Le elezioni amministrative si sono ormai svolte in Turchia, ma l’atteggiamento del potere nei confronti dei social media non appare ammorbidirsi: se nei giorni scorsi è stata ripristinata la possibilità di accedere a Twitter, il blocco calato su YouTube non sembra vicino ad essere scalzato.
Ad avallare la chiusura della Turchia nei confronti del servizio di video sharing di Google è un tribunale di Gölbasi, nei pressi di Ankara: il servizio era stato bloccato il 27 marzo, dopo la comparsa di certi video che avrebbero rivelato troppo riguardo alle strategie del potere turco in Siria. I filtri erano calati per ordine dell’autorità che vigila sulle tecnologie delle comunicazioni, senza alcuna decisione da parte dell’autorità giudiziaria, poi giustificati con la violazione delle leggi che tutelano l’immagine di Mustafa Kemal Ataturk, ritenuto il fondatore della Turchia moderna. Una questione di sicurezza nazionale , invocata per tuleare i diritti dei cittadini, e non per soffocarli.
Il tempestivo ricorso dell’associazione che raccoglie gli avvocati turchi aveva costretto il tribunale di Gölbasi a mettere in discussione l’ordine di inibizione emesso dalle autorità, e la magistratura aveva riconosciuto che un blocco dell’intera piattaforma fosse troppo generalizzato e avrebbe attentato ai diritti costituzionali dei cittadini, al pari dell’inibizione di Twitter. Si sarebbero dovuti rendere irraggiungibili solo una manciata di video e si sarebbe dovuto restituire YouTube ai netizen turchi.
In un lasso di tempo che è stato appena sufficiente alle autorità internazionali per esprimere soddisfazione , lo stesso tribunale di Gölbasi ha scelto di tornare sui propri passi : sarebbe tecnicamente impossibile inibire l’accesso ai singoli video , e la sicurezza nazionale deve inevitabilmente prevalere. Finché le clip in questione non saranno rimosse, ha stabilito il tribunale, YouTube deve rimanere inaccessibile .
La piattaforma di video sharing si è ora rivolta direttamente alla giustizia locale per far valere le proprie ragioni e quelle dei cittadini della Rete: i legali di YouTube, seguendo le orme di Twitter, hanno depositato un ricorso presso la Corte Costituzionale turca per tentare di ristabilire il servizio.
Ma il Primo Ministro Erdogan promette tutto fuorché la collaborazione con quelli che definisce “prodotti di aziende americane”: “Dobbiamo recepire la decisione – ha dichiarato Erdogan rispetto allo sblocco di Twitter – ma non è detto che la dobbiamo rispettare”.
Gaia Bottà