Se CNET prende lezioni da Sex.com

Se CNET prende lezioni da Sex.com

di Paolo De Andreis. Pubblicano qualsiasi pubblicità, utilizzano strategie finora sfruttate dai siti hard, invadono il desktop dell'utente. Sarà mica questo il destino dell'informazione online?
di Paolo De Andreis. Pubblicano qualsiasi pubblicità, utilizzano strategie finora sfruttate dai siti hard, invadono il desktop dell'utente. Sarà mica questo il destino dell'informazione online?


Roma – C’è una inquietante nebulosa pubblicitaria che avvolge con la sua crescente densità i grandi siti dell’informazione tecnologica americani. Siti che hanno abbracciato sistemi e tattiche di marketing sempre più spudorate e, ora, persino prese in prestito dal web della pornoindustria, quella che prima di tutti ha capito come impedire all’utente di rimanere padrone del proprio browser o della propria navigazione.

CNET (news.com) è stato per lungo tempo punto di riferimento nel mondo per chi volesse tenersi aggiornato su tecnologia e dintorni. Dopo le ristrutturazioni e i licenziamenti, CNET ha varato nuovi formati di “banner”, formati che sono diventati già standard della pubblicità online e che riducono l’informazione a “condimento” di spot di dimensioni sempre maggiori e graficamente sempre più vivaci, al limite dell’isteria visiva.

Ma tutto questo evidentemente non basta. Gli inserzionisti vogliono pagare sempre meno per avere sempre di più e CNET è disponibile a seguirli su questa strada, pena il crollo delle entrate e dunque un ulteriore calo della qualità del giornale. Da qualche ora, uscire da CNET ricorda da vicino i tentativi di fuga dall’abbraccio fatale del web pornografico. In alcuni casi, infatti, chiudere la pagina di CNET ora significa attivare, volenti o nolenti, un comando che apre una nuova pagina, una exit window, un “pop after” in mezzo alla quale campeggia pubblicità a caratteri cubitali ben piazzata nel mezzo. E’ CNET, che implora di partecipare al proprio sondaggio online, offrendo in cambio la partecipazione all’estrazione di premi in denaro.

Il tutto è naturalmente condito da ultrabanner fiammeggianti in mezzo alle pagine, che occupano più spazio del testo degli articoli, dalle pubblicità che sulla destra o sulla sinistra impongono la lettura di questo o quel marchio, e dall’immancabile “pop under” della X10. Lo spottone della cam che appare in background dietro alle finestre del browser, di cui già si è parlato , sembra aver infettato ormai tutti i grandi siti dell’informazione ” in Silicon Valley”. Persino Wired ora “spara” quelle pagine non richieste sui monitor degli utenti.

La pornografia online è citata da tempo dagli esperti del marketing online, perché è da lì che arrivano le più innovative ed invasive trovate pubblicitarie dell’era digitale. Quella di CNET, perciò, probabilmente va considerata una evoluzione che, come tale, impone un cambiamento, anche ai lettori.

MSNBC, altro snodo informativo della rete, finanziato da colossi del calibro di NBC e Microsoft, non se la deve passare bene. Fino a qualche tempo fa i pochi titoli collegati graficamente alla testata della sua home page “lampeggiavano”. Facevano posto, ora sì ora no, a bannerini pubblicitari che per pochi attimi si posizionavano sopra i titoli. Quella strada non deve aver pagato molto, e dunque MSNBC ci riprova affollandosi di finestre pop up, di pop under multipli, di sondaggi, di richieste di registrazione. Il pop after è dietro l’angolo anche per MSNBC.

Inutile dire che questi casi non sono che la punta di quell’iceberg di siti sulla via della liquefazione, la via che porta a pagine illustrate da psicobanner rotanti, da spumeggianti spottoni che trotterellano da una parte all’altra dello schermo, quella via, insomma, che promette ricchi premi al topo che riesce a scovare news e articoli al centro del labirinto.

La caccia al gruviera è sì un pedaggio sempre più pesante richiesto da questi siti, che devono mantenere strutture redazionali divenute corpose prima dello “sboom” della net-economy, ma è anche ciò che evita di tirar fuori qualche spicciolo per leggere informazioni che interessano. Un compromesso che appare inevitabile, stante l’indigeribilità dell’informazione a pagamento per l’utente, viziato da servizi internet che ha creduto gratuiti.

Con una provocazione, si può anche intuire il futuro della pubblicità per i siti di informazione: basta fare qualche giro online a partire da sex.com (siete avvertiti) per scoprire che in pochi minuti si può visualizzare un numero qualsiasi di finestre del browser.

Sarà mica questo il futuro dell’informazione online?

Paolo De Andreis

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Pubblicato il
18 lug 2001
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