Secondo il Washington Post , per costringere Yahoo! a partecipare al programma PRISM dell’NSA nel 2008 il Governo USA ha minacciato di sanzionarla con una multa da 250mila dollari per ogni giorno di non ottemperanza .
All’alba del Datagate, alle domande sul coinvolgimento delle aziende ITC negli accessi illeciti ai dati da parte delle autorità il CEO di Yahoo! Marissa Mayer era apparsa punta nel vivo e si era limitata a dire che “l’azienda non poteva ignorare le richieste di consegna dei dati appartenenti ai suoi utenti”. Queste parole ora hanno un sapore del tutto diverso: in un lungo documento si legge infatti di come il sito in viola abbia cercato di dare battaglia contro le richieste governative di partecipazione al controverso programma PRISM dell’NSA .
PRISM, oggetto delle prime rivelazioni dell’ex-analista Edward Snowden, è il programma con cui l’agenzia di spionaggio monitorava le comunicazioni con il consenso (più o meno coatto) dei fornitori di servizi statunitensi. Nel frattempo, peraltro, Washington non ha ancora raggiunto un intesa sull’attesa riforma legislativa che dovrebbe tappare i buchi di permessi e forzature che hanno garantito alle autorità ed alle agenzie di sicurezza di effettuare le intercettazioni massive e di costringere gli operatori del settore a passare i propri dati.
Da ultima è intervenuta nel dibattito Dropbox, che ha ribadito di supportare l’approvazione della versione del Senato dello USA Freedom Act che interviene sui poteri di intercettazione e di accesso ai dati da parte delle autorità e sulla trasparenza concessa agli operatori online nei loro report a proposito delle richieste di accesso. Nella stessa occasione Dropbox ha divulgato i dati delle richieste di accesso ricevute fin qui, dimostrando come queste siano in crescita proporzionale con la sua base di utenti. In totale solo nella prima metà del 2014 ha ricevuto “268 richieste di accesso alle informazioni personali degli utenti dalle forze di polizia e tra le 0 e le 250 richieste da parte delle agenzie di sicurezza nazionali”.
Infine, sembra che per Edward Snowden possano aprirsi le porte dell’asilo svizzero: il paese tradizionalmente neutrale starebbe pensando di offrire all’ex-NSA un salvacondotto in cambio della sua testimonianza nei procedimenti locali che vorrebbero far luce sulla sorveglianza statunitense. La Svizzera ha già fatto sapere che rifiuterà eventuali richieste di estradizioni da parte degli Stati Uniti.
Claudio Tamburrino