Turchia, DNS fantoccio al servizio della censura

Turchia, DNS fantoccio al servizio della censura

Gli ISP locali si sono sostituiti ai servizi di DNS alternativi scelti dai netizen turchi per aggirare i blocchi. Mentre Erdogan festeggia l'esito delle elezioni, informarsi è sempre più difficile
Gli ISP locali si sono sostituiti ai servizi di DNS alternativi scelti dai netizen turchi per aggirare i blocchi. Mentre Erdogan festeggia l'esito delle elezioni, informarsi è sempre più difficile

Mentre i cittadini si apprestavano a manifestare le loro preferenze per le elezioni amministrative che tante turbolenze hanno creato in Turchia, Google ha denunciato al mondo l’intercettazione dei propri server DNS: i provider turchi avrebbero messo in campo ogni risorsa perché la morsa sulla Rete voluta da Ankara rimanesse serrata.

Google non denuncia esplicitamente le autorità: “abbiamo ricevuto diverse segnalazioni credibili e abbiamo confermato con le nostre indagini – afferma Mountain View in un post sul blog ufficiale dedicato alla sicurezza – che il servizio di Domain Name System di Google è stato intercettato dalla maggior parte degli ISP turchi”. Le prove non mancano: a segnalare l’intervento dei provider sono anche i servizi di analisi del traffico BGPmon e Renesys : entrambi hanno osservato come provider quali TurkTelecom abbiano fatto leva sul Border Gateway Protocol ( BGP ) per sostituire i propri servizi ai servizi DNS di Google, indirizzando gli utenti solo verso siti non sgraditi.

“Immaginate che qualcuno abbia sostituito il vostro elenco del telefono con un elenco diverso, che all’apparenza sia pressoché uguale al precedente, fatta eccezione per i contatti di alcune persone, di cui è mostrato il numero sbagliato”: così Google spiega l’intervento dei fornitori di connettività turchi. A formulare ipotesi riguardo alle dinamiche che muovono il comportamento degli ISP è Renesys: ricostruendo la sequenza dei blocchi scaturiti dalla sgradita circolazione di intercettazioni che proverebbero la corruzione nei palazzi del potere, l’azienda ipotizza che ai fornitori di connettività sia stato imposto di perseguire lo scopo con ogni mezzo, adattandosi anche al comportamento della cittadinanza connessa.

È così che al blocco DNS ordinato in prima istanza su Twitter, è seguito un blocco sugli indirizzi IP della piattaforma di microblogging, più complesso da aggirare, e che il ban imposto su YouTube , isolato a mezzo filtri DNS, sia stato reso più efficace con l’ infido stratagemma del sequestro di server DNS alternativi come quelli di Google, ma anche quelli di OpenDNS e di Level 3.

YouTube Turchia

L’unico effetto che i netizen turchi potranno ottenere dalla scelta di DNS alternativi, in questo contesto, è quello di esporsi a un potenziale monitoraggio. Mentre il Primo Ministro Erdogan già festeggia l’esito delle elezioni amministrative.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
31 mar 2014
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