Il governo di Matteo Renzi, appena entrato in carica, ha deciso nella giornata di ieri di ritirare il pacchetto di conversione in legge del cosiddetto Decreto SalvaRoma. La norma serviva a mettere ordine temporaneamente nei conti della Capitale, ma al suo interno avevano trovato spazio anche altri commi che andavano a tappare buchi di altre questioni: tra queste la Web Tax, ideata dal PD Francesco Boccia per tentare di costringere le grandi multinazionali IT a pagare più tasse all’Erario italiano. Con la decadenza del SalvaRoma la Web Tax diverrà operativa il 1 marzo , creando inaspettate ripercussioni a mercati come quello dell’advertising e producendo quasi certamente una sanzione UE all’Italia .
Le prescrizioni della Web Tax prevedono che le aziende che operino sul suolo italiano, direttamente con una filiale o indirettamente chiudendo contratti con clienti del Belpaese, siano obbligate ad aprire una partita IVA italiana attraverso cui far transitare i propri affari . Una questione non da poco, che alzerebbe non di poco la tassazione su queste rendite (che al momento transitano, lecitamente, su canali alternativi che portano i guadagni in paesi con regimi fiscali più leggeri quali Olanda, Lussemburgo o Irlanda) causando inevitabilmente un’impennata dei prezzi o la decisione di talune aziende di cessare ogni rapporto con i clienti italiani. Appare poi improbabile che, anche volendo, Google e compagni possano chiedere e ottenere entro il prossimo sabato una partita IVA, provvedendo al contempo a modificare le proprie procedure interne per rispecchiare la novità. Senza contare, ancora, che da questa iniziativa scaturirebbero moltissime grane burocratiche per i contratti già in essere o in procinto di essere firmati.
Inoltre, la norma comunitaria prevede in circostanze analoghe a quelle della Web Tax (leggi che incidono sul mercato comune) il paese interessato invii il testo del provvedimento alla UE, concedendo 90 giorni di tempo prima della entrata in vigore per attendere eventuali osservazioni provenienti dalla Commissione. Non risulta al momento alcuna comunicazione di tal guisa dall’Italia all’Europa, pertanto l’entrata in vigore repentina della Web Tax trascinerebbe il nostro paese in una inevitabile procedura d’infrazione , con esiti quasi sicuramente spiacevoli visto che la Commissione aveva già chiarito di nutrire parecchi dubbi sull’impostazione del provvedimento. Se ciò ancora non bastasse, sono state presentate non meno di tre denunce in sede comunitaria da parte di due cittadini e per ultima di IWA Italia ( International Webmaster Association ): la Web Tax viene contestata per la presunta violazione di almeno la Direttiva Servizi 2006/123/CE e della Direttiva sul Commercio Elettronico 2000/31/CE.
All’epoca della sua presentazione , la Web Tax aveva fatto discutere per la portata del provvedimento e per le sue conseguenze sul piano del mercato unico e dei regimi di tassazione delle multinazionali IT. Nonostante tutto, però, da allora non vi è stata alcuna variazione significativa in sede UE rispetto all’orientamento ufficiale della Commissione sulla questione, né è probabile che vi siano cambiamenti drastici con le elezioni europee alle porte. Il rinvio al 1 luglio costituiva nelle intenzioni del Governo Letta un tentativo di rimandare la soluzione del problema, sperando nel frattempo che le cose si muovessero a Bruxelles: ciò non è avvenuto, e ora a Renzi ( che era stato critico sul provvedimento ) resta una gatta da pelare non di poco conto. Il neo-ministro Boschi, che si occupa del dicastero per i Rapporti con il Parlamento, ha fatto sapere che le norme contenute nel SalvaRoma ritenute urgenti saranno ripresentate a breve in un altro provvedimento : pare difficile (ma non impossibile) che le prossime 24 ore possano risolvere il problema Web Tax, ma al momento la soluzione più logica sembrerebbe una decretazione d’urgenza per cancellare la norma .
Ciò consentirebbe ai sostenitori di ripresentarla successivamente sotto forma di disegno di legge, e a quel punto ci sarebbero i tempi e i modi per concertare una soluzione con gli stakeholder, senza trascurare neppure l’opinione della Commissione europea. Si è già fatto risentire Francesco Boccia, che a Radio 24 ha sollevato la questione della Web Tax ribadendo l’impegno urgente del Governo Renzi sulla materia. IAB Italia, l’associazione di categoria degli operatori dell’advertising, ha già detto in un comunicato che “auspica che, nell’ottica di tutelare lo sviluppo del mercato digitale, tra i pochi in crescita in Italia e funzionale a quello dell’intero Sistema Paese, il governo, già nel prossimo Consiglio dei Ministri, possa approvare un nuovo Decreto che preveda l’abolizione di tutti gli articoli che compongono la web tax”.
Luca Annunziata