizione di contenuti digitali a più utenti contemporaneamente .

Nel parere della stessa corte, l’apertura di una sezione musicale tra i vari video caricati su Veoh non basterebbe a dimostrare una forma di responsabilità diretta come invece invocato dall’accusa. I responsabili della piattaforma avrebbero inoltre predisposto tutti gli strumenti necessari a tutelare gli interessi della major con la conseguente rimozione dei video in violazione del copyright.

Mauro Vecchio

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
18 mar 2013
Link copiato negli appunti