Rifiuti elettronici raddoppiati in cinque anni

Rifiuti elettronici raddoppiati in cinque anni

Un recente studio ONU evidenzia una crescita mondiale significativa nel quinquennio 2007-2012. L'Asia è in testa. A Europa e Americhe il primato del dato pro-capite
Un recente studio ONU evidenzia una crescita mondiale significativa nel quinquennio 2007-2012. L'Asia è in testa. A Europa e Americhe il primato del dato pro-capite

Circa 20kg di rifiuti elettronici a testa. È quanto hanno prodotto nel 2015 paesi come Hong Kong (21,7), Singapore (19,95), Taiwan (19,93), mentre la Cina ha più che raddoppiato il proprio dato tra il 2010 e il 2015, arrivando alla stratosferica cifra di 6,7 milioni di tonnellate di rifiuti. Questi dati sono contenuti in uno
studio dell’Università delle Nazioni Unite, l’unità di ricerca dell’ONU, finanziato dal Ministero dell’Ambiente giapponese. Lo studio riguarda tutti i tipi di prodotti elettronici ed elettrici dismessi (indicati con il termine anglosassone “e-waste”) per non essere riutilizzati. È interessante notare come il volume dei dispositivi elettronici eliminati nella regione del sud est asiatico sia aumentato di circa due terzi tra il 2010 e il 2015. Durante questo periodo, infatti, l’e-waste è cresciuto del 63 percento, fino a 12,3 milioni di tonnellate, equivalenti a circa 2 volte e mezzo il volume della piramide di Giza, fanno notare i ricercatori.

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Secondo lo studio dell’ONU, il volume totale degli apparecchi elettrici ed elettronici nel mondo è salito da 51,33 milioni di tonnellate del 2007 a 56,56 milioni di tonnellate del 2012. L’Asia è il maggiore consumatore, ne acquista circa la metà, ovvero 26,69 milioni di tonnellate. Per contro, la vendita di tali apparecchi è in calo in Europa e nelle Americhe, a seguito della crisi finanziaria del 2012. Se l’Asia vanta il maggior numero di vendite di apparecchiature elettriche ed elettroniche al mondo e genera il maggior volume di rifiuti, sono l’Europa e le Americhe a detenere il primato per abitante: in media 15,6kg, contro i 3,7kg dell’Asia. Fra i paesi meno rilevanti in questo quadro, Cambogia, Vietnam e Filippine, che non superano 1,35kg di rifiuti elettronici pro capite.

Lo studio stima che il volume di crescita dell’e-waste ha superato quello della crescita della popolazione. Oltre che l’altissimo numero di consumatori nella regione asiatica, l’università dell’ONU evidenzia anche il basso tempo di utilizzo dei gadget elettronici, i quali diventano obsoleti molto velocemente per via del progresso tecnologico, di incompatibilità hardware o requisiti software inadeguati. Molti prodotti, quindi, sono progettati per avere un basso costo di produzione, ma non necessariamente per essere facilmente riparabili o riciclabili.

Lo studio prende in esame anche l’esistenza dello smaltimento illegale, in cui i componenti non funzionali non sono sottoposti ai processi di riciclo e vengono “rilasciati nell’ambiente”. Ciò avviene principalmente a causa di quei consumatori che non sanno come o dove portare i loro rifiuti elettronici, così come della scarsa conoscenza o delle pratiche scorrette di chi dovrebbe riciclarli. Ad esempio quella di incenerire i rifiuti all’aperto, che può causare effetti dannosi cronici e acuti sulla salute pubblica e sull’ambiente. Si tratta di una procedura diffusa tra i riciclatori informali, che usano anche recuperare metalli preziosi (come oro, argento, palladio e rame) dai circuiti stampati e dai cavi utilizzando pericolosi processi chimici, comunemente conosciuti con il nome di “bagni acidi”. “Inceneritori all’aperto e bagni acidi hanno effetti negativi molto gravi su chi li effettua” afferma Shunichi Honda, coautore dello studio. “In assenza di materiali protettivi, come guanti, occhiali, maschere, l’inalazione e l’esposizione a queste sostanze chimiche pericolose può danneggiare la salute dei lavoratori. Alcune associazioni sindacali hanno scoperto una relazione fra il trattamento improprio dei rifiuti e alterazioni della funzione tiroidale, ridotta funzione polmonare, scarsa crescita dei bambini, deficit di sviluppo cognitivo, cito-tossicità”.

Giappone, Corea e Taiwan sono i mercati che guidano la regione asiatica per lo smaltimento dei rifiuti e i sistemi di riciclo, avendo adottato e rafforzato la legislazione in materia sin dalla fine degli anni ’90. I tre paesi sono tra i più avanzati in Asia per infrastrutture di raccolta e riciclo e una politica forte. Per contro, Singapore e Hong Kong non hanno ancora una specifica legislazione in materia di rifiuti e i loro governi contano sulla collaborazione fra pubblico e privato. Va anche detto che Cambogia, Indonesia e Thailandia hanno già adottato un quadro legale sulla gestione dei rifiuti elettronici, nonostante sia attiva in queste nazioni una industria informale che ha creato una rete di raccolta e di importazione dei prodotti alla fine del loro ciclo di vita.

“Il ruolo principale dei governi è fornire le politiche e il quadro regolamentare per la gestione dell’e-waste” fa notare il rapporto. “In alcuni paesi, i governi giocano un ruolo forte non solo regolando la materia, ma anche essendo coinvolti nello smaltimento dei rifiuti, come in Cina, mentre in altri hanno solo una parte secondaria, preferendo meccanismi volontari a una vera legislazione, come a Singapore”. Secondo lo studio dell’ONU, il paese non dispone di una specifica legge sulla gestione dei rifiuti elettronici, ma sta approntando varie opzioni per un quadro regolatorio della materia; l’Agenzia nazionale dell’Ambiente ha stretto una partnership volontaria con i soggetti interessati, consumatori e fornitori di servizi di riciclo, per rifiuti elettronici, lampadine e batterie.

Pierluigi Sandonnini

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Pubblicato il 18 gen 2017
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