Apple/ MacOS X, le prime impressioni

Apple/ MacOS X, le prime impressioni

Diamo uno sguardo alla versione beta del nuovo sistema operativo di Apple, scoprendo le sue origini Unix e i cambiamenti ai quali dovranno abituarsi gli utenti della Mela
Diamo uno sguardo alla versione beta del nuovo sistema operativo di Apple, scoprendo le sue origini Unix e i cambiamenti ai quali dovranno abituarsi gli utenti della Mela


Finalmente dopo tante voci, progetti, notizie più o meno indiscrete (e soprattutto dopo tanti anni), Apple presenta ai suoi utenti una beta pubblica di quello che sarà il suo futuro sistema operativo. Noi di Plug-In le abbiamo già dato un’occhiata approfondita e abbiamo cercato di capire perché vi sia un così grande interesse intorno a questo nuovo sistema, non solo da parte degli utenti Apple, ma anche da parte degli utenti PC, che a gran voce reclamano una versione anche per piattaforma Intel.

Per chi non ha le idee chiare sull’argomento, diamo una breve panoramica sull’architettura di MacOS X. Il kernel (nome in codice Darwin) è basato su UNIX BSD ed è (pur con qualche restrizione) Open Source. Un “cuore” del genere assicura stabilità, memoria protetta, multitasking preemptive e supporto multiprocessore. Proprio il fatto che il kernel derivi direttamente da UNIX, potrebbe consentire ad Apple di rilasciare una versione completa del sistema anche per piattaforma x86 (argomento sul quale non mi soffermo essendo già stato ampiamente trattato).

Appena sopra il kernel troviamo i tre motori grafici, che essendo direttamente integrati nel sistema assicureranno prestazioni ottimali: QuickTime, OpenGL e Quartz. Quest’ultimo è un motore grafico basato sul PDF, e grazie al suo livello di integrazione permetterà agli utenti di MacOS X di lavorare nativamente con questo tipo di documenti: da qualsiasi applicazione, per esempio, è possibile scegliere di salvare il documento in formato PDF.

Ci sono poi tre classi di librerie: Classic, Carbon e Cocoa. Le librerie Classic permetteranno di far funzionare sotto MacOS X le vecchie applicazioni in un ambiente emulato: tutto ciò che gira sotto MacOS 9 potrà essere utilizzato sotto MacOS X in questa modalità.
Le Carbon sono delle librerie “di transizione”; le applicazioni “carbonizzate” gireranno nativamente sotto MacOSX sfuttandone le nuove caratteristiche senza rendere troppo arduo il compito dei programmatori.
Cocoa invece rappresenta una nuova classe di librerie per una preogrammazione completamente a oggetti: teoricamente chi dovesse scrivere un’applicazione partendo da zero dovrebbe riuscire ad ottenere il meglio dal sistema proprio appoggiandosi a queste librerie.

Infine troviamo AQUA, la nuova interfaccia grafica utente (GUI), la prima cosa che si troveranno di fronte gli utenti e con la quale dovranno interagire. Per arrivare ad ammirarla si dovrà installare la beta pubblica del sistema operativo, una procedura che su un iMacDV è stata veloce e senza intoppi, nella solita semplicità che ha fatto la fortuna di Apple.

All’avvio, più rapido rispetto al sistema attuale, si inseriscono la login e la password definite durante l’installazione (in perfetto stile UNIX) e ci si ritrova finalmente di fronte alla nuova interfaccia. AQUA è molto pulita e piacevole da vedere, ma anche molto differente da quella alla quale erano abituati gli utenti Macintosh. La prima cosa che salta all’occhio è che la scrivania è completamente vuota: i volumi non sono più montati direttamente sul desktop, e il cestino si è spostato nel Dock. Quest’ultimo è una sorta di “deposito” dove possiamo posizionare applicazioni e documenti, tutti richiamabili con un semplice click; al passaggio del mouse i vari elementi posizionati nel Dock si ingrandiscono con un piacevole effetto. Dalle preferenze del desktop è possibile comunque limitare o disattivare questo effetto, così com’è possibile impostare le dimensioni del Dock e anche di tutte le altre icone. A tal proposito possiamo osservare che le icone possono avere dimensioni enormi, fino a 128×128 pixel e sono realizzate con una cura tale da sembrare delle piccole fotografie. Altro effetto gradevole del Dock è quello della deformazione delle finestre, che quando vengono minimizzate sono letteralmente “risucchiate” nel Dock (effetto visibile anche al rallentatore premendo il tasto shift). Sempre dal Dock è possibile accedere direttamente a tutte le preferenze del sistema, che sono raccolte in un unico e comodo pannello.

Vediamo ora cosa manca rispetto al MacOS classico. Manca il menù mela, che idealmente si potrebbe immaginare trasfigurato nel Dock; il menù mela però era decisamente più comodo in quanto (pur mancando di effetti speciali) poteva essere organizzato in maniera gerarchica, con varie cartelle e sottocartelle. Il mio menù mela, per esempio, contiene gli alias (quelli che Windows chiama collegamenti) a tutte le applicazioni principali, divisi in varie sottocartelle a seconda del tipo di applicazione; si tratta di una quarantina di elementi divisi in base a una determinata gerarchia, e mi pare impensabile poterli inserire tutti nel Dock… costituirebbero una fila interminabile…
Altra mancanza è la striscia di controllo che permetteva di cambiare in maniera immediata alcune impostazioni di sistema (colori e risoluzione dello schermo, collegamenti in rete, volume,…). E’ pur vero che tutte le preferenze di sistema sono richiamabili da un unico elemento presente nel Dock, ma la striscia di controllo permetteva un cambio più immediato.
Come accennato prima, un’altra grande differenza rispetto al sistema classico è il Finder; i volumi non sono più montati direttamente sul desktop (fanno eccezione i volumi esterni come CD-ROM e Zip) e la navigazione tra cartelle e file avviene in una finestra che a qualcuno potrebbe ricordare l’Esplora risorse di Windows, ma che in realtà deriva da un’altra creatura di Jobs: il NEXT. Tra le varie viste possiamo infatti scegliere una comoda visione per colonne che ci consente di avere sempre sott’occhio l’intero percorso che ci conduce a un file. Inoltre grazie ad alcuni polsanti è possibile accedere direttamente ad alcune cartelle principali: dischi, applicazioni, preferiti, ecc…
Simpatica novità è l’introduzione di uno screensaver di sistema; nella beta è presente un solo modulo ma molti altri si possono scaricare da Internet.

In definitiva la nuova interfaccia è completamente rivoluzionata e costringerà gli utenti a cambiare le loro abitudini. Molte cose sono più comode e consentono una gestione più efficiente del sistema. Molte altre però richiederanno un certo adattamento oppure dei piccoli trucchetti… Ad esempio, se è vero che i dischi non sono più montati sul desktop, è altrettanto vero che sul desktop possiamo crearne degli alias, un po’ come succede in ambiente Windows. Se la mancanza di menù mela e striscia di controllo si fa sentire con insistenza, c’è chi ha già pensato a ricrearli e a metterli a disposizione di tutti.


Al di là dell’interfaccia, alla quale ci si può abituare dopo pochi giorni di lavoro, vediamo com’è cambiato l’intero sistema. Abbiamo detto che il kernel deriva direttamente da UNIX, ed effettivamente navigando tra i file del sistema si può scoprire un’organizzazione di cartelle che lascia sicuramente spaesati: Administrator, Users, Library, Carbon,… Spero che l’efficienza del sistema sia tale da non dover mai mettere le mani in questi file, perché sistemare l’attuale cartella estensioni (forse l’unica cartella che può dare problemi sul MacOS attuale) è una cosa alla portata di tutti, mentre mettere le mani su un sistema UNIX sarà un “pochettino” più complicato.
Devo comunque ammettere che avendo scaricato e installato vari programmi da testare, non ho mai riscontrato nessun problema. Inoltre MacOS X è provvisto anche di un’utility che gestisce in modo efficiente le installazioni e le disinstallazioni delle applicazioni.

Un altro elemento che tradisce le origini del sistema è la presenza di varie utility caratteristiche dei sistemi UNIX, tra cui un vero e proprio terminale, applicazione che sarà inutile per molti ma che farà la gioia di molti altri.
Per quanto riguarda le prestazioni occorre premettere che la versione beta (oltre che essere una beta) è compilata in debug-mode; questo significa che le prestazioni non sono ottimizzate, in quanto ogni operazione viene monitorata da componenti aggiuntivi che nella versione finale non ci saranno. Detto questo possiamo osservare che tutti gli effetti dell’interfaccia sono estremamente fluidi, mentre il sistema mostra una certa lentezza nel lancio delle applicazioni. Una volta lanciate però le applicazioni rispondo bene, i filmati QT non perdono frame anche se spostiamo la finestra o se ascoltiamo un MP3 in sottofondo, e neppure se da una finestra del Finder osserviamo l’anteprima di un altro filmato.
La stessa sensazione di velocità si può provare navigando in internet, sia con l’immancabile Explorer 5 (che adesso se dà problemi si può “killare” senza rischiare di compromettere l’intero sistema), sia con il migliore Omniweb.



Veniamo ora al vero punto cruciale del sistema, ovvero al supporto che sarà dato da chi sviluppa le applicazioni, perché un sistema operativo senza applicazioni non serve a molto… (pur restando valido il discorso che tutte le applicazioni attuali potranno girare in un ambiente emulato).

Il mondo dello freeware e dello shareware è già in fermento, e ogni giorno escono nuove applicazioni che girano nativamente sulla beta di MacOS X (basta visitare il sito www.versiontracker.com ). Questo significa che il sistema è già visto di buon occhio e che molti stanno già usando la beta di MacOS X come loro sistema principale. Ci sarà un ulteriore grande sviluppo, anche in applicazioni più professionali, quando a breve saranno disponibili versioni di RealBasic e Codewarrior che compileranno direttamente applicazioni “carbonizzate”. Non bisogna poi dimenticare che il sistema è fondamentalmente uno UNIX, e che con qualche modifica e una ricompilata, la maggior parte delle applicazioni UNIX e Linux potrà essere messa a disposizione anche degli utenti di MacOS X.

Una delle principali lamentele di chi ha provato la beta è la mancanza di driver per le comuni stampanti; Epson, HP e Canon hanno già detto che supporteranno il nuovo sistema, ma obiettivamente era impensabile che si mettessero a sviluppare dei driver per un versione beta di un sistema operativo, impegnando risorse in un prodotto non ancora definitivo. Tra gli altri grandi nomi che hanno già annunciato il loro supporto troviamo Adobe, Avid, alia, IBM, Macromedia, Palm, Sun (visto anche il supporto nativo di Java 2 in MacOS X) e molti altri, Microsoft compresa…

In conclusione possiamo affermare che Apple si prepara a compiere una grande svolta; le opinini dei Mac-User che si leggono nei vari gruppi di discussione sono a volte contrastanti, ma forse a molti è sfuggito il fatto che con questo nuovo sistema Apple sta rendendo facile anche la gestione di un sistema UNIX. Forse all’inizio non sarà facile per tutti abituarsi a nuovi metodi di lavoro, ma è solo questione di tempo: quando tutte le principali applicazioni saranno disponibili nativamente per MacOS X e ci si renderà conto delle grandi potenzialità di tale sistema, sarà difficile resistere alla migrazione.

Domenico Galimberti

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
15 ott 2000
Link copiato negli appunti