Stando a quanto sostiene l’agenzia di stampa Reuters , la Cina avrebbe
dato corso alla già paventata decisione di fare a meno dei grandi marchi tecnologici occidentali – almeno per quel che concerne le forniture statali permesse dalla lista del centro di Procurement del Governo centrale (CGPC).
Le autorità di Pechino starebbero quindi dando il via a una nuova iniziativa autarchica, e tra i nomi eccellenti depennati dall’elenco dei marchi permessi nel CGPC figurano aziende di primo piano del calibro di Cisco, Apple, Intel, McAfee e la sviluppatrice di software per server Citrix System.
Il numero di prodotti indicati nella lista del CGPC è in questi anni cresciuto fino a 5mila, ma l’incremento è dovuto prevalentemente all’inclusione di offerte delle aziende cinesi; per contro, un terzo delle aziende tecnologiche straniere sono state escluse e meno della metà dei produttori esteri di software di sicurezza è sopravvissuta alla purga.
Pechino ha in questi ultimi anni dimostrato insofferenza nei confronti delle corporation straniere, e americane in particolare come Apple , Microsoft e IBM, e all’origine della nuova vocazione autarchica cinese è facile rintracciare le preoccupazioni del governo per gli effetti del Datagate e il tecnocontrollo mondiale messo in atto dalla NSA.
In questo caso le preoccupazioni di Pechino sarebbero più che giustificate, e la perdita del “privilegio” di poter fare business con la colossale macchina burocratica dello stato asiatico rappresenterebbe l’ennesimo, plateale esempio di danneggiamento dell’industria tecnologica a stelle e strisce portato dalla violazione sistematica della privacy mondiale da parte di NSA e agenzie sodali.
Alfonso Maruccia