Jobs Act, nuove regole per il tecnocontrollo sul lavoro
PC, smartphone e tablet aziendali raccolgono per loro natura dati sul lavoratore, ma le leggi sulla privacy bastano a limitare gli abusi. Diverso il caso dei software di tecnocontrollo, per cui è necessario l'accordo sindacale
Roma - Che si tratti di un opportuno allineamento della normativa all'attualità come sostiene il governo, o che, come temono i sindacati, presupponga un più stretto controllo sui dipendenti, il Consiglio dei Ministri ha approvato nella sessione di oggi il decreto attuativo che modifica l'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, aggiornando la disciplina del controllo esercitato dal datore di lavoro.
Come previsto fin dal testo approvato nei mesi scorsi, ad essere investiti dalla legge sono ora anche gli "strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa" come PC, tablet, smartphone, prima esclusi dalla disciplina: per dotare il lavoratore di questi dispositivi non è necessario accordo sindacale o autorizzazione ministeriale, anche nel momento in cui "dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore". Tutti i dati rastrellati incidentalmente rispetto alle attività del lavoratore possono certo costituire un bacino inesauribile di informazioni sulle abitudini del personale: il normativa approvata stabilisce i lavoratori vengano adeguatamente informati e che questi dati possano essere utilizzati nel rispetto dell'impianto generale delle norme sulla privacy, a partire da quelle del 2007 in materia di Internet e posta elettronica. Quindi, spiega il Ministro del Lavoro Poletti, "non possono essere usati sistematicamente come strumenti mirati al controllo delle attività e del comportamento dei lavoratori perché la norma sulla privacy lo vieta".
Diverso il caso in cui questi strumenti di lavoro vengano equipaggiati con software esplicitamente destinato al tecnocontrollo, ad esempio con soluzioni di localizzazione: già in passato il Ministro aveva precisato che in questo caso il dispositivo non è più un semplice strumento di lavoro, ma uno strumento di controllo del dipendente e come tale vada trattato, e oggi Poletti ha ribadito che "Se si vuole rispettare la privacy su quel tablet devono esserci solo applicazioni finalizzate al lavoro per il quale è stato consegnato".
Per quanto riguarda gli strumenti esplicitamente destinati al monitoraggio, come le telecamere di sorveglianza, ma anche come i software di tecnocontrollo installati sui dispositivi di lavoro, è invece necessario l'accordo sindacale o l'autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero, oltre ad informare il dipendente.
Gaia Bottà
Come previsto fin dal testo approvato nei mesi scorsi, ad essere investiti dalla legge sono ora anche gli "strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa" come PC, tablet, smartphone, prima esclusi dalla disciplina: per dotare il lavoratore di questi dispositivi non è necessario accordo sindacale o autorizzazione ministeriale, anche nel momento in cui "dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore". Tutti i dati rastrellati incidentalmente rispetto alle attività del lavoratore possono certo costituire un bacino inesauribile di informazioni sulle abitudini del personale: il normativa approvata stabilisce i lavoratori vengano adeguatamente informati e che questi dati possano essere utilizzati nel rispetto dell'impianto generale delle norme sulla privacy, a partire da quelle del 2007 in materia di Internet e posta elettronica. Quindi, spiega il Ministro del Lavoro Poletti, "non possono essere usati sistematicamente come strumenti mirati al controllo delle attività e del comportamento dei lavoratori perché la norma sulla privacy lo vieta".
Diverso il caso in cui questi strumenti di lavoro vengano equipaggiati con software esplicitamente destinato al tecnocontrollo, ad esempio con soluzioni di localizzazione: già in passato il Ministro aveva precisato che in questo caso il dispositivo non è più un semplice strumento di lavoro, ma uno strumento di controllo del dipendente e come tale vada trattato, e oggi Poletti ha ribadito che "Se si vuole rispettare la privacy su quel tablet devono esserci solo applicazioni finalizzate al lavoro per il quale è stato consegnato".
Gaia Bottà