Google, tra estratti ed oblio

Google, tra estratti ed oblio

Le anteprima che il motore di ricerca accompagna ai risultati sono generate da un algoritmo: pur non rappresentando una sintesi accurata della pagina a cui si riferiscono, possono essere investite dalle richieste di rimozione?
Le anteprima che il motore di ricerca accompagna ai risultati sono generate da un algoritmo: pur non rappresentando una sintesi accurata della pagina a cui si riferiscono, possono essere investite dalle richieste di rimozione?

Le anteprime delle pagine web visualizzare da Google sono forgiate da algoritmi, utili a restituire un accenno del contesto in cui figurano le parole chiave ricercate dall’utente. Per coincidenza, lo snippet restituito fra i risultati dal motore di ricerca potrebbe risultare lesivo nei confronti di un cittadino: tanto da innescare una richiesta di rimozione basata sul diritto all’oblio.

A partire dalla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha prescritto a Google di giostrarsi fra diritto alla privacy e diritto all’informazione e valutare le segnalazioni dei cittadini che desiderino essere dimenticati dalla Rete, il Garante della Privacy italiano ha dovuto cominciare a confrontarsi con i casi in cui Mountain View ha opposto un diniego alle richieste degli individui. Fra questi casi, uno in particolare ha sollevato il dibattito riguardo ad eventuali interventi da parte di Google sugli snippet che accompagna ai risultati di ricerca. L’authority dà notizia di un provvedimento adottato nel mese di dicembre, nei confronti di un individuo che chiedeva la deindicizzazione di una URL afferente ad un articolo di un quotidiano pugliese che riferiva di una vicenda giudiziaria nella quale era stato coinvolto. Il garante, in accordo con Google, ha riconosciuto “l’infondatezza del ricorso in esame in quanto l’articolo in questione (…) ha le caratteristiche della continenza e della veridicità rispetto alla notizia di cronaca in esso contenuta”: il diritto di cronaca, ha spiegato l’authority, ha prevalso sul diritto all’oblio, anche in virtù del fatto che i dati personali del soggetto fossero stato “trattati nel rispetto del principio di essenzialità dell’informazione”.

Il contenzioso ha però offerto l’occasione per analizzare lo status degli snippet e valutare se possano essere investiti dalle richieste di rimozione da parte di cittadini. Secondo il ricorrente lo “stralcio” dell’articolo restituito da Google fra i risultati di ricerca si configurava come “estremamente fuorviante ed altamente pregiudizievole”: una lettura acritica dell’anteprima lo avrebbe presentato come sottoposto a custodia cautelare e come coinvolto in gravi reati, ascritti però ad altri cittadini coinvolti nella stessa indagine. Secondo il denunciante “l’estrapolazione dei dati degli interessati, attraverso gli algoritmi sviluppati dal motore di ricerca, poi visualizzabili tramite il motore di ricerca medesimo, anche se riportanti dati incompleti, costituiscono a tutti gli effetti trattamenti di dati personali e come tali non possono non essere pertinenti, corretti e non fuorvianti”.

Google, da parte sua, ha riferito che “il motore si limita a raccogliere ed “aggregare” automaticamente informazioni già pubblicate sul web da terzi”: sono “algoritmi matematici che operano con intervalli di tempo regolari e sulla base di parametri stabiliti, ad operare una scansione ossia una indicizzazione automatica delle pagine presenti in rete” e allo stesso modo lo snippet che compare sotto il risultato di ricerca “rappresenta un mero dato oggettivo, elaborato automaticamente da un algoritmo sulla base dei contenuti della pagina web inclusa tra i risultati di ricerca più pertinenti alla domanda di ricerca (query) dell’utente”. Mountain View sottolinea inoltre che “l’uso dei punti di sospensione, il fatto che le parole utilizzate non abbiano alcun filo logico o valore semantico, l’evidenziazione delle parole che corrispondono a quelle digitate dall’utente nella stringa di ricerca, rendono fin troppo evidente che si tratta di un abstract che non ha alcuna pretesa informativa, né sostituisce la lettura dell’articolo cui si riferisce”.

Nel mese di dicembre lo snippet oggetto di contestazione non figurava più fra i risultati di ricerca : il Garante, nel corso del procedimento, aveva riconosciuto che “l’abstract proposto poteva risultare fuorviante in quanto non in linea con la narrazione dei fatti riportati nell’articolo”. Google ha specificato di non operare alcun intervento editoriale sulle anteprime che offre a corredo dei propri risultati di ricerca, ma ha autonomamente accettato la richiesta del cittadino italiano e ha provveduto ad eliminare con un intervento umano la sintesi generata dai propri algoritmi.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
1 apr 2015
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