Playpen, 30 anni per il fondatore

Playpen, 30 anni per il fondatore

Il sito, dedicato allo scambio di pedopornografia, era stato smantellato dall'FBI, non prima di aver sfruttato una falla di Tor Browser per identificarne i frequentatori. 350 gli arresti negli USA, 368 in Europa
Il sito, dedicato allo scambio di pedopornografia, era stato smantellato dall'FBI, non prima di aver sfruttato una falla di Tor Browser per identificarne i frequentatori. 350 gli arresti negli USA, 368 in Europa

Le indagini hanno dimostrato le sue responsabilità nella scelta del nome del sito, nei pagamenti al servizio di hosting, negli aggiornamenti e nell’adozione di misure di sicurezza, nell’amministrazione dei permessi ai membri e nella pubblicazione di numerosi contenuti a sfondo pedopornografico: Steven W. Chase, 58enne residente in Florida, è stato condannato dalla giustizia statunitense a 30 anni di carcere per aver gestito in prima persona Playpen, sito .onion su cui l’FBI ha indagato con il supporto di una controversa Network Investigative Technique (NIT) che pare abusasse di un bug in Tor Browser.

Playpen

L’FBI riferisce che Chase ha fondato Playpen nell’agosto 2014 : celato nel dark Web, il sito permetteva ai membri di caricare e visualizzare “decine di migliaia di immagini di giovani vittime, indicizzate per età, sesso e tipo di abuso”. Le indagini sono state avviate a breve tempo dalla creazione del sito, spiegano le autorità statunitensi, ma “dato il funzionamento dei Tor hidden service, non c’era molto che si potesse fare”. Almeno fino al mese di dicembre 2014, quando l’indirizzo IP di Playpen è stato maldestramente reso noto da Chase, intercettato dalle forze dell’ordine: in quel momento sono state avviate “le ordinarie pratiche investigative” e l’FBI ha “sequestrato una copia del sito, richiesto i mandati per ottenere gli account email ad esso collegati, seguito i flussi di denaro”, risalendo alle responsabilità di Chase.

L’FBI ricorda poi di aver proceduto ad ulteriori indagini, per individuare i membri del sito e assicurarli alla giustizia: è dunque nel gennaio 2015 che prende il via la dibattuta Operazione Pacifier. Il Bureau si limita ora a dichiarare che “usando una network investigative technique approvata da un tribunale, gli agenti hanno individuato indirizzi IP e altre informazioni che hanno contribuito alla localizzazione e all’individuazione degli utenti”, senza fare accenno alla controversia sollevata dalle tattiche di indagine .
Lo scorso anno è appreso però che, dopo aver guadagnato il controllo del sito .onion , gestendolo per 13 giorni attraverso i propri server, l’FBI ha rastrellato indirizzi IP e indirizzi MAC di numerosi utenti con uno strumento di indagine che si baserebbe sullo sfruttamento di una falla di Firefox, sul cui codice si fonda Tor browser: il segreto sulla NIT, nonostante le pressioni delle autorità, è stato mantenuto, a costo dell’ archiviazione di un caso condotto contro uno dei frequentatori di Playpen.

Ma per un presunto colpevole che si è per il momento rinunciato a perseguire, l’FBI snocciola i numeri di quello che viene definito “il caso di maggiore successo portato avanti contro gli utenti dei siti Tor”: sono 350 i cittadini statunitensi arrestati, 25 i produttori di pedopornografia e 51 i responsabili di abusi sui minori consegnati alla giustizia, 55 i minori statunitensi individuati o tratti in salvo. Dati a cui l’Europol fa seguito, riferendo che gli arresti a livello globale sono stati 870, 368 nella sola Europa, e i minori identificati o sottratti agli abusi fuori dagli USA sono stati 259.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
9 mag 2017
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