EFF non ci sta e all’ approvazione di EME risponde con una decisione plateale, annunciando il suo addio al W3C ( World Wide Web Consortium ).
Encrypted Media Extensions (EME) is a W3C Recommendation https://t.co/xhyVIZISwO Read more in our Press release https://t.co/1T5yhtGmXV pic.twitter.com/ymjufnhBex
– W3C (@w3c) 18 settembre 2017
La settimana scorsa W3C ha inaugurato il nuovo standard chiamato EME (em>Encrypted Media Extensions ) in grado di interagire con i browser, facendolo entrare a far parte delle tecnologie ratificate da esso come HTML5 : si tratta di un formato discusso da anni e che offre un meccanismo “open” attraverso cui integrare un modulo esterno per la decodifica dei contenuti cifrati (CDM), che le varie aziende impegnate nella gestione dei flussi in streaming di contenuti digitali saranno libere di implementare nei rispettivi browser proprietari per PC e non solo. In pratica offre all’HTML 5.1 le API per controllare il playback di contenuti criptati.
Di fatto EME introduce i DRM nell’HTML5 , rappresentando un’estensione allo standard Web del futuro (remoto) capace di proteggere lo streaming e la fruizione dei contenuti audiovisivi a tutto vantaggio di publisher e store digitali.
La consacrazione di EME in standard approvato è stata di fatto incoronata dal padre riconosciuto del Web, Sir Tim Berners-Lee, che proprio nelle scorse settimane si è schierato con il gruppo ad esso favorevole e che ha parlato della sua utilità per rimanere al passo con i tempi ed essere efficaci nella protezione della privacy.
Nonostante lo schieramento di un personaggio così carismatico, è rimasto tuttavia folto e combattivo il gruppo degli oppositori di EME tra cui spuntava proprio l’Electronic Frontier Foundation, che ha deciso che l’approvazione dello standard è incompatibile con la sua permanenza nel W3C, nonostante le spiegazioni e le rassicurazione degli altri membri del consorzio.
Nella sua lettera aperta (scritta dal giornalista-attivista-scrittore Cory Doctorow), EFF spiega di essere stata fin dall’inizio contraria all’introduzione di forme di Digital Right Management (DRM) all’interno degli standard della Rete, e di essere rimasta nella discussione solo per la promessa dell’adozione di un compromesso, in base al quale le politiche in materia di proprietà intellettuale sarebbero state estese in modo tale da impedire ai membri di usare normative legate alla DRM insieme alle possibilità offerte da EME (a parte determinati casi dettagliatamente declinati).
Tale proposta è stata tuttavia stralciata dal comitato di W3C, nonostante – dice EFF – l’ampio supporto da parte degli altri membri; e allo stesso modo è stato respinto il suo tentativo di ricorrere in appello contro l’approvazione.
Oltre ai problemi legati alla deriva presa dal comitato con EME, secondo EFF ci sarebbe d’altra parte anche un problema di ingerenza delle aziende e dei detentori dei diritti all’interno del W3C: non a caso EME è stato inizialmente proposto da Microsoft, Google e Netflix che descrivono l’estensione come “HTMLMediaElement per consentire il playback di contenuti protetti”. Sia Mountain View che Redmond sono inoltre già impegnati a sviluppare un proprio modulo CDM da integrare rispettivamente in Chrome ed Edge, così come sta facendo Cupertino per Safari. Insomma, EME rende più facile e, in questo senso, conveniente, l’ uso delle restrizioni all’accesso ai contenuti .
Rispetto all’influenza di queste realtà all’interno del W3C, EFF sottolinea inoltre come per approvare EME il Consorzio abbia superato le obiezioni di dozzine di suoi membri e abbandonato la tradizione che voleva le decisioni approvate per consenso della platea , spaccando di fatto i suoi membri in due e ottenendo voti favorevoli solo per il 58 per cento .
In generale, nei confronti di EME EFF ha avanzato dubbi circa l’accessibilità, inadeguatezza per Open Web e progetti free, problemi per l’archiviazione e una sostanziale assenza di definizione dell’implementazione CDM.
Innanzitutto perché questo nuovo standard offrirebbe un’ inadeguata protezione dei dati degli utenti : questo perché nel momento in cui non viene individuata e non permessa una determinata manipolazione (legale o meno) di un contenuto protetto da copyright si può aprire il discorso legato alla persecuzione della sua eventuale violazione. Al netto delle raccomandazioni del consorzio rivolte alle organizzazioni che trattano le implementazioni DRM ed EME, di assicurare la corretta sicurezza e protezione della privacy degli utenti, EFF ritiene che ciò comporti invece un’irrimediabile compromissione della privacy (anche perché occorre in ogni caso rispettare tutte le normative in tema come il Digital Millennium Copyright Act – DMCA ).
Per EFF, poi, il nuovo standard rischia di compromettere la Neutralità della Rete , in quanto l’inclusione all’interno del nuovo standard EME di un sistema di gestione dei diritti d’autore permette di fatto l’adozione tramite browser di pratiche anticoncorrenziali, come la penalizzazione di opere prive di copyright, di opere protette ma utilizzate per finalità didattiche e negli altri casi nei quali si configurano usi potenzialmente in violazione ma rientrati nelle eccezioni del diritto d’autore.
Nella pratica immediata, poi, per la fondazione si rischierebbero ostacoli al lavoro di tutti i giorni causati dalla violazione degli eventuali DRM: in primis l’impossibilità di gestire plugin specifici per i video (come quelli che si occupano di apporre sottotitoli e traduzioni, ma anche quelli che evidenziano la presenza di forte illuminazione che potrebbe avere effetti dannosi per gli epilettici e che in ogni caso comportano la modifica – non permessa in base al diritto d’autore – di opere protette).
Claudio Tamburrino