Pechino ha bloccato da qualche giorno il servizio di messaggistica istantanea WhatsApp e multato pesantemente i social Teiba di Baidu, WeChat di Tencent e Weibo di Alibaba.
I nuovi interventi del governo cinese nei confronti dei servizi online non stupiscono, ma certamente preoccupano dal momento che le autorità locali si stanno dimostrando sempre più pronte a intervenire senza remore nei confronti dei comportamenti online dei propri cittadini.
In una realtà online come quella disegnata dal programma di “cybersicurezza” del Presidente Xi Jinping, chiusa e controllata da vicino da una mastodontica censura comunemente nota come “Grande muraglia digitale cinse”, due erano i sistemi utilizzati dagli utenti per sfuggire alle maglie della censura: l’utilizzo dei sistemi di accesso tramite reti virtuali private ( disinnescate nei mesi scorsi dai provider su ordine delle autorità) e l’anonimato contro cui è intervenuta una nuova normativa che impone ai netizen cinesi l’uso del nome a reale in tutti i commenti online.
Le nuove mosse di Pechino appaiano in questo senso meno strutturali, ma decisive: rappresentano di fatto gli ultimi chiodi su due dei sistemi di comunicazione che potevano essere ancora utilizzati dai cittadini cinesi, uno in particolare – WhatsApp – perché criptato.
Mentre per il servizio di messaggistica di Facebook non sono ancora chiari i motivi del nuovo blocco, si parla di un ban iniziato qualche mese fa e che solo recentemente ( in concomitanza della riunione del Partito Comunista ) ha coinvolto anche l’invio di messaggi di testo tramite la sua piattaforma; per quanto riguarda i social le multe che hanno subito sembrano essere legate alla pubblicazione da parte degli utenti di contenuti proibiti, tra cui false notizie e pornografia .
Le autorità hanno riferito , in particolare, che WeChat ha mancato “di ottemperare ai suoi doveri di gestore” non fermando alcuni utenti dal postare contenuti banditi, mentre Baidu e Weibo sarebbero colpevoli per non aver adottato le necessarie misure per prevenire la diffusione di informazioni dannose.
Non sono state indicate le entità delle multe emesse nei confronti di tali servizi, ma si parla di “massimo possibile”: la normativa prevede fino a 75mila dollari di multa, più la possibilità di sospendere o cancellare la licenza per operare online.
Claudio Tamburrino