Cina, brevetti e contenti

Cina, brevetti e contenti

Vi si conta il maggior numero di titoli di privativa per invenzioni, nonché di cause ad essi legate. E Pechino inizia ad aprire alla possibilità di brevettare software
Vi si conta il maggior numero di titoli di privativa per invenzioni, nonché di cause ad essi legate. E Pechino inizia ad aprire alla possibilità di brevettare software

Secondo uno studio della World Intellectual Property Organization (WIPO) le domande di brevetto a livello globale sono cresciute fino a raggiungere quota 2,9 milioni all’anno, grazie soprattutto al traino della Cina , dove è stato depositato oltre un milione di richieste.

Mentre Pechino inizia a discutere della possibilità di estendere la protezione brevettuale alle invenzioni relative a software e metodi commerciali, dunque, si dimostra al centro degli interessi degli innovatori, o comunque un centro particolarmente proficuo per ottenere brevetti.

La Cina, insomma, si propone come particolarmente attiva sul fronte della tutela delle innovazioni nazionali, anche se l’alto numero di brevetti da parte di innovatori nazionali ed il limitatissimo numero di domande da parte di non residenti (il rapporto è 9 ad 1) costituisce un indizio di proprietà intellettuale sostanzialmente debole e sfruttabile da parte dei cosiddetti patent troll. A maggior dimostrazione di ciò c’è il fatto che solo il 4 per cento delle domande brevettuali registrate in Cina viene poi estesa anche all’estero.

L’attività dei tribunali cinesi specializzati in proprietà intellettuale dimostra al contrario come anche le aziende straniere inizino a guardare alla Cina con interesse per quanto riguarda la tutela della proprietà intellettuale.

La proprietà intellettuale è d’altra parte un istituto nazionale utile entro i confini dello Stato che lo concede: per questo per ogni invenzione ci possono essere tanti brevetti, uno per ogni Stato al mondo. Conseguentemente, le aziende detentrici di titoli possono trovarsi a litigare per la stessa questione davanti a più tribunali: si parla in questo caso del cosiddetto forum shopping , una pratica costosa ma che permette agli interessati di individuare la Corte più propensa a sentire le sue ragioni.

È in questo che Pechino si dimostra particolarmente competitiva: nell’attirare gli aventi diritto a fare causa presso le proprie corti per chiedere il rispetto dei propri diritti.

La denuncia depositata dalla statunitense WiLAN nei confronti della giapponese Sony è solo l’ ultimo esempio di un trend iniziato con l’apertura nel 2014 di una serie di Corti specializzate nella Proprietà intellettuale da parte della Cina, in risposta alle accuse delle aziende straniere che la contestavano il lassismo nei confronti della proprietà intellettuale.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
1 dic 2016
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