L'altro volto dello Spam

L'altro volto dello Spam

di Luca Schiavoni. Spamming per disperazione, per leggerezza, per sbaglio. Lo Spam è sempre da condannare? Un caso chiave per capire. Cos'è spamming e cosa no, cosa serve per difendersi, cosa deve cambiare
di Luca Schiavoni. Spamming per disperazione, per leggerezza, per sbaglio. Lo Spam è sempre da condannare? Un caso chiave per capire. Cos'è spamming e cosa no, cosa serve per difendersi, cosa deve cambiare


Roma – Ci arriva in redazione, in queste ore di invasione dello Spam Bonino , la segnalazione di un “caso” che nelle ultime settimane ha scosso ed infiammato qualche newsgroup e parecchie persone. Si tratta di uno “spamming per disperazione”: un bancario invalido, licenziato senza giusta causa, ha chiesto a migliaia di persone di inviare una email al Presidente Ciampi per invitarlo ad interessarsi di questo penoso caso italiano al fine di anticipare i tempi delle udienze in Tribunale, notoriamente ritardatarie rispetto alle attese e tipiche dell’italiana “MalaGiustizia”.

Gaetano Della Gatta, questo il nome dello “spammer per caso”, ha messo su alcuni siti web per segnalare la sua situazione e darsi voce, come, ad esempio Donchisciotte.com . Ma come far conoscere questi siti a tantissime persone, come far arrivare la richiesta di aiuto a più gente possibile? La scelta di Gaetano è stata la più spontanea, semplice e istintiva: inviando email (multilingue) su moltissimi newsgroups.

Questa ingenuità, questa leggerezza, l’ha pagata a caro prezzo. Un sito è stato chiuso dal suo provider per violazione della Netiquette, l’autore dello spam ha ricevuto moltissime lettere di offese (anche gratuite e personali), minacce e parole grosse dalle sue “vittime”. Ha risposto per le rime, bisogna ammetterlo, aggravando così la situazione dato che in certi casi, di fronte a certi errori la cosa migliore è aspettare che si calmino le acque piuttosto che buttare benzina sul fuoco.

Ma se errore c’è stato, se “violazione di regole” e spamming ci sono stati, forse vale la pena di trovare le cause principali che spingono all’azione molti “spammer per caso” o per disperazione.

Prendiamola alla larga: anni fa, attraversando a piedi Piazza Barberini a Roma (praticamente bloccando tutto il traffico), venni fermato da un vigile che con tono severo così mi apostrofò: “Lei è in contravvenzione”. E la mia risposta, allontanandomi, fu “ok, mi prenda la targa che ho fretta”. Il vigile si mise a ridere. “Siamo in Italia”, pensai.

Molto spesso le regole, in quel caso il codice della strada, riguardano anche chi si trova a circolare a piedi e senza patente nel mezzo di una strada. Ma così come un ciclista sa che si deve fermare con il rosso o tenere la destra, pur non avendo la patente, allo stesso modo i pedoni sono obbligati a rispettare quelle regole pur non avendo la targa.

Internet, che viene spesso definita “autostrada telematica”, ha le sue regole ed il suo “codice della strada”. Senza, ci sarebbe più traffico, più ingorghi, e le macchine passerebbero sui marciapiedi pieni di pedoni.

Poche regole ancora, in corso d’opera molte, inattuabili altre. Il rispettarle ed il conoscerle è un dovere per ogni navigatore o Webmaster proprio per la vastità delle dimensioni della Rete, per il potere intrinseco di alcuni mezzi disponibili in Rete e per le potenzialità negative sopite nell’uso errato di alcuni strumenti messi a disposizione dalla Rete, spesso gratuitamente.

Sarebbe impensabile ad esempio emigrare in un paese sconosciuto ed aprire una qualsiasi attività senza informarsi, rispettare e tener conto della legislazione vigente, della moneta corrente, e persino degli usi e costumi, perché no.

Allo stesso modo Internet, o per meglio dire le infinite reti che lo compongono ed i milioni di utenti che si connettono tramite esso, esige lo stesso rispetto, la stessa conoscenza necessaria per i primi passi come per qualsiasi attività più o meno interagente col resto del Web, sia la messa on line di un sito che la sua pubblicità, sia l’invio di una email.

L’invio in massa di email, fenomeno antipatico meglio conosciuto come “Spamming”, nel Web italiano sta assumendo dimensioni insopportabili, come peraltro più volte segnalato da Punto Informatico. Tenendo come caso isolato (e speriamo che lo sia) lo Spam Bonino, negli ultimi mesi tra negozi on line, servizi di newsletter incontrollati ed incontrollabili, catene di Sant’Antonio tra orsi cinesi e variazioni sul tema delle campagne elettorali chiunque si sente in diritto di fare spamming, senza rendersene conto a volte, in buonafede, senza sapere bene cosa sta facendo.

Le pagine antispam di Leonardo Colinelli sono una vera e propria miniera di informazioni e citazioni, riferimenti a legislazioni e contengono molti link utili per capire cosa è lo spam, come difendersi e soprattutto perché non va fatto.

Il ragionamento base di Colinelli, che mi trova perfettamente d’accordo e che ripubblico sperando di far cosa gradita (purtroppo sul sito, ovviamente, non ho trovato nessuna email per contattarlo!) è questo: “Molti pensano a internet come ad una grande struttura di tutti e di nessuno, qualcosa di pubblico come potrebbe essere la strada. Nulla è più sbagliato di ciò: internet è semplicemente l’interconnessione di un gran numero di reti private, ciascuna delle quali ha un ben preciso proprietario. Questo va sempre tenuto presente come base di partenza per ogni ragionamento.”

Il ragionamento base di Gaetano Della Gatta, comune a moltissimi che si affacciano al Web e rimangono affascinati dalla vastità e dalle potenzialità, è questo: “Credevo che Internet fosse una grande finestra sul mondo. Credevo che coloro che navigano fossero tutti uniti dalla stessa passione”. (continua)


Aggiungiamo a questo i luoghi comuni sul Web e dintorni, di cui anche i pubblicitari un giorno dovranno rispondere; posso comunicare col mondo, pubblicare un sito ed essere visto da milioni di persone, conoscere nuove persone, si fa tutto gratis, le email non costano nulla e dall’Italia posso persino scambiare facilmente email con gli aborigeni (ma come diceva Corrado Guzzanti: “a abborigeno.. ma io e te che cxxx ci dobbiamo dire?”).

Lo spamming, però, non è un dialogo, né una conversazione. Molto spesso, nella maggioranza dei casi, è un invasione a senso unico. Il contenuto, purtroppo, proprio a causa dell’enorme mole di email non desiderate, ormai ha perso di significato.

Se qualche anno fa una email di una sconosciuta madre disperata o di uno sconosciuto caso umano, sanitario, ecologico, poteva catturare la mia attenzione, ora va automaticamente nel cestino insieme ai Tantra della felicità, gli orsi cinesi e i subnotebook in offerta speciale.

I “Gaetani” quindi non solo non conoscono bene i contratti che hanno sottoscritto (con il provider d’accesso internet, con chi fornisce domini e spazio Web) ma ignorano la realtà dei fatti ingenuamente pensando che il significato, il contenuto, arrivi a destinazione a prescindere dal mezzo.

Per farlo, dunque, molti utilizzano un mezzo, l’email, che esiste in funzione di una comunicazione personale, diretta. Intromettersi in una casella privata, di uno sconosciuto, quale che sia la causa scatenante o la gravità del problema, ormai ha un effetto controproducente e soprattutto anticomunicativo.

E ‘ pur vero che la reazione di fronte a certi spamming a volte è eccessiva, e ci sono veri e propri “cyberavvoltoi” appollaiati sui Newsgroup in attesa che qualcuno infranga qualsiasi regola di Netiquette. Ma è anche vero che traversando la strada col rosso, fuori dalle strisce, è pericoloso e si rischia di essere investiti. Ed essere sepolti sapendo di avere torto.

Sui costi e sul gradimento dello spamming inoltre i dati parlano chiaro. Una ricerca del Gartner Group ha rilevato che l’84 per cento dei navigatori (americani) riceve spamming, ed il 60 per cento “lo disprezza molto”. C’è persino un 3 per cento che l’adora.

In totale, il 30 per cento della posta transitata nel 1999 sul megaprovider America Online era costituito da posta indesiderata, da lettere dunque inviate da persone o aziende che non conoscono nessuno a persone che non conoscevano e non volevano probabilmente conoscere quella persona o azienda (comunque non in quel modo).

Non è folle? Un messaggio su tre quindi non è comunicazione, ma informazione forzata, con affrancatura a carico del destinatario. Non bisogna dimenticare mai infatti che il costo dello spamming ricade su chi riceve.

Se in mezzo a tutto lo spamming commerciale ci si mettono, come ci si sono messi, gli orsi ed i bancari licenziati senza giusta causa, il problema è che l’informazione, l’informazione forzata, ne risulta distorta e confusa: è praticamente impossibile ormai scindere l’oro dalla latta.

I mezzi per comunicare in Rete esistono, anche senza scatenare zelanti cecchini della rete (che perlatro non fanno niente più che “far rispettare la legge” anche se qualcuno, esagerando i toni, arriva ad assumere i toni di uno sceriffo).

Ma i responsabili sono anche altrove. Se lo spamming può causare la perdita dell’assegnazione di un dominio, che questa conseguenza sia resa chiara, e ben evidenziata, nei contratti di servizio che occorrono per utilizzare quel dominio o per registrarlo. Se lo spamming può causare addirittura la chiusura di un account email che questo sia ben evidenziato nei contratti dei provider. Questi, a volte, se la cavano con microvademecum e “Netiquette Bignami”.

Il primo provider italiano, nel ricordare la Netiquette, scrive soltanto: “Quando si entra in un nuovo newsgroup o in una nuova lista di distribuzione via posta elettronica, è bene leggere i messaggi che vi circolano per almeno un paio di settimane prima di inviare propri messaggi: in tale modo ci si rende conto dell’argomento e del metodo con cui lo si tratta in tale comunità”. Poi scrive: “Non si possono inviare messaggi pubblicitari e/o comunicazioni che non siano stati richiesti (spam, lettere a catena, es. la comune catena di S. Antonio)”.

Ma quel provider non scrive che se si viola la Netiquette, se si fa spamming “per disperazione” o per sbaglio si rischia la chiusura del proprio account, del proprio sito Web. Si limita infatti ad un generico e banale: “Ricordiamo che chi compie un crimine elettronico è punibile dalla legge. Ecco perché è bene tenere presente anche alcune regole nella comunicazione”.

Quale crimine? Quali leggi? Se esistono già le leggi, le regole, che siano chiare a chi si abbona, a chi pubblica, a chi usa il più grande canale mediatico gratuito disponibile a tutti. Altrimenti teniamoci stretto il vecchio e caro tasto “Delete”, premerlo una volta in più non sarà un dramma.

Luca Schiavoni

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Pubblicato il
14 ott 2000
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