Con 170 sì, 10 no e 47 gli astenuti il Senato ha approvato il DDL che interviene sulle regolamentazione del reato di diffamazione. Il provvedimento contenente “Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante” rappresenta l’ormai famigerato decreto già conosciuto con il nome ammazza-blog e poi DDL Lochness.
Come spiega la relatrice della normativa Rosanna Filippin (Pd): “L’obiettivo principale di questo disegno di legge è l’eliminazione della pena detentiva per i giornalisti responsabili del reato di diffamazione, richiesta che ci è stata manifestata in tutti i modi da parte dell’Europa, che considera ormai questa punizione arcaica e non più rispondente ai diritti di opinione e di informazione esistenti nel mondo reale”. Oltre a questo intervento, tuttavia, nell’ultima versione del DDL trovano spazio l’introduzione del diritto dall’oblio (anche se non ha nulla a che vedere con la diffamazione e dovrebbe essere oggetto del dibattito sulla cosiddetta “Costituzione di Internet” cui sta lavorando una commissione ad hoc voluta dal Presidente della Camera Laura Boldrini), l’obbligo di rettifica, una norma per limitare le cosiddette “querele temerarie” o in cui risulta malafede o colpa grave di chi agisce in sede di giudizio (prevede che il giudice “può” condannare il querelante “al pagamento a favore del richiedente di una somma in via equitativa”) e infine l’estensione delle sanzioni pecuniarie anche per le testate online.
Quest’ultima modifica è stata introdotta su emendamento presentato dai Cinque Stelle, con il parere favorevole del Governo ed è al centro ora delle maggiori polemiche. Come spiega il senatore Peppe De Cristofaro di Sinistra Ecologia e Libertà che ha votato contro: “Purtroppo questa legge presenta aspetti punitivi e intimidatori. È senz’altro molto positivo aver cancellato la pena detentiva per i giornalisti, tuttavia le sanzioni pecuniarie costituiscono un’arma di ricatto forse ancor più temibile, soprattutto per i giornalisti precari e freelance non legati ai grandi gruppi editoriali. È poi insensato l’obbligo di rettifica senza diritto di controreplica per il giornalista presunto diffamatore”.
Il testo deve ora passare al voto della Camera dei Deputati.
Claudio Tamburrino