OHM2013: osservo, smonto, costruisco

OHM2013: osservo, smonto, costruisco

di M. Calamari - Il diario della convention hacker olandese. Fra fango, strumenti bellici di intercettazione ed effetti speciali
di M. Calamari - Il diario della convention hacker olandese. Fra fango, strumenti bellici di intercettazione ed effetti speciali

Da solo, almeno alla partenza. Stavolta il viaggio non inizia con il buon Obi-Wan , in buona salute ma autoesiliatosi su Tatooine, e che ha fornito solo (speriamo) supercompetenti previsioni del tempo.
E nessun Ala-X è potuto passare a prendere il nonno dell’hack. Anzi, succederà proprio il contrario perché Rosso-1 e Rosso-2 mi aspetteranno all’aeroporto di arrivo.
Si parte da soli. Che c’è di strano in questo? Niente, solo il feeling è diverso.
Forse è la ripetizione (è il terzo hack-camp estivo di Cassandra), e assai diversi saranno probabilmente questi appunti di viaggio rispetto a quelli del CCC2007 e del CCC2011 . Non c’è bisogno di evocare ispirazione od ideali per spiegare questa terza iterazione di un viaggio che è sempre meno usuale per la fascia di età di Cassandra. Facile. Si tratta semplicemente di una ricerca.

Sì, perché nella palude Italia, dove i motivi di malcontento e di depressioni sono ben noti e facilmente enumerabili, la sensazione di essere perso nelle paludi di Dagobah (e senza nessun Yoda che offra insegnamenti ed introspezione ad un padawan part-time) è qualcosa che ormai accompagna Cassandra da così tanto tempo da essere divenuto “normale”. E quello che dal mondo riesce ad arrivare dai media non invoglia certo all’ottimismo coloro che hanno a cuore le sorti della Rete e quello in cui la Rete, insieme al Mondo, si va trasformando. Invece dell’Internet delle Cose. ci si dovrebbe (pre)occupare dell’Internet delle Persone.
Con l’eccezione di rari esempi positivi (grazie Edward ), anche al di fuori della palude del Belpaese, ben pochi fatti ispirano ottimismo.

Questo viaggio, ben diversamente dagli altri, non è una ricerca del meraviglioso ma appunto di speranza che, forse, rimuovendo il filtro della quotidianità, dei media e della gente rassegnata, potrebbe trovarsi in questo effimero ma grande e potente luogo che anche quest’anno nasce nel nord-Europa in mezzo al niente. Vedremo se il vivere qualche giorno in mezzo alla più alta concentrazione hacker disponibile sul pianeta Terra può far cambiare più che idea umore, ed agire da antidepressivo, anzi euforizzante non chimico ma mentale.

OHM 2013

Ed in fondo è pur vero che se una storia c’è, serve anche un menestrello che la racconti.

Nel frattempo l’auto-organizzazione in solitario del viaggio ha fatto ululare dal dolore, a causa delle ripetute “strisciate”, la povera carta di credito. Speriamo che l’ Ambasciata Italiana anche quest’anno, in mezzo ai suoi tanti altri meriti, aiuti a limitare gli ulteriori esborsi.

La giusta azione
Il viaggiatore sa cosa succede a preparare in fretta un programma: in agguato c’è sempre qualcosa di totalmente imprevisto.
Prendiamo il caso di un tratto fatto in macchina a nolo. Vi sarà facilissimo ad esempio trovare amici aspiranti passeggeri con grandi bagagli sul luogo del ritiro dell’auto.
Della Ala-X macchina però non troverete traccia all’ora prevista e, mentre una pioggia in diagonale (siamo in Olanda, paese famoso per la pioggia ed il vento, non solo per i tulipani e le bionde) riesce a bagnarvi anche sotto la più larga delle tettoie, chiediamo informazioni a tutti i pochi presenti, ma nessuno riesce a dare indicazioni di una qualche utilità o coerenza.
Telefonare al numero dell’autonoleggio è come ascoltare un disco che ripete il ritornello “stiamo arrivando, l’auto è per la strada”.
Dopo oltre un’ora l’azione giusta arriva per caso: l’ultima delle persone consultate è un addetto alla sicurezza molto gentile, che si fa dare il numero e lo chiama con tono di voce fermo e severo.
Che sia questo il motivo per cui 5 minuti dopo un pulmino si è materializzato e ci ha portato all’autonoleggio dove l’addetto mi ha chiesto gentilmente “siete voi quelli che hanno telefonato alla sicurezza?”? Sicuramente ha rimpiazzato con “quelli” un’altra parola che aveva in mente).

L’auto?
Il punto interrogativo è d’obbligo. L’austerity aveva imposto la scelta più economica possibile, ed una piccola 4 posti con bagagliaio buono solo come cassetta delle lettere ne è stata la logica conseguenza. Al valigione di Cassandra, non pesantissimo perché semivuoto ma di dimensioni non certo da bagaglio a mano, si devono sommare tre baldi giovanotti con altrettante valige rigide, zaini e borse aggiuntive.
Mentre contrattavo oscure clausole con l’addetto dell’autonoleggio, con tono tra l’indifferente ed il dirigenziale, ho chiesto ai passeggeri di caricare le valige in quel cubetto su ruote.
Non ho guardato nemmeno le operazioni per paura di vedere passeggeri o valige in sovrappiù.
Talvolta il tono manageriale funziona, perché quando esco dalla porta tutte valige e gli zaini sono in macchina, i tre passeggeri riescono ad inserirsi in qualche modo negli interstizi, ed il posto di guida permette addirittura di respirare. Non sono altrettanto convinto che anche i passeggeri abbiano questa libertà.

Uber-informatici in viaggio
Pare sorprendente che quattro persone molto informatizzate, ben dotate di portatile, smartphone (beh, in questo caso sono solo tre ) riescano a non avere un solo navigatore o uno straccio di connessione per vedere almeno Google Maps, ma è così.
Cassandra tuttavia se lo aspettava, e si è munita di un itinerario ben stampato a colori.
Ma tra il dire ed il fare ci sono di mezzo pioggia, notte, ancora pioggia, una quantità di autostrade (gratis però, mica siamo nel Belpaese) bivii ed uscite, cartelli ben visibili ma in lingua illeggibile e soprattutto che di solito non indicano le direzioni ma solo l’uscita successiva.
Finalmente un passeggero riesce a far partire uno straccio di collegamento con uno smartcoso e riusciamo ad inserirci sulla strada giusta: da lì le svolte indicate su carta diventano utilizzabili. La strada non è tanta, ma la batteria è ancora meno, quindi lo smartcoso ci lascia nei pressi della destinazione, e ci ritroviamo a visitare una cittadina, una zona industriale, di nuovo una cittadina, la stazione ?, e alla fine appare l’hotel dove riposerò le mie ossa.
Veloce check in, serratura a combinazione di 6 cifre (ma al bancomat non ne bastano 4?), valigie buttate in camera e via di corsa per raggiungere OHM, dove i passeggeri devono ancora montarsi la tenda.
La strada si rivela meno difficile perché stavolta la carta stampata è a scala decente, essendo la distanza di pochi chilometri. Neanche un cartello fino a 100 metri dall’ingresso. Ci siamo!

La location
Niente di spettacolare come Finowfurt.

OHM 2013

Un enorme campo, attraversato da canali e canaletti in ogni dove, confina tra aerogeneratori (sì, le pale) un enorme maneggio dove c’è anche un mercato di cavalli (e si capisce anche di notte), una zona archeologica ed una stradina asfaltata (l’unica) con prati fangosi che si stanno riempiendo di macchine.
Non ci sono parcheggiatori frecce o fettucce e perciò il fango prato parcheggio è assai disordinato. La luce dei fari rivela preoccupanti avvallamenti pieni di fango, dove la pioggia sta vincendo la partita con l’erba.
Parcheggio accanto ad un grosso camion, confidando nel fatto che il camionista avesse un’idea precisa di dove bisognasse parcheggiare. Ho già scaricato due passeggeri e relativi bagagli vicino all’ingresso, ed accompagnato da Rosso-1 mi avvio per raggiungere l’ambasciata.
La strada è buia, fangosa, e le uniche luci di rimbalzo sono quelle dei veicoli che ti arrivano da davanti abbagliandoti, o quelle dei previdenti campeggiatori dotati di torcia, nessuno dei quali ahimè procede nella nostra direzione.
Una cosa ci sostiene, la facilità con cui si può trovare l’Ambasciata Italiana che è esattamente dalla parte opposta del Camp, e parliamo di quasi due chilometri dall’ingresso.
Giunti all’ingresso, cioè ad una tenda posta a lato dell’unica strada asfaltata che attraversa il Camp, veniamo “crimpati” con un costoso braccialetto di fettuccia istoriata. Siamo a casa. Però, cavolo, quest’anno niente R0cket , malgrado il biglietto sia ben più caro di quello del CCC2011. Boccone amaro da buttar già, ma non siamo qui per i gadget.

L’ambasciata
La destinazione dovrebbe essere prossima. Rumore, musica e luci ci orientano ed infine ci danno la posizione esatta (non per nulla gli organizzatori hanno piazzato l?ambasciata nella zona battezzata “Noisy Square”) e la meta è raggiunta ben dopo la mezzanotte. Amici non visti da anni, primi abbracci, pasta con le melanzane fumante in distribuzione malgrado l’orario. Un veloce ma robusto piattone, visto che in aereo la compagnia di bandiera mi ha fornito 30 grammi di tarallini e basta, poi fuggo lasciando vigliaccamente i compagni di viaggio a montare le tende in condizioni eufemisticamente definibili “problematiche”. Recupero della macchina in mezzo al fango e veloce fuga in hotel, dove scopro che la Regina Rossa mi ha già preceduto. Ottimo sia per la compagnia che per il mio budget.

Arrivo di lusso
La mattina dopo, freschi di doccia e con scarpe antifango, ci presentiamo all’ambasciata, dove troviamo una situazione migliore di quanto prevedibile: si vede che i canali drenano e che l’attività notturna dei residenti ha in qualche modo rimediato gli allagamenti che erano stati segnalati.
Non piove quasi più, ed è un bene, perché è anche assai freddino.
La popolazione dell’ambasciata appare tutto sommato in buono stato, forse è la felicità di essere insieme dopo due anni che lava via fango e fatiche notturne. Attraversare il Camp di giorno mostra una sistemazione molto aperta, la gente non pare poi moltissima, forse i 5000 partecipanti annunciati sono poco più della metà.
Tutto sembra molto tranquillo e familiare, mancano i caccia parcheggiati tra le tende degli ultimi due CCC, e gli hangar con le porte corazzate tipo NORAD Colorado Mountain sono sostituiti da immensi e talvolta anche bellissimi tendoni. Bambini e famigliole sono molto più frequenti.

OHM 2013

I droni all’ambasciata
Cosa raccontare dell’ ambasciata ? Il caffè e la nutella mattutini, la cucina da campo che ogni tanto sforna ottimi primi, la musica spesso a palla, i soliloqui microfonati a 200 watts sono ormai troppo noti per riparlarne. I loschi figuri che vi si aggirano sono al 90 per cento gli stessi delle edizioni precedenti.
Non tutto però è come prima.
Intanto la tenda dell’Ambasciata è diventata esagonale, e poi l’hardware, che dal 2007 fa la parte del padrone a questi eventi, vi ha fatto una timida apparizione, forse l’inizio di una nuova era. Infatti l’ambasciata, oltre che preparare pasti e bevande, era nota quasi esclusivamente nei settori del software e della sicurezza.
Quest’anno un quadcopter totalmente autocostruito (niente premontati o kit) ha fatto la sua apparizione. Un gruppo di persone dall’aria decisa ma un po’ sconfortata sta cercando di equilibrare i motori accendendo, spegnendo, resettando, flashando, attaccando e staccando dal pc la creazione volante, ma un forte disequilibrio dei motori permane tutte le volte che quelle inquietanti elicone assolutamente non schermate cominciano a girare a pochi centimetri da chi sta seduto al tavolo.
Auguri ai futuri argonauti dell’aria.

Orgia di seminari
Anche se la location è meno eccitante e scenografica, ed il tempo anche oggi lascia ampiamente desiderare, i seminari sono tutt’altra storia.
Una quantità impressionante, fino ad 8 sessioni simultanee per 12 ore al giorno. Ma la cosa più esaltante è la qualità. Da alcuni di essi Cassandra è dovuta uscire reggendosi la mascella, che aveva rischiato a ripetizione di cadere a terra per la meraviglia. Niente da dire e tanto di cappello. O la comunità hacker ha fatto grandi progressi, anche dal punto di vista “didattico”, oppure gli olandesi hanno fatto davvero un ottimo lavoro.

Contenuti
Cassandra si è sempre esentata, in questi appunti di viaggio, di parlare di contenuti: qui la cosa diventa veramente difficile, e magari una serie di prossime release dedicate di Cassandra riferirà ai 24 lettori le ciliege più mature e succose.
D’altra parte se la tradizione viene rispettata, video ed audio dovrebbero potersi cogliere, come Schegge di Conoscenza anche sul sito di OHM2013 tra un paio di settimane.

Uno per tutti
Resistere alla tentazione di raccontare subito i seminari è davvero difficile, anche perché in uno dei primi sono andato a stringere la mano ad un mito storico dell’anonimato, Johan “Julf” Helsingius, creatore del primo remailer ( anon.penet.fi ) nonché combattente in uno dei casi legali che hanno forgiato la comunità hacker opponendola alla Chiesa di Scientology ed alla Bestia del cosiddetto “copyright”: si tratta di una persona che come curriculum mette solo il link ad una pagina (vera, scritta da altri e meritata) di Wikipedia.

Parlo del suo seminario perché, oltre ad aver suscitato il mio interesse per il nome dello speaker (senza nemmeno leggerne i titolo), si è rivelato una cosa pazzesca.
Julf infatti è persona che definire proteiforme è poco: lavora da anni a ricostruire veicoli storici, ma non Alfette o Mercedes, no, ricostruisce, ovviamente insieme ad un gruppo di persone, convogli militari degli anni ’70 ed ’80 schierati, e per fortuna mai veramente utilizzati ( Able Archer 83 ), sul fronte tra le due Germanie per la guerra elettronica.
Intercettazioni, localizzazioni del nemico e jamming delle comunicazioni, fatti utilizzando interi convogli di veicoli con equipaggi di 50 persone tra autisti, soldati, esperti di elettronica, linguisti ed anche un cuoco. Camion Bedford da 4 tonnellate e veicoli 4×4 creati apposta, ripieni di tecnologie radio e di calcolo completamente analogiche, parallelismo hardware ed interi rack di strumentazione degni del TARDIS , antenne alte 30-40 metri, campi allestiti unendo 6 veicoli disposti a raggiera con apposite tende, e mimetizzazioni (esagonali, come l’Ambasciata – un caso?).
Ed antenne che spuntavano appena da sopra gli alberi di una foresta, giusto dietro il fronte di combattimento, pronte ad essere smontate a tempo di record se qualcuno le avesse notate e cannoneggiate. Il caso di un missile non era contemplato, tanto non avrebbero nemmeno avuto il tempo di accorgersene.
Erano veicoli non blindati, perché non era previsto un avversario solitario con un kalashnikov, solo carri armati, missili e cannoni, contro cui non c’era difesa possibile.

Julf, dopo essersi procurato incredibili quantità di informazioni e fotografie segretissime, e augurabilmente tutte desecretate, ha ricostruito caratteristiche, capacità, modi d’uso e tattiche belliche di questi convogli chiamati “Vampire”, ha tenuto un talk chiaro ed affascinante, che ha offerto, oltre ad una quantità di informazioni tecniche interessantissime, anche uno prospettiva storica decisamente nuova ed inusuale della “Guerra Fredda” e di quanto siamo andati vicino ad un suo improvviso e catastrofico “riscaldamento”.

Ebbene, insieme a quel branco di pazzi par suo, ha rincorso questi ormai rottamati convogli supersegreti, comprandoli, ovviamente svuotati di tutto, da gente che li aveva presi alle aste dell’esercito e trasformati in camper, o direttamente come rottami di ferro da autodemolitori.
Qualche botta di fortuna sotto forma di pezzi “segreti” non rottamati, la pazienza di restaurare e reimmatricolare i veicoli, fibra di vetro, vernice, saldature, ricostruzioni delle procedure d’uso, sono state le componenti di un lavoro tanto impensabile quanto certosino, che gli ha permesso di ricostruire quattro veicoli e due antenne con relativi rimorchi, alcune tende, e di esibire il tutto nel suo villaggio. Non è stato difficile trovarlo, era la cosa più alta del Camp, sovrastando di gran lunga anche le antenne della centrale telefonica GSM allestita apposta per OHM2013.

L’unica nota dolente: Julf ha comprato diversi rack che erano stati svuotati dell’elettronica analogica e, parole sue, “filled with digital crap”, ma ne ha trovato ed acquistato anche uno originale, integro e funzionante su eBay. Ha richiesto come dovuto, una regolare licenza di esportazione (il pezzo si trova negli Stati Uniti) e da due anni sta “lottando” per ottenerla, cioè per esportare legalmente un pezzo di apparecchiatura stata segretissima lottando contro una burocrazia immane.
Solo una considerazione non da poco offusca la gioia di un evento cosi hacker: se questi mezzi enormemente costosi sono stati rottamati 20 anni fa, cosa li avrà sostituiti?

Seminari o persone?
È sempre la scelta più difficile in un evento hacker: vedere seminari o incontrare persone? È un’alternativa, gli orari sono implacabili e scanditi, le persone le trovi senza sapere che ci sono, i discorsi interessanti vengono fuori se e quando vogliono. Si prova fare tutto, ma è impossibile, e così rimangono anche dei rimpianti.

Loschi figuri
La reputazione dell’Ambasciata non è omogenea tra le persone: mentre i partecipanti di OHM apprezzano molto i party serali, sembra proprio che gli organizzatori di questo eventi, dopo l’esordio dell’Ambasciata avvenuto al CCC del 2007, ci abbiano sempre tenuti d’occhio.
Così quest’anno il tentativo di prendere controllo del sistema di illuminazione del Camp (ogni luce o effetto di colori, quasi un migliaio, erano comandati via Ethernet) è stato diagnosticato e represso con una prontezza sorprendente; il MAC address del pc utilizzato è stato scritto (pare) da uno del NOC (no, non sono le teste di cuoio, ma quelli del Network Operating Center) ed appeso davanti all’Ambasciata come monito.
Pare anche che le luci attorno abbiano poi cominciato a lampeggiare bianco/rosso e verde, e poi bianco e blu (bandiera italiana e lampeggianti della polizia). Ma Cassandra non c’era, e magari è solo una leggenda…

Non poteva mancare poi lo spamming telefonico per invitare tutto il Camp al party finale dell’Ambasciata. Al Camp tutti possono portarsi il cordless di casa, registrarlo facendosi assegnare un numero di linea fissa olandese, e poi chiamare e farsi chiamare gratis nel Camp, in Olanda ed in altri paesi. È una tradizione ormai consolidata come precedenti Camp. Ripetendo un hack ormai “classico” e stavolta concordato con gli organizzatori a scanso di equivoci, tutti i mille numeri del Camp sono stati chiamati e deliziati con un invito registrato per l’occasione , con orario, indicazioni per raggiungere l’Ambasciata ed altro.
La famosa battaglia di missili di spugna con l’Ambasciata Francese quest’anno non c’è stata: sarà un caso ma l’avevano messa al lato opposto del Camp. Certe voci sostenevano comunque ci fossero state azioni di guerriglia “alternativa”, ma sono senz’altro poco attendibili.

La notte
OHM 2013 Beh, al centro del Camp, nella zona del cibo, oltre a strutture sociali come una tenda da circo piena di cuscinoni per stare tranquilli a spippolare o socializzare, hanno costruito un… beh, chiamiamolo complesso di luci, effetti speciali, schermi e musica che surclassa quelli più semplici, ma comunque estremamente efficaci e poetici, visti al CCC.

Proiettori, laser, fumo e fiamme facevano da contorno ad oscure strutture di LED alte 6 metri, ad aggeggi tipo valvoloni termoionici alti un metro, messi lì per stupire ed attrarre, ma gentilmente, senza rumori assordanti o folle assiepate. Passavi di lì, magari con la ragazza, prendevi un drink nelle tende circostanti, scattavi due foto e via di nuovo, con un po’ più di meraviglia negli occhi.

OHM 2013

The end
Ho dato forfait totale al party finale, rifugiandomi in albergo: ripasso comunque dal camp di buona mattina, non per rinnovare i saluti ad alcune larve umane che hanno fatto l’alba e di più, ma perché stavolta è il mio macinino che deve fare da Ala-X e traghettare verso l’aeroporto, vicino ma complicato da raggiungere, i compagni di precedenti spedizioni. Il mio aereo è la sera, e mi toccheranno lunghe di ore di attesa in aeroporto, ma noblesse oblige . E poi il menestrello dell’OHM ha tanto da scrivere.

Marco Calamari
Lo Slog (Static Blog) di Marco Calamari
Tutte le release di Cassandra Crossing sono disponibili a questo indirizzo

Immagini di Marco A. Calamari e Matteo G. P. Flora
pubblicate con licenza CC BY-NC-SA 2.5 IT

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Pubblicato il
12 ago 2013
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