Docenti universitari al soldo di Google? Infuria la polemica

Docenti universitari al soldo di Google? Infuria la polemica

Secondo il WSJ Google avrebbe influenzato l'opinione pubblica e le istituzioni su temi quali il copyright e l'utilizzo di dati degli utenti sfruttando alcuni accademici. Per Mountain View le donazioni non avrebbero minato l'autonomia nella ricerca
Secondo il WSJ Google avrebbe influenzato l'opinione pubblica e le istituzioni su temi quali il copyright e l'utilizzo di dati degli utenti sfruttando alcuni accademici. Per Mountain View le donazioni non avrebbero minato l'autonomia nella ricerca

Il Wall Street Journal ha accusato Google di finanziare segretamente alcuni professori universitari che ricoprono ruoli di rilievo in università tradizionali e telematiche,  assoldandoli come “influenzatori”, unendosi a quanto già avanzato da diversi attivisti. La loro advocacy sarebbe stata usata per spingere alcune pratiche commerciali o viziarne l’approvazione da parte dell’opinione pubblica . Sarebbero coinvolti numerosi nomi noti (almeno una dozzina) del mondo accademico dalla Harvard University alla University of California di Berkeley che avrebbero accettato cifre tra i 5mila e i 400mia dollari per i loro lavori.

Google

È stato comprovato pubblicamente che i documenti elaborati dai professori sarebbero stati condivisi con Google preliminarmente alla loro pubblicazione . Questa anticipazione avrebbe permesso a Google di intervenire con suggerimenti di vario tipo come emerso da diverse email mostrate al WSJ, nonostante molti dei soggetti coinvolti abbiano negato l’esistenza di legami economici. In alcuni casi invece gli stessi professori, avendo intuizioni utili al gigante del tech, vi si sarebbero appellati direttamente confidando in un riconoscimento.

Uno degli esempi citati nel rapporto del Journal fa riferimento ad un lavoro del professor Paul Heald dell’Università dell’Illinois in tema di copyright che sarebbe stato sponsorizzato in maniera non ufficiale da Google nel 2012 con oltre 18mila dollari. Il diretto interessato non ha negato di aver intascato quei soldi, seppur dica che non abbiano partecipato a influenzare la sua ricerca in quanto considerati una sorta di donazione libera. In altri casi i professori universitari sarebbero stati utilizzati da Google per dar credito ad alcune pratiche commerciali oggetto di indagini e su cui le stesse istituzioni avrebbero chiesto pareri autorevoli . Altri professori come Daniel Crane dell’Università del Michigan, avrebbe rifiutato un finanziamento da parte di Mountain View interessata ad una sua ricerca riguardante i regolamenti antitrust e i motori di ricerca. “Sì, i soldi sono una buna cosa, ma minano l’obiettività di una ricerca accademica” – ha sostenuto.

I temi più caldi su cui Google avrebbe chiesto il supporto di influenzatori accademici sarebbero inerenti all’utilizzo dei dati degli utenti e al copyright . Alcuni professori avrebbero supportato l’idea che la raccolta e l’utilizzo dei dati sarebbe la giusta moneta di scambio per i servizi forniti gratuitamente da Google e che non vi sarebbero abusi correlati alla sua dominanza di mercato. In altri casi viene avallata la possibilità per Google di accedere e presentare estratti di materiale protetto da copyright (libri ad esempio) senza riconoscere le giuste royalties a chi detiene i diritti.

Campaign for Accountability , che porta avanti il Google Trasparency Project , avrebbe accertato che dal 2009 Google ha “commissionato” o quanto meno messo lo zampino su oltre 100 documenti accademici, che andrebbero ad aggiungersi ad altrettanti documenti provenienti da centri di pensiero e gruppi universitari direttamente sostenuti dall’azienda (all’interno di progetti di formazione e ricerca ). Se comprovato dalle indagini, questo atteggiamento minerebbe l’indipendenza del lavoro accademico e rappresenterebbe per Google un grave danno di immagine.

I rapporti con il mondo accademico sono confermati dalla stessa Google, da sempre vicina alle università : “Sin da quando Google è nato dal dipartimento di Computer Science di Stanford, abbiamo mantenuto forti relazioni con le università e gli istituti di ricerca e abbiamo sempre valorizzato la loro indipendenza e integrità” – proseguendo – “Siamo felici di supportare i ricercatori accademici in materia di informatica e temi di politica, compreso il diritto d’autore, libertà di espressione e dalla sorveglianza e per aiutare ad amplificare le voci che sostengono i principi di un’Internet aperta”. Ma Google ci tiene a sottolineare, in risposta alle accuse, che dietro ad ogni finanziamento vi sono due principi imprescindibili : gli obblighi di informare e dare visibilità del rapporto con l’azienda e l’ indipendenza (tanto da aver pubblicato alcune ricerche con le quali l’azienda si trovava in disaccordo: antitrust , net neutrality e privacy ).

Il problema non sembra riguardare solo Google. Sulla stessa barca vi sarebbero anche Microsoft, Qualcomm, Verizon Communications Inc. e AT&T che in questo caso avrebbero usato il mondo accademico per accusare la scorrettezza di Google e di alcune sue politiche commerciali.

Mirko Zago

fonte immagine

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
13 lug 2017
Link copiato negli appunti