Roma – C’è soddisfazione tra gli organizzatori del netstrike che come noto ha avuto luogo ieri, fornendo visibilità agli utenti internet che si sono opposti al varo della Legge Urbani sull’uso di Internet.
La manifestazione elettronica che ha portato molti a collegarsi al sito del ministero dei Beni culturali, www.beniculturali.it , ha senz’altro sortito gli effetti sperati dai promotori, in quanto già nel primo pomeriggio il web del dicastero di Giuliano Urbani è stato preso d’assalto da una molteplicità contestuale di accessi che ha impegnato duramente i server, fino a rendere nei fatti irraggiungibili quelle pagine.
In realtà, l’accessibilità del sito risulta compromessa anche mentre scriviamo, e sono ormai passate ore dalla conclusione della manifestazione, segno probabile che lo strike, che ripete quanto già avvenuto nei giorni scorsi , viva ormai di una “vita propria” che sfugge al controllo degli organizzatori. Che, comunque, non danno segno di preoccuparsene, anzi. “Dalle 14,30 – si legge in una nota diffusa dai promotori dei Comitati Bo.Bi – non solo le pagine web del Ministro Urbani, ma anche i siti senato.it, governo.it e siae.it sono stati resi irraggiungibili”.
Gianfranco Mascia dei Comitati Bo.Bi, e candidato nelle liste DiPietro-Occhetto alle europee, nella nota ha anche rivendicato la legittimità del netstrike come forma di protesta: “il sottoscritto, con l’archiviazione delle indagini a suo carico per il Netsrike promosso nel 2002 contro il Ministro Castelli, ha dimostrato, esponendosi in prima persona, che l’iniziativa è perfettamente legale”. Secondo Mascia sarebbero stati addirittura un milione i partecipanti allo strike.
I promotori di quello che hanno definito girotondo telematico hanno anche dichiarato di sostenere l’iniziativa di Attac Italia che vuole inscenare per il 2 giugno, il giorno della Festa della Repubblica, una Festa elettronica della Repubblica , “intasando di email nell’intera giornata l’indirizzo della Presidenza del Consiglio”.
Il Comitato Bo.Bi ha comunque avvertito che il 7 giugno, se non cambierà la Legge Urbani, è in programma un altro netstrike , questa volta esteso ufficialmente ai siti che gli utenti ieri hanno preso comunque di mira, vale a dire, oltre a beniculturali.it, anche siae.it, governo.it, parlamento.it, senato.it e camera.it”.
Roma – In questo momento, è lunedì pomeriggio, sto provando ad accedere a www.beniculturali.it, il sito web del ministero diretto da Giuliano Urbani, annunciato bersaglio delle proteste degli utenti Internet. Il sito è down, come era facilmente prevedibile. Qualcuno domani dirà che una battaglia è stata vinta, che di un gesto simbolico ma significativo si è trattato, che in questa maniera i diritti dei navigatori vessati dal decreto che porta il nome del Ministro saranno fin da ora tenuti in maggior conto. Perdonatemi, ma secondo me si tratta – posso dirlo? – di sonore cretinate.
I netstrike sono cortei telematici sulla cui utilità si potrebbe discorrere a lungo. Talvolta hanno avuto in passato il merito di rendere note istanze importanti e poco note, nella stragrande maggioranza dei casi fanno invece parte di un retorica politica mutuata dal mondo reale con la quale hanno pero’ lontanissima quando non nulla parentela.
Non solo attaccare a colpi di reload un sito web (in genere siti web istituzionali che nessuno visita, dalle risorse di banda limitate che cadono immediatamente con un colpo di venticello estivo) è una pratica che puo’ essere facilmente automatizzata svuotandola così di qualsiasi significato di “mobilitazione di massa” (si veda al riguardo i giochetti a colpi di frame in questo sito di Gianfranco Mascia) ma si tratta anche di una scelta mediatica di contrapposizione forte sul cui utilizzo, su problematiche serie ed importanti per la libertà di tutti come il decreto Urbani, ci si dovrebbe interrogare un po’ di più.
Gli effetti mediatici degli attacchi ai siti web avvenuti in giorni scorsi sempre per protestare contro il decreto Urbani sono stati del tutto controproducenti. I giornalisti dei grandi media – si sa – trattano l’argomento con i dovuti preconcetti e nelle descrizioni apparse sui giornali rendere inservibile per qualche minuto un sito web che nessuno visita come www.siae.it viene rappresentato come un vero e proprio atto vandalico, i suoi anonimi autori sono dipinti come manifestanti dal volto coperto e dagli intenti poco chiari. Con i tempi che corrono non si tratta certamente di una buona pubblicità a meno che non si intenda legittimare ulteriormente il sillogismo utente internet = pirata.
Così sulla grande parte della opinione pubblica, quella per capirci che non legge questo commento o che usa Internet in maniera saltuaria (e sto parlando della maggioranza degli utenti Internet italiani) le manifestazioni di questi giorni hanno avuto come effetto principale proprio quello desiderato da chi la legge Urbani ha sostenuto ed ispirato.
L’effetto intimidatorio del decreto è ben espresso dai diagrammi del Mix che indicano come il traffico Internet italiano, dal momento in cui la legge sulla penalizzazione del P2P è balzata alla ribalta delle cronache, abbia subito un brusco calo. In questo contesto i netstrike non solo non aiutano la causa ma mettono in crisi un apparato informativo che ha difficoltà oggettive a comprendere simili eventi informatici.
Se tutto questo non bastasse esiste anche una perplessità di merito che riguarda simili iniziative. Gli utenti Internet italiani non sono riusciti negli anni a unirsi attorno a nessun progetto che avesse una qualche valenza rappresentativa. Hanno mostrato chiaramente la loro assoluta allergia a qualsiasi aggregazione positiva in grado di fare valere i diritti di una minoranza che col passare del tempo è diventata una fetta consistente della popolazione. Oggi si propongono come interlocutori ad un legislatore che sforna cattive leggi a ripetizione che li riguardano esclusivamente attraverso il click ripetuto sul tasto reload del loro browser? Andiamo, non è una cosa seria. La politica delle reti si fa, se davvero la si vuole fare, altrove.
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