Facebook, complice involontario nel caso Russiagate

Facebook, complice involontario nel caso Russiagate

Il social network svela i risultati dell'indagine interna sulle possibili interferenze esterne nelle elezioni presidenziali USA. Qualcuno ha effettivamente comprato migliaia di spazi pubblicitari per pilotare l'elettorato verso il programma di Trump, e probabilmente lo ha fatto dalla Russia
Il social network svela i risultati dell'indagine interna sulle possibili interferenze esterne nelle elezioni presidenziali USA. Qualcuno ha effettivamente comprato migliaia di spazi pubblicitari per pilotare l'elettorato verso il programma di Trump, e probabilmente lo ha fatto dalla Russia

Il perdurante dibattito sul Russiagate si arricchisce di un nuovo, importante capitolo grazie all’intervento di Facebook, società chiamata in causa per via della presunta partecipazione indiretta del social network alle interferenze straniere sulle ultime elezioni presidenziali degli Stati Uniti . E Facebook ha in qualche modo confermato quella partecipazione, indicando ancora una volta ignoti attori russi come i responsabili dell’operazione truffaldina .

La corporation dice di aver preso molto seriamente l’ipotesi secondo cui i russi avrebbero acquistato spazi di advertising per fare propaganda su Facebook, di aver indagato sulla possibilità e di aver effettivamente scoperto attività non proprio limpide avvenute tra giugno 2015 e maggio 2017 .

In quel lasso di tempo, dice il Chief Security Officer di Facebook Alex Stamos, circa 100.000 dollari sono stati spesi su 3.000 messaggi pubblicitari connessi a 470 account o pagine “non autentici”; gli account violavano la policy del network ed erano tutti connessi tra di loro, spiega il manager, ed erano “probabilmente gestiti dalla Russia.”

Le pagine e gli account fasulli sono stati chiusi , mentre dall’indagine è emerso che l’advertising pagato dai russi non faceva riferimento diretto alle elezioni presidenziali USA; piuttosto, gli ad volevano diffondere e amplificare “messaggi politici e sociali divisivi” su argomenti caldi per il dibattito americano come diritti LGBT, problemi razziali, immigrazione e diritto al possesso libero di armi da fuoco.

Pur non indirizzati al supporto di Donald Trump, suggerisce insomma Facebook, gli ad hanno contribuito a infuocare l’atmosfera pre-elettorale bloccando il dibattito sui temi cari all’attuale inquilino della Casa Bianca e al suo elettorato. E alla fine il dibattito bloccato ha evidentemente favorito l’ascesa al potere del miliardario bancarottiere di New York.

Facebook dice di essere al momento impegnato a migliorare i suoi sistemi così da bloccare sul nascere l’azione di pagine e account fasulli, con una doppia azione censoria efficace sia al momento della creazione che dell’identificazione postuma di questo genere di attività.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
7 set 2017
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