Mozilla si arrende, e si prepara a integrare meccanismi di Digital Rights Management (DRM) all’interno di Firefox: il browser open source è costretto a seguire la concorrenza (quasi tutta impegnata ad accettare le DRM senza battere ciglio) per non restare indietro. In molti discutono sulla decisione, Mozilla in primis.
Motivo del contendere è naturalmente la tecnologia nota come Encrypted Media Extensions (EME), “estensioni” alle future versioni di HTML promosse ai massimi livelli del World Wide Web Consortium (W3C) e oggetto di furenti polemiche a opera di chi evidenzia la commistione innaturale tra sistemi proprietari (DRM) e standard che si vorrebbero quanti più aperti è possibile (Web e HTML). Ma a spingere per l’accettazione universale di EME e tecnologie connesse sono le aziende specializzate nell’offerta di contenuti Web in streaming protetti, società come Netflix che hanno posto come condizione per l’utilizzo del browser senza plugin proprietari proprio l’impiego di EME.
Mozilla era stata sin qui quasi isolata nel combattere l’adozione delle estensioni DRM da parte del W3C, e ora la fondazione del Panda Rosso ammette definitivamente la sconfitta confermando i piani per integrare EME in una futura versione di Firefox.
Si è trattato di una scelta difficile che non segna un buon momento per il Web, ammette Mozilla, e la Foundation adotterà comunque una sua strada personale nell’implementazioni delle DRM “ufficiali” del W3C prevedendo ad esempio che i componenti proprietari Content Decryption Modules (CDM, direttamente responsabili della decodifica dei flussi audiovisivi protetti) dovranno essere scaricati da server esterni e gireranno in una sandbox il cui codice sarà open source come il resto del browser Firefox.
Mozilla sostiene di essere stata praticamente costretta a implementare le DRM del W3C in Firefox, visto che i principali concorrenti (Microsoft Internet Explorer, Google Chrome) avevano già provveduto in tal senso, ma la Electronic Frontier Foundation non è d’accordo e professa la sua posizione assolutamente contraria a qualsiasi forma di DRM. Cory Doctorow sul Guardian esorta la fondazione statunitense a impegnarsi di più nell’educare gli utenti e nel combattere una tecnologia che in realtà, ora come ora, riguarda soltanto una minima parte dei contenuti liberamente disponibili sul Web.
Alfonso Maruccia