Contrappunti/ La politica del dire

Contrappunti/ La politica del dire

di M. Mantellini - La famigerata Google Tax di cui si favoleggia in questi giorni è il proverbiale dito che indica la Luna. E i politici italiani stanno tutti lì a guardarlo, senza preoccuparsi minimamente della vera questione
di M. Mantellini - La famigerata Google Tax di cui si favoleggia in questi giorni è il proverbiale dito che indica la Luna. E i politici italiani stanno tutti lì a guardarlo, senza preoccuparsi minimamente della vera questione

Evidentemente c’è una parte rilevante della politica italiana, politici di nuova forgiatura ma anche anziani lupi di mare e furbacchioni vari di lungo corso, che pensano che le leggi in Italia possano essere pensate, elaborate ed infine partorite per via mediatica. Lanciate in seconda serata in un talk show da Bruno Vespa, suggerite con tanto di titolo ad effetto in un’intervista al grande quotidiano amico e poi discusse, emendate e sostenute, a colpi di slogan, frasi vuote e fiere esposizioni personali in qualsiasi sede possibile, compresa la propria Commissione Parlamentare trasformata in ulteriore teatrino della propria visibilità individuale o di partito.

Così accade che Francesco Boccia, parlamentare del PD di consolidata presenza televisiva, sia al centro di una discussione pubblica in questi giorni sulla cosiddetta Google Tax , fuorviante riduzione giornalistica di un provvedimento che il governo starebbe pensando per far pagare – finalmente – le tasse in Italia ai giganti del Web come Amazon, Google, Facebook ed altri.

Le poche righe ufficiali disponibili al riguardo (una sorta di obbligo di Partita Iva per le società Internet che desiderino fare affari sul suolo italiano) sono sufficienti a far comprendere la profondità del pensiero che le sostiene: viene immediatamente alla mente quella volta in cui un altro politico italiano di discreto spessore, l’allora vice-commissario europeo Franco Frattini, propose a Bruxelles la sua ricetta per combattere il terrorismo su Internet. Perché non obblighiamo Google – disse allora Frattini – ad eliminare la keyword “bomb” dal suo motore di ricerca?

Ecco, diciamo che il livello della proposta Boccia, per quanto è possibile capirne, è simile a quello di Frattini: si cavalca un tema certamente sentito, un problema reale di equità e regole che pacificamente mette d’accordo tutti (le proposte che mettono d’accordo tutti sono quelle più ambite dai politici di ogni livello) e lo si risolve in maniera unilaterale con una proposta insensata ma molto rotonda e affascinante nei suoi aspetti mediatici.

Come ha scritto Massimiliano Trovato sul blog dell’Istituto Leoni , i temi della discussione sono essenzialmente due: che cosa significa localizzare in Italia una attività commerciale di Rete? Come possiamo immaginare che società che producono in Polonia, vendono in Germania e spediscono in tutta Europa possano essere costrette a “aprire una Partita Iva” in Italia? Perché mai dovrebbero farlo? E in alternativa che facciamo? Chiudiamo le frontiere ai prodotto di Amazon.fr o Amazon.de ? Rinunciamo alle 1.000 assunzioni che Amazon sta per fare a Piacenza giusto in questi giorni?

La seconda questione è politicamente ancora più rilevante. Chi, secondo Boccia, su un tema del genere fa concorrenza sleale? La grande azienda Internet che in un mercato aperto come quello europeo decide di pagare le tasse nel Paese con le condizioni attuali più favorevoli, o invece gli altri Paesi dell’Unione che propongono tassazioni più basse delle nostre? Perché Boccia, invece che parlare di quanto Google sia odiosa, non specifica che il prelievo per le imprese è in Italia oltre il doppio di quello di Irlanda o Lussemburgo e che qualsiasi battaglia di equità dovrebbe quindi essere rivolta in prima istanza ai propri partner europei?

L’incauto parlamentare del PD vuole semplicemente che le aziende straniere siano spennate con la stessa regolarità con le quali spenniamo da anni quelle italiane, questa è l’idea, solita ed usuale, della politica italiana tutta slogan e distintivo. Contro ogni attesa quelle stesse aziende non sembrano essere d’accordo. Ed in ogni caso se è irrealistico immaginare un governo italiano che si occupi di nuovi mercati e competitività avvicinando i proprio standard ai migliori dei nostri vicini europei, è altrettanto evidente che qualsiasi questione che riguardi tassazioni e circolazione dei servizi e delle merci nell’Unione Europea non potrà essere risolta da un titolone sui quotidiani italiani intestato a Francesco Boccia: a meno che lo stesso Boccia non si impegni, dai medesimi palcoscenici mediatici e con la medesima veemenza, a rifondere di tasca propria i denari delle procedure di infrazione che l’Europa intesterà alla nazione tutta, come punizione per una ideazione legislativa tanto spettacolare quanto incurante di tutto il mondo intorno.

Tutti sanno che il tema della tassazione equa dei servizi di Rete è un problema serio che dovrà essere affrontato con urgenza, pena il consolidamento di una serie di quasi-monopoli che non fanno bene a nessuno di noi. Ma si tratta di una questione complicata che riguarda l’Unione Europea. Complicata e Unione Europea: due parole che con Francesco Boccia e il PD che lo sostiene non hanno proprio nulla a che fare.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
11 nov 2013
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