Media tradizionali, vittime e carnefici online

Media tradizionali, vittime e carnefici online

Per la prima volta i motori di ricerca scavalcano i media tradizionali come fonte di notizie: la battaglia della credibilità si fa dura e tutte le armi, dal diritto d'autore alla fantomatica Web Tax, diventano leciti
Per la prima volta i motori di ricerca scavalcano i media tradizionali come fonte di notizie: la battaglia della credibilità si fa dura e tutte le armi, dal diritto d'autore alla fantomatica Web Tax, diventano leciti

Secondo l’ ultimo studio Edelman Trust Barometer , nel 2015 il numero di italiani che si fidano dei media online è cresciuto dal 50 al 61 per cento : segno che Internet, i social network ed i motori di ricerca sono sempre più una fonte di informazione primaria.

Il dato è particolarmente preoccupante per i media tradizionali, che per la prima volta a livello globale perdono la supremazia come fornitori di notizie: giornali e tv, insomma, sembra stiano abdicando al loro ruolo di cronisti dell’attualità a beneficio dei motori di ricerca e dei loro aggregatori.

Quella tra giornali e motori di ricerca, d’altronde, è una battaglia non solo a suon di credibilità e visualizzazioni, ma anche di diritto d’autore e tassazione.

A ricordarlo è la Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) che nel frattempo ha eletto un nuovo direttivo presieduto da un nuovo segretario nazionale, Raffaele Lorusso.
Per Lorusso, l’Italia deve intervenire al più presto per tutelare il settore: “I social network non sono informazione” e i giornalisti “devono studiare, puntare sulla formazione e sulla qualità” per farlo capire e difendere così il proprio ruolo.

Certo, Lorusso fa sua la battaglia per il precariato giornalistico, per cui accusa che i contratti nazionali sono stati scritti malissimo e non sono neanche rispettati. A tal proposito chiede che con gli editori vadano “subito aperti dei tavoli, anche per singola azienda, e ove non fosse possibile parlare con le singole aziende, bisogna richiamare la Fieg alle proprie responsabilità perché pacta sunt servanda.” Anche perché alle emergenze di settore si sommano quelle delle persone: “c’è una generazione di colleghi che è diventata adulta restando precaria, è a loro che dobbiamo guardare, è al loro servizio che ci dobbiamo mettere. Quindi essere al loro servizio e non servirci di loro, scusate il gioco di parole.”

Da parte loro, però, le istituzioni non possono abdicare al proprio ruolo e devono far qualcosa in particolare per il diritto d’autore e per la tassazione di settore : “Abbiamo bisogno di una tassazione dei motori di ricerca come avvenuto in altri Paesi” ed “il diritto d’autore deve essere tutelato meglio in modo da impedire i saccheggi dei motori di ricerca”.

Lorusso parla in generale della necessità di ristrutturare tutta l’editoria, partendo appunto dai contratti, passando per la difesa dalle minacce di nuove leggi di censura, la riforma del reato di diffamazione, la riorganizzazione della governance della RAI, fino ad arrivare alla tutela del diritto d’autore: “Basta ai saccheggi quotidiani che vengono compiuti dai motori di ricerca, abbiamo bisogno di una tassazione dei motori di ricerca come avvenuto in altri Paesi”.

Cavallo di battaglia di questo discorso resta il J’accuse nei confronti dei motori di ricerca, colpevoli di rubare traffico fungendo da aggregatori di notizie ed utilizzando senza retribuzione i contenuti dei giornali: la stessa battaglia, insomma, che gli editori hanno già combattuto in Germania ed in Spagna ritrovandosi con una vittoria di Pirro che li ha costretti a tornare sui propri passi ed a riconoscere l’importanza di Google News e dei servizi analoghi nella raccolta delle visualizzazioni determinanti ai fini della pubblicità.

Inoltre sono gli stessi editori dei giornali italiani a dimenticare completamente i diritti altrui, finendo per cadere nel peccato di cui accusano gli altri: le gallery che compaiono all’interno delle pagine online di alcuni dei principali giornali nazionali, per esempio, non si limitano a linkare ad i video YouTube ritenuti interessanti, ma lì riproducono attraverso un proprio player non facendo rientrare tali visualizzazioni nel calcolo utile agli autori per i loro introiti pubblicitari sul Tubo. O per esempio, basti ricordare il goffo tentativo de Il Corriere della Sera di omaggiare le vittime della strage della redazione di Charlie Hebdo vendendo un istant book – i cui proventi sarebbero stati devoluti in beneficenza – con gli omaggi di una serie di fumettisti italiani ignari dell’utilizzo (per quanto potenzialmente meritorio) da parte dell’editore: un episodio che ha costretto il giornale a chiedere scusa agli autori per il diritto d’autore ignorato.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
4 feb 2015
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