Interviste/ Bid.it: difendiamo le aste online

Interviste/ Bid.it: difendiamo le aste online

Dopo l'iniziativa della Polizia postale emersa sulle pagine di Punto Informatico, abbiamo incontrato il responsabile legale di uno dei principali siti del settore auction in Italia. Cosa sta succedendo e come reagire
Dopo l'iniziativa della Polizia postale emersa sulle pagine di Punto Informatico, abbiamo incontrato il responsabile legale di uno dei principali siti del settore auction in Italia. Cosa sta succedendo e come reagire


Roma – Nei giorni scorsi sulle pagine di Punto Informatico sono emersi i primi dettagli relativi all’operazione di accertamento e contestazione condotta dalla Polizia postale nei riguardi di numerosi siti d’aste italiani. Per saperne di più abbiamo parlato con Bid.it , uno dei più importanti siti d’aste del nostro paese. Roberto Manno, esperto di diritto delle nuove tecnologie, è il responsabile legale della Bid.it Spa .

Punto Informatico: Vietate le aste online in Italia. Questo, secondo quanto rilevato dai verbali di accertamento e contestazione rilasciati dalla Polizia postale a numerosi siti del settore, è quanto disposto da un Decreto legislativo del 1998. In altri paesi, primo tra tutti gli Stati Uniti, il segmento delle aste online ha portato alla costituzione di alcune delle più importanti net-companies e alla creazione di molti posti di lavoro. Qual è il tuo giudizio su questa normativa?

Roberto Manno: Assolutamente negativo.
Internet ha bisogno di leggi certe e uniformi, come la recente direttiva europea sull’e-commerce sancisce a chiare lettere. Un provvedimento che neghi la legittimità delle aste on line in un contesto europeo e mondiale in cui il business delle aste, auctions, si è affermato come un modello vincente, è una testimonianza eloquente della superficialità con la quale il legislatore affronta i servizi della Società dell’Informazione.
Tutti, anche la P.A., stanno scoprendo i vantaggi del market place. Esistono numerose iniziative, a livello governativo, in Europa e nel mondo che vedono in questo business-model lo strumento per stimolare la competizione e il libero mercato. Da questo punto di vista, l’art. 18 del d. lgs. 114/1998 – è senz’altro miope.

Tenga presente solo questo: le sanzioni previste, di tipo amministrativo, sono affidate alla competenza giurisdizionale di autorità come il Sindaco della città in cui ha sede il sito e, successivamente, del Giudice di Pace. Crede che affidare a questi organi la decisione su un aspetto cruciale della società dell’informazione, risponda in modo adeguato alle esigenze di uniformità e certezza tipiche del diritto delle nuove tecnologie?
Dico tutto questo prescindendo dal merito della questione, se cioè i siti di aste on line svolgano effettivamente attività che rientrano nel divieto previsto dalla norma che si critica.

La legge Bersani, di matrice liberista, alla quale vanno sicuramente riconosciuti altri meriti, si è mostrata purtroppo miope sul fronte di alcuni servizi della Società dell’Informazione. Ebay in USA aveva iniziato le sue attività da tre anni (1995, rispetto alla legge del 1998).
Non solo in Usa, ma ovunque nel mondo le aste on line sono perfettamente lecite: in Cina, in Canada, nel Regno Unito, in Francia, dove lo scorso anno l’Assemblée Nationale ha abolito il monopolio dei commissaires priseurs su tali vendite, di fatto permettendo a questo business di entrare dalla “porta principale”.

Bid.it! S.p.A. è titolare dell’unico sito d’aste Italiano che tenga il passo con i principali operatori esteri. Mi inorgoglisce dichiarare che si tratta di una società del Sud e che dà lavoro a più di 50 persone, sfruttando tutte le potenzialità dell’internet (la ns. società gestisce ogni business legato alla rete; web agency, market place, sito editoriale…).


PI: L’articolo 18 del Dls 114 del 31 marzo 1998 parla di soggetti che debbano essere autorizzati da una speciale licenza? In cosa consiste? Ha senso chiedere qualcosa del genere ad un’attività online?

RM: L’articolo da lei citato non prevede licenze di alcun tipo. Nella stessa legge, è previsto soltanto che in casi commercio elettronico diretto il resp. legale del sito debba chiedere l’autorizzazione al sindaco della città in cui ha sede l’attività. Tutto ciò è stato illustrato dal Ministro dell’Industria nella circolare 3847/2000.
È bene ricordare che la direttive europea sull’ecommerce prevede, all’art. 4, il Principio di assenza di autorizzazione preventiva .
Per quanto riguarda le licenze, si può rinvenire nell’art. 115 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza una disposizione che prevede la licenza del Questore per le agenzie d’affari.

Molti market-place non svolgono tuttavia un’attività del genere: essi mettono semplicemente a disposizione di tutti una tecnologia che permette di determinare il prezzo in modo dinamico, libero. Bid.it! è, infatti, il sito della libertà di prezzo. È a fronte di questa attività, come della pubblicazione di informazioni sull’azienda venditrice, che vengono richiesti i corrispettivi.

In ogni caso, le dinamiche del mercato on-line sono diverse da quelle classiche.
Sono d’accordo quando si dice che Internet non inventa il diritto, che resta più o meno lo stesso dai tempi dei romani. Il diritto va tuttavia interpretato. Voler applicare meccanicamente norme del passato a Internet, significa semplicemente non averne capito la natura e trattare superficialmente gli interessi dei soggetti coinvolti.

PI: Uno dei punti ispiratori della normativa è legato a potenziali truffe che possano essere realizzate sfruttando il meccanismo delle aste. E’ una preoccupazione realistica? Come agiscono i siti d’aste, e Bid.it in particolare, a fronte di questo problema?

RM: Come sempre, si tratta di una questione di equilibrio. Non si possono garantire al 100% tutte le transazioni, ma in caso negativo sarà colpa del venditore o dell’acquirente inadempiente, mai del sito d’aste – che anzi è fortemente danneggiato da comportamenti del genere, e sarà il primo a volerli scongiurare.
Bid.it prevede tra i suoi rimedi il ricorso al feedback negativo da parte dell’utente deluso; il servizio di escrow (il terzo di fiducia); l’espulsione dal sito; la responsabilità per i danni all’immagine. Questi rimedi colmano il gap di tutela presente nelle transazioni tra privati (c2c) rispetto a quelle con le aziende (b2c) e dei gruppi d’acquisto (c2b). Per queste ultime, le norme di legge in vigore (d. lgs. n. 185 del 22 maggio 1999) stabiliscono un livello di garanzie sufficiente, prevedendo il diritto di recesso obbligatorio.

Infatti, i problemi registrati da noi riguardano principalmente il c2c.
Ma anche qui c’è una spiegazione da fare: certe volte i rischi si corrono consapevolmente. Personalmente, i migliori affari li ho fatti proprio nel c2c: gli oggetti costano molto meno, anche se c’è il rischio di bidoni. Come nella vita reale. Su bid.it si provano le stesse emozioni. Volete negare questa possibilità? Tenete presente che oggetti di valore, come immobili o motori, sono esclusi dalla vendita on line: serve l’atto pubblico. Il rischio mi sembra davvero ridotto.


PI: Come fa un utente o un’azienda a distinguere un sito “serio” da un sito “a rischio”?

RM: Io raccomando sempre di dare un’occhiata alle policy, alle informatice (previste sia dalla legge privacy che dalla direttiva europea sull’e-commerce). Poi, è importante dare un’occhiata alla merce messa in vendita. Garanzie di recesso, servizi escrow, customer care, che dev’essere sempre puntuale e personalizzato. Dietro il sito ci sono delle persone, e il loro obiettivo è apparire come un sito serio e affidabile. Queste sono sensazioni, impressioni che si “sentono” navigando su un sito.

PI: Bid.it è uno dei più importanti siti italiani dedicati alle aste. La sua attività consiste nel consentire ad utenti internet o aziende di proporre ad altri utenti o altre aziende beni e servizi. Bid.it è anche uno di quei siti a cui la Polizia postale ha rilasciato un verbale di contestazione e accertamento. La tua impresa come intende reagire alle richieste del verbale (pagamento di una sanzione e rimozione dal web dell’attività “illecita”)?

RM: La risposta è semplice: abbiamo dimostrato, (anche grazie all’assistenza di avvocati esperti come Andrea Monti), che Bid.it! non svolge “vendite all’asta” come vietate la legge. Bid.it! permette di giocare a fare l’asta. In realtà le transazioni avvengono autonomamente tra venditore e acquirente, per il tramite di una piattaforma tecnologica estranea all’acquisto.
Ci siamo difesi di fronte al Sindaco di Barletta, e ormai consideriamo archiviato il caso, essendo trascorsi più di tre mesi dall’opposizione ed essendosi quindi formato il silenzio-assenso. Abbiamo affrontato “di petto” la situazione.

Per quanto riguarda il futuro, siamo fiduciosi. L’introduzione del Ministero per l’Innovazione Tecnologica dimostra un’aumentata sensibilità per le tematiche legate alla Società dell’Informazione e quindi all’internet. Riteniamo che esperienze come quelle della Bid.it! S.p.A., presente su tutti i fronti dell’e-commerce e dell’Internet, possano rappresentare uno stimolo per le enormi potenzialità della Puglia e del Sud Italia.

PI: Quando avete messo in piedi Bid.it, nato in ambito DADA e partecipato da aziende del calibro di Banca 121 o Banca Popolare di Bari, la normativa era già efficace. Vi aspettavate una contestazione del genere?

RM: Come ho detto, abbiamo sempre ritenuto di operare al di fuori del divieto legislativo. Delle aste non utilizziamo che la tecnica di determinazione del prezzo, a sua volta subordinata all’identificazione delle parti di una transazione che avviene tra il soggetto proprietario del bene e l’acquirente.
Chiaramente, abbiamo attentamente valutato la normativa, e una volta convinti di questo siamo partiti con il nostro business. Bid.it, è bene ricordarlo, sfrutta tutti i vantaggi del market-place: i gruppi d’acquisto e le vendite dirette da parte delle aziende. Mai erano stati presenti su un solo sito tutte e tre queste possibilità.
Mentre si va da Christiès affinché venda quel bene, gli utenti vengono su Bid.it per vendere o per comprare, sfruttando quella che è la nostra bandiera: la libertà di prezzo.


PI: Ritieni che l’iniziativa della Polizia postale possa portare ad un ridimensionamento del settore delle aste in Italia?

RM: Francamente, mi auguro di no per Bid.it! S.p.A. ed anche per il mio paese, che già soffre di una certa superficialità nel trattamento dell’Internet (date un’occhiata al regime della stampa on line, le proposte legislative in materia di nomi a dominio, etc.).
Internet, come è stato detto più volte da vari pulpiti, ha bisogno di leggi chiare e di ampi orizzonti. L’Unione europea ha provveduto lei stessa a stabilire i paletti in termini di sicurezza.
Non ho nulla contro la Polizia Postale, che svolge il suo lavoro e anzi ha il merito di “portare a galla” il problema. Anzi, Bid.it ha sempre collaborato con le forze dell’ordine.

PI: Come credi reagiranno i tanti, tantissimi, che sfruttano i servizi di Bid.it e degli altri siti d’aste per vendere e comprare beni e servizi?

RM: Noi riteniamo di non aver nulla a temere dalla legge, perché la rispettiamo. In ogni caso, aldilà dei particolarismi e degli interessi peculiari di ogni business, credo che sia cosa giusta far sentire la propria voce in modo compatto. Per questo mi associo a quanti auspicano la definizione di un quadro normativo più chiaro e certo relativo a tutta l’Internet.
Credo che per i siti d’aste sia consigliabile unire le proprie voci e farsi promotori di un intervento chiarificatore da parte del legislatore.

intervista a cura di Paolo De Andreis

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Pubblicato il
11 set 2001
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