La legge spagnola che obbliga gli aggregatori di notizie online a pagare un contributo ai produttori di contenuti anche per poterne pubblicare solo una piccola anteprima fa più male ai detentori dei diritti che l’hanno voluta inizialmente che a Google News e affini, ed è costata loro almeno 6 per cento del traffico registrato.
In gran parte su pressione dell’ Asociaciòn de Editores de Diarios Espanoles (AEDE), il Parlamento spagnolo aveva approvato lo scorso ottobre la nuova legge , entrata in vigore a gennaio, che ha modificato l’art. 32.3 della normativa sul diritto d’autore riconoscendo la tutela dei cosiddetti snippet (le anteprime) dei contenuti pubblicati online ed utilizzate dagli aggregatori per contestualizzare e presentare i link alle notizie.
Da un lato la legge ha di fatto riconosciuto che il servizio Google News fosse fino a quel momento lecito, dall’altro ha fatto intendere che non lo considerasse giusto nei confronti dei produttori di notizie, che ha finito per appoggiare nelle loro posizioni più estreme: anche prima che fosse adottata la normativa, d’altra parte, vi erano discussioni circa l’opportunità di una tale strategia e sul valore intrinseco di Google News come vetrina e moltiplicatore di link per i giornali online stessi.
Google, in ogni caso, non si era fatta intimorire: convinta delle proprie ragioni aveva risposto, subito dopo l’introduzione della nuova forma impropria di tassazione, annunciando di voler abbandonare con il proprio aggregatore di notizie la Spagna.
La mossa ha subito spinto gli editori a fare un passo indietro sostanziale, chiedendo al governo di intervenire nuovamente sulla questione per porvi rimedio: Google non ha visto il loro bluff e gli editori si sono ritrovati con una mano perdente, proprio come gli editori tedeschi prima di loro, che nel braccio di ferro con Mountain View hanno ben presto capito che non potevano fare a meno dell’aggregatore di BigG e gli hanno “concesso” una licenza gratuita per indicizzare le proprie notizie.
Proprio come per loro, anche per gli spagnoli al momento di mostrare i propri punti i conti non sono tornati: a dirlo è lo studio voluto proprio dall’editoria spagnola, che conclude affermando che l’implementazione della legge costerà agli editori 10 milioni di euro , con danni maggiori per i piccoli editori che vedono il proprio traffico crollare del 14 per cento .
Secondo le conclusioni della ricerca, i supposti effetti distorsivi legati agli utenti che si limitano a leggere l’anteprima della notizia senza approfondirla cliccando effettivamente su di essa sono più che compensati dall’effetto “espansivo sul mercato” generato dagli aggregatori di notizie: in base ad esso i netizen leggono più notizie, potendo scegliere quali leggere.
Ai danni per gli editori bisogna poi aggiungere quelli per gli aggregatori: mentre Google ha potuto scegliere la fuga, piccole realtà locali come Planeta Ludico, NiagaRank, InfoAliment e Multifriki hanno semplicemente chiuso i battenti .
In particolare la chiusura di NiagaRank è emblematica: pur rappresentando un aggregatore alternativo, che cercava di mettere in evidenza le notizie più condivise sui social network, la zona grigia della legge in cui era finito il servizio ha convinto i suoi gestori semplicemente a chiudere.
Oltre ai numeri nudi e crudi, secondo lo studio, è la ratio a dare torto alla legge: non ci sarebbero “né giustificazioni teoriche né empiriche” per il balzello, stessa conclusione cui è giunto alla fine del dibattito il report europeo portato avanti dalla Pirata Julia Reda.
Claudio Tamburrino