USA: la pirateria non deve pagare

USA: la pirateria non deve pagare

Visa e Mastercard, intermediari per i pagamenti scelti da numerosi siti che operano nel business delle violazioni del copyright, devono tagliare i ponti con l'illegalità: la politica statunitense chiede collaborazione ai privati
Visa e Mastercard, intermediari per i pagamenti scelti da numerosi siti che operano nel business delle violazioni del copyright, devono tagliare i ponti con l'illegalità: la politica statunitense chiede collaborazione ai privati

Fare terra bruciata intorno ai siti che fanno della violazione del copyright un business: anche la politica statunitense, dopo aver coinvolto i fornitori di connettività per dissuadere i cittadini della Rete dalle tentazioni della pirateria, sta cominciando ad abbracciare l’approccio basato sulla collaborazione dei privati per prosciugare i flussi di cassa che alimentano l’industria del sommerso, rivolgendosi agli intermediari dei pagamenti.

È con una lettera che il senatore Leahy, a capo della Senate Judiciary Committee e non nuovo ad iniziative volte alla repressione delle violazioni del copyright, chiama in causa Mastercard e Visa: i due operatori dei pagamenti, spesso adottati dai siti del business pirata per raccogliere i denari degli abbonamenti alle proprie offerte premium, dovrebbero concretizzare i propri proclami , e “assicurarsi che i servizi di gestione dei pagamenti offerti ai siti pirata cessino”.

Leahy ricorda ai due operatori le promesse formulate in passato: Mastercard e Visa, nel lontano 2006, si erano mostrate disponibili alla collaborazione e avevano dichiarato di non voler supportare con i propri servizi qualsiasi attività illegale in Rete, una posizione che avevano confermato tagliando i ponti almeno temporaneamente con il servizio russo AllofMp3. Sono però passati anni, il sottobosco pirata ha assunto le sembianze di un vero e proprio business e le tattiche di contrasto alle violazioni del copyright stanno evolvendo verso l’ approccio definito follow the money : tuttavia, osserva il senatore, gli operatori dei pagamenti stentano a lasciarsi coinvolgere.

A supporto del proprio rimbrotto, Leahy cita il più recente report stilato da Digital Citizens Alliance : come avvenuto per il primo, citatissimo studio del gruppo, dedicato all’advertising sui siti pirata, anche questo documento sembra candidarsi a punto di riferimento per le iniziative di settore. Se la prima analisi ha fatto da sponda a soluzioni di autoregolamentazione adottate anche in Italia da operatori dell’advertising che hanno accettato di negarsi ai siti pirata, il secondo documento, peraltro contestato da alcuni dei cyberlocker bollati come illegali, si configura come un monito per Visa e Mastercard, soggetti che, a differenza di intermediari dei pagamento come PayPal, continuano a prestare i propri servizi a quelli che Leahy definisce come “i più insidiosi cyberlocker”.

Il senatore invoca così la collaborazione dei due operatori dei pagamenti, che dovrebbero affiancarsi all’industria dei contenuti per sviluppare delle pratiche che consentano di individuare in maniera efficiente i siti illegali, e negare loro ogni tipo di collaborazione. L’autoregolamentazione, i patti fra gli attori privati, spiega Leahy echeggiando quanto raccomandato dalle istituzioni europee solo pochi mesi fa, “sono strategie molto promettenti per risolvere il problema delle violazioni online”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 1 dic 2014
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