L’ obiettivo condiviso è quello di guidare l’Europa verso una riforma del copyright che sappia abbracciare il cambiamento che ha segnato società e mercato dal 2001, anno in cui l’Europa ha cominciato a contemplare l’incidenza del digitale nelle normative del diritto d’autore. Julia Reda, parlamentare europeo eletto in Germania fra le fila del Partito Pirata, ha presentato nei mesi scorsi un’analisi delle direttrici lungo le quali proporre un cambiamento ormai necessario : la Commissione Giuridica del Parlamento Europeo l’ha approvata ieri a larga maggioranza , in una versione di compromesso annacquata da una pioggia di oltre 550 emendamenti .
Limato dal voto della Commissione, il report Reda ne è uscito smussato delle sue più puntute e puntuali proposte, proposte che peraltro sono già legge in numerosi paesi europei: i parlamentari cui è stato sottoposto, evidentemente, intendono lasciare mano libera agli stati membri, deresponsabilizzandosi dall’assunzione di posizioni troppo nette. Ciò è avvenuto per le eccezioni al diritto d’autore per incoraggiare la diffusione, il riuso e la rielaborazione della cultura in ambito audiovisivo: i parlamentari non hanno accettato di voler imporre questa previsione in ciascuno degli stati membri. Così è stato anche per le proposte relative alla tutela della libertà di panorama : sono anzi stati approvati degli emendamenti che ribaltano le intenzioni del report Reda, e che che stabiliscono che per gli usi commerciali delle immagini che raffigurano delle opere in luoghi pubblici si dovrebbe ottenere l’esplicita autorizzazione del detentore dei diritti.
Reda sottolinea però come il voto abbia scongiurato numerose minacce, proposte di emedamento estremamente reazionarie che avrebbero potuto stravolgere il report: la Commissione ha rifiutato emendamenti che eliminavano ogni riferimento al pubblico dominio ; ha respinto l’ambizione di introdurre il diritto ancillare a favore di editori troppo spaventati dalle dinamiche della Rete e da certi attori come Google News; ha confermato la necessità di tutelare il diritto alla copia privata , scevro da lucchetti tecnologici che ne limitino l’esercizio; ha evitato l’esplicita criminalizzazione dei link a contenuti protetti da copyright , questione che nella versione approvata del documento viene stralciata anche della tutela a favore dei netizen prevista inizialmente.
Sul fronte dei risultati che segnano una decisa lungimiranza c’è invece l’ apertura delle frontiere per la fruizione dei contenuti , così da garantire almeno nei principi l’accesso alla diversità culturale e alle proposte di un mercato digitale che sia davvero unico , in linea con quanto caldeggiato anche dal vicepresidente della Commissione Europea con competenze al Mercato Unico Digitale Andrus Ansip, favorevole all’abbattimento delle pratiche di geoblocking.
L’accordo è stato raggiunto anche sul fronte delle maggiori libertà di digitalizzazione da parte delle biblioteche e per quanto riguarda il prestito di e-book, ma anche sul fronte degli open data , più aperti al riuso a scopi di pubblica utilità. I contenuti prodotti dalle istituzioni e dalle pubbliche amministrazioni, secondo la Commissione, non devono però sfociare obbligatoriamente nel patrimonio del pubblico dominio, come invece prevedeva la versione iniziale della proposta di Reda.
We won crucial votes on #geoblockling & libraries, lost on Freedom of Panorama & audiovisual quotation. Overall good #copyright report.
– Julia Reda (@Senficon) 16 Giugno 2015
Bollato sia dall’ industria della tecnologia sia dalle frange più estremiste del Partito Pirata come poco ambizioso, quanto il report Reda riuscirà a scalfire le resistenze di rappresentanti delle istituzioni ancorati ad un mercato tradizionale si stabilirà in prima battuta nel voto del Parlamento Europeo in seduta plenaria, previsto per il 9 luglio. Ma soprattutto nell’iter di formulazione della proposta di direttiva con cui si tenterà di assicurare al Vecchio Continente un nuovo diritto d’autore.
Gaia Bottà