Il mezzo preferito dalle autorità iraniane per ostacolare Internet e la comunicazione “virale” in occasione dei tumulti di piazza è il throttling delle connessioni, stando a quanto sostiene Collin Anderson in una ricerca pubblicata sul sito arXiv.org , repository ospitato dalla Cornell University .
Piuttosto che interrompere in maniera completa il servizio telematico sollevando polemiche e attenzione eccessive, spiega Anderson, il governo del paese islamico sottopone le connessioni dei propri cittadini a “livelli di degradazione senza precedenti, blocchi e jamming dei canali di comunicazione”.
Stando ai dati raccolti da Anderson, queste eventualità si presentano in concomitanza con eventi particolarmente sensibili come nel caso dell’arresto dei leader dell’opposizione fra il 2011 e il 2012 (percentuale di download scesa del 77 per cento), oppure in occasione delle proteste scoppiate a causa della riduzione del valore della moneta locale nel novembre del 2012 (download scesi del 69 per cento).
Meno “distruttivo” per le comunicazioni telematiche essenziali, più difficile da identificare con certezza e porre all’attenzione della popolazione, il throttling delle connessioni Internet è uno degli strumenti di censura “preventiva” preferiti dal potere eletto degli ayatollah, ma non per questo l’unico.
La censura classica dei siti meno allineati è sempre presente e colpisce senza particolari distinzioni anche i conservatori, anche se ovviamente si tratta di uno strumento di repressione morbida molto meno difficile da combattere rispetto al throttling.
Alfonso Maruccia