Nuovo giro di vite di Pechino nei confronti delle libertà e in generale del controllo della vita online dei propri cittadini, stavolta con una misura evidentemente destinata a vigilare sulla minoranza islamica stabilita nel proprio Paese.
Le autorità della provinca di Xinjiang hanno stabilito che i cittadini locali della minoranza musulmana aggregati alla comunità Uyghur debbano installare sui propri dispositivi l’app “Jingwang”, spyware che permetterà al governo di accedere ai loro dispositivi e scandagliarli alla ricerca di “propaganda terroristica”.
Si tratta solo dell’ ultimo mattone di una muraglia digitale che la Cina sta ergendo da anni per circoscrivere l’Internet accessibile dai suoi confini e i contenuti consultabili e condivisibili online dai suoi netizen, una mossa che rientra perfettamente nel programma di “cyber sovranità” del Presidente Xi Jinping: la Cina conta una popolazione online sterminata, 731 milioni di utenti, che corrispondono al 53,2 per cento dei cittadini, e un sistema capillare di controllo sulle informazioni e sui siti a cui tutti loro possono accedere. Talmente mastodontico da essere comunemente noto, appunto, come “Grande muraglia digitale cinese”. Qualche settimana fa , nella stessa direzione, il Governo di Pechino ha chiesto agli Internet Service Provider di bloccare gli accessi individuali alle reti virtuali private entro il primo Febbraio 2018.
Nello Xinjiang, provincia con una popolazione di 8 milioni di Uyghurs (gruppo etnico originario turco) dove sono stati già proibiti veli e barbe lunghe, la questione si fa ancora più pressante , con la polizia che sta fermando le persone per strada con veri e propri check point per verificare l’osservanza del nuovo obbligo, il cui mancato rispetto comporterebbe la detenzione fino a 10 giorni: installare Jingsaw (che in cinese significa “Sicurezza cittadina”), un’app sviluppata dalla polizia locale che formalmente permette di denunciare eventuali crimini alle autorità, ma che di fatto costituisce un vero e proprio spyware.
Essa infatti scandaglia i file dell’utente e li confronta con un database consolidato di contenuti considerati terroristici dalle autorità locali . Inoltre l’app crea copie dei database Weibo e WeChat dell’utente e li carica su server governativi, insieme alle informazioni di login del WiFi e delle altre utenze presenti sul dispositivo .
Claudio Tamburrino