Più privacy per Uber

Più privacy per Uber

Il servizio di car sharing pone fine alle indagini delle autorità statunitensi con un aggiornamento della proprie pratiche in materia di trattamento dei dati personali e di geolocalizzazione. E con una multa irrisoria
Il servizio di car sharing pone fine alle indagini delle autorità statunitensi con un aggiornamento della proprie pratiche in materia di trattamento dei dati personali e di geolocalizzazione. E con una multa irrisoria

Monitorare gli spostamenti dei propri autisti e dei propri utenti in tempo reale senza informarli, con il rischio di esporre la loro localizzazione alla curiosità dei malintenzionati, è costato a Uber 20mila dollari e qualche impegno a favore di una più stretta tutela della privacy.

Rappresenta poco più che un rimprovero la sanzione irrogata dal procuratore generale dello stato di New York: dopo oltre un anno di indagini, avviate dopo le segnalazioni che configuravano un sistema di monitoraggio in tempo reale e di tracciamento dei percorsi degli autisti e dei loro utenti al servizio dei dirigenti dell’azienda, un sistema internamente noto come “God View”, capace di attentare alla privacy dei cittadini che fruissero di Uber o si mettessero al suo servizio. Uber, si è appreso , ha impiegato questa soluzione di monitoraggio per tenere sotto controllo e sotto scacco giornalisti scomodi e, pur gestendo una tale mole di dati tanto sensibili, non ha saputo adottare le giuste misure di protezione, lasciando che nel maggio 2014 i dati di 50mila autisti venissero trafugati , senza notificarlo ai diretti interessati se non oltre un anno dopo.

L’accordo raggiunto con le autorità statunitensi culmina con una sanzione di poco conto per la tardiva notifica della violazione, ma con l’impegno ad implementare soluzioni di sicurezza più adeguate alla delicatezza dei dati trattati, richieste da più parti . Uber promette dunque di cifrare i dati in transito relativi al tracciamento dei propri autisti e di stoccare questi dati in maniera più sicura, di adottare maggiori controlli e un sistema di autenticazione a doppio fattore per consentire ai soli impiegati autorizzati di accedere al database, e solo per questioni di business. Uber assicura altresì di istruire in maniera più puntuale i propri dipendenti riguardo alle policy relative alla privacy e di offrire ai propri utenti maggiore trasparenza riguardo al trattamento dei dati personali e di geolocalizzazione.

Se la sanzione è irrisoria per un’azienda che, di finanziamento in finanziamento, si stima possa valere oltre 60 miliardi di dollari, l’impegno dimostrato per assicurare una più rigida tutela della privacy a favore di lavoratori e dipendenti è una mossa strategica inevitabile nel momento in cui il servizio di trasporti alternativo, a fronte dei suoi 8 milioni di utenti , sta ancora tentando di guadagnarsi l’approvazione delle autorità per il proprio business basato sullo sfruttamento delle dinamiche della sharing economy.

Gaia Bottà

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
11 gen 2016
Link copiato negli appunti