Tripadvisor e la guerra delle recensioni

Tripadvisor e la guerra delle recensioni

Cosa differenzia un'opinione da una calunnia? Chi deve stabilirlo? Mentre il sito di recensioni se ne chiama fuori, un ristorante di Bologna querela un cliente che aveva parlato di di vino avariato
Cosa differenzia un'opinione da una calunnia? Chi deve stabilirlo? Mentre il sito di recensioni se ne chiama fuori, un ristorante di Bologna querela un cliente che aveva parlato di di vino avariato

Due su cinque: questo il punteggio assegnato da una cliente a un ristorante di Bologna. Ma a far arrabbiare l’oste che ha deciso di ricorrere alle autorità per denunciare la diffamazione non sono le due stelle che rappresentano un pasto considerato “scarso” nella votazione di Tripadvisor, ma il racconto fatto dall’avventrice.

“Non è ammissibile – si legge nel commento lasciato il 12 giugno di un anno fa – presentarsi per tre volte di fila e ricevere vino imbevibile. Non parlo di vino cattivo, no, parlo di vino avariato, roba da creare problemi di salute”. Certo non è l’oste a poter dire com’è il vino, dice il proverbio, ma tra il buono e l’avariato c’è tutta una scala di giudizi, valori differenti e sfumature . Quelle che, secondo il ristoratore, probabilmente distinguono un’opinione da una calunnia.

“Le critiche ci stanno – ha spiegato il titolare – ma così è troppo. Queste parole offendono la nostra onorabilità”. Per questo il ristorante ha deciso di ricorrere alla Polizia Postale , che ha rintracciato la persona celata dietro il nickname: una docente universitaria emiliana, assidua frequentatrice di Tripadvisor, che ha definito tutta la storia “una pagliacciata”.

Il sito – da parte sua – ha cercato di evitare di intervenire direttamente, affidandosi piuttosto alla responsabilità degli utenti. Chiamato in precedenza a rispondere delle sorti legate alla falsità di alcune recensioni, per esempio, il portavoce di Tripadvisor Italia Lorenzo Brufani ha dichiarato che “chi fa una recensione falsa compie un reato, ben vengano le cause mirate. Stiamo però tutti dalla stessa parte: siamo vittime come i ristoratori, che invitiamo a segnalarci i casi sospetti. Un’attività che va ad affiancare quella dei nostri 70 professionisti del team antifrode”.

Anche nel caso in questione, tuttavia, come spiega la professoressa emiliana, prima di pubblicare la recensione incriminata il team di Tripadvisor l’ha valutata e l’ha ritenuta “né offensiva né inappropriata”, nonostante parlasse di cibi artefatti tanto da essere nocivi. Gli esercenti, d’altronde, è da tempo ormai che contestano al sito di recensioni proprio le derive causate dalla sua mancanza di controllo , tanto che alcuni sono arrivati ad esporre provocatoriamente il cartello: “Tripadvisor non è gradito”.

Secondo ristoratori ed albergatori il problema del sito è che, da un lato, permette anche commenti anonimi, d’altro non ha alcun mezzo per verificare l’effettiva frequentazione del locale recensito. A questo si aggiunge il fatto che il sistema a disposizione degli operatori del settore per notificare recensioni offensive o che si suppongono false (risultato, cioè, di concorrenza sleale o altre situazioni che poco centrano con le recensioni di attività commerciali) raramente risponde positivamente alle richieste di rimozione e spesso lo fa con risposte automatiche che non aiutano gli esercenti a capire le motivazioni di un rifiuto.

Come racconta Comitas (coordinamento microimprese per la tutela e lo sviluppo) non c’è un controllo accurato sulla veridicità delle informazioni pubblicate: per questo ha presentato un esposto all’autorità garante per l’antitrust ed ha avviato la campagna “Albergo Sicuro” per difendere gli albergatori “da recensioni false o ricattatorie”.

Peraltro, in questo panorama torbido sono sorti servizi che appiano decisamente illegali dal momento che promettono recensioni e giudizi positivi dietro pagamento. In almeno un caso vi è anche una denuncia: il ristoratore di Bassano del Grappa Sergio Dussin si è rivolto alla Polizia Postale del Veneto perché ha ricevuto una lettera in cui un’agenzia gli chiedeva 3.000 euro in cambio di un pacchetto di recensioni online positive sul suo ristorante.

Secondo alcune statistiche addirittura un terzo delle recensioni su Tripadvisor sarebbero false. A rafforzare questa tesi ci sono diversi articoli come uno di Travel and Leisure in cui l’autore racconta di essere riuscito a pubblicare senza alcun problema una recensione negativa su un albergo che in realtà non aveva ancora aperto al pubblico.

Per questo diverse associazioni di ristoratori, come quelli toscani , stanno provando con azioni collettive a denunciare la concorrenza sleale che si innesca sul sito e i ricatti cui sono in alcuni casi sottoposti gli esercenti attraverso i commenti, ed alcuni siti come Pirtadvisor cercano di raccogliere le proteste anti-Tripadvisor.

Per avere un’idea dell’esasperazione dei ristoratori basta divertirsi a leggere le risposte ai commenti lasciati dagli utenti: che, peraltro, a causa del sistema di Tripadvisor non ricevono a loro volta risposta, rimanendo lettere morte e solo abbozzi di dialogo (che potrebbe invece essere utile) che contribuiscono all’esasperazione generale del settore. Non si tratta peraltro solo dell’umore dei ristoratori o di casi curiosi da ascrivere nelle curiosità di giurisprudenza: il problema è che il 30 per cento dei turisti prima di scegliere un locale consulta Tripadvisor , dunque l’artefazione (o la semplice, bassa qualità) delle sue recensioni ha una concreta influenza sulla concorrenza dei locali.

L’altro lato dello scontento dei ristoratori, naturalmente, è la libertà di espressione su Internet : se, infatti, i ristoratori non ce l’hanno coi commenti e le critiche legittime, ma con la qualità del controllo di Tripadvisor (a cui chiedono di dare un peso diverso ai diversi commenti a seconda della bontà e della frequenza del recensore, per esempio) e sulla possibilità di poter ricevere una risposta concreta alle ipotesi reali di concorrenza sleale, diverso è il discorso che vede coinvolta la giornalista Marina Morpugo, denunciata per aver usato la propria pagina di Facebook per “espressioni denigranti” riferite ad un manifesto impiegato da una scuola professionale di Foggia.

La giornalista, al momento disoccupata, racconta di aver criticato (cioè espresso un’opinione evidentemente personale) un poster che raffigurava una bambina che si passa il rossetto sulle labbra a papera , e che veniva utilizzato dalla scuola per pubblicizzare i suoi corsi per estetista.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
26 nov 2013
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