Uber respinge le accuse di Waymo: non sapevamo nulla

Uber respinge le accuse di Waymo: non sapevamo nulla

Dopo la denuncia di furto della tecnologia Lidar, tra le due aziende è scontro aperto. Mentre i giudici continuano ad indagare, Uber ribadisce di non aver utilizzato nulla del concorrente che sia stato sottratto in modo indebito
Dopo la denuncia di furto della tecnologia Lidar, tra le due aziende è scontro aperto. Mentre i giudici continuano ad indagare, Uber ribadisce di non aver utilizzato nulla del concorrente che sia stato sottratto in modo indebito

La diatriba tra Waymo e Uber si arricchisce di un nuovo elemento. Uber ha dichiarato ai giudici di non sapere nulla dei 14mila documenti riguardanti la tecnologia Lidar di Waymo trafugati da Levandowski e lo fa rispondendo ufficialmente ai quesiti sollevati dalla Corte.

waymo vs uber

Il fatto che Uber non fosse a conoscenza dei fatti (prima o dopo l’acquisizione di Otto), non esclude però che Levandowski abbia potuto carpire i documenti quando era ancora ai vertici di Google , avendo accesso facilitato agli archivi aziendali.

Stando ad alcune prove fornite da Waymo, sembra che Levandowski non abbia mai tenuto così segreta l’indebita acquisizione. In un meeting dell’11 marzo 2016 tale notizia sarebbe addirittura stata condivisa con i vertici dell’azienda, tra i quali il CEO Travis Kalanick (da poco allontanato da Uber), che avrebbero quindi saputo dell’esistenza di documenti sensibili contenuti in 5 dischi. Qualcuno ipotizza che le trattative con Uber sarebbero partite addirittura in precedenza, con il tentativo di sedurre e spuntare un premio più alto da parte del futuro datore di lavoro.

La difesa di Uber garantisce che anche qualora tali documenti fossero veramente esistiti, ne sarebbe stata vietata la circolazione e il suo utilizzo : “Levandowski non ha raccontato di aver scaricato tutte le informazioni proprietarie di Google per scopi impropri o che si sia impossessato deliberatamente di tutte le informazioni proprietarie di Google nel momento in cui ha lasciato Google. Al contrario, Levandowski ha riferito che questi cinque dischi erano ancora a casa sua quando ancora lavorava per Google”. Recentemente Levandowski avrebbe confermato di aver distrutto i dischi in questione.

Il botta e risposta tra le due aziende è al vetriolo. “Le prove dimostrano chiaramente che le informazioni rubate hanno già fatto strada nella tecnologia di Uber. Non siamo convinti dei tentativi di Uber di dissociarsi da un nostro ex ingegnere che ha pagato 250 milioni di dollari per portare in Uber sapendo che possedeva le informazioni proprietarie di Waymo. Piuttosto che fare la cosa giusta, Uber ha partecipato ad una copertura, solo dissociandosi dal signor Levandowski dopo che le loro azioni sono state esposte in un contenzioso”- dicono quelli di Waymo.

Dall’altra parte la risposta è altrettanto chiara: “Si tratta ancora della miglior indicazione che Waymo sta promettendo senza poter mantenere. Uber ha preso precauzioni affinché impiegati di Google, incluso Levandowski, non portassero materiale di Google in casa Uber. E ciò ha funzionato. Dopo aver scandagliato terabyte di dati, impegnato numerosi impiegati e speso 55 ore a ispezionare i nostri apparecchi, Waymo non ha riscontrato alcuna evidenza dei 14.000 documenti che sarebbero stati forniti ad Uber. Nei giorni scorsi Waymo ha intrapreso un’azione legale e ora che appare evidente che il download di documenti non ha nulla a che vedere con Uber, stanno ricorrendo alla teoria della copertura espressamente respinta dalla Corte la settimana scorsa”. Queste affermazioni provengono dalla stessa Uber che per precauzione aveva deciso di sbarazzarsi di Levandowski poche settimane fa.

A questo punto si attende che il tribunale si esprima a tal proposito. Quel che è certo è che la pace tra le due aziende si fa sempre più remota .

Mirko Zago

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Pubblicato il 30 giu 2017
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