AOL, Time Warner ti fa ciao

AOL, Time Warner ti fa ciao

Nomine al vertice e risultati in calo per quello che un tempo era il più grande provider del mondo. E che oggi è pronto a cambiar pelle e, forse, padrone
Nomine al vertice e risultati in calo per quello che un tempo era il più grande provider del mondo. E che oggi è pronto a cambiar pelle e, forse, padrone

Non è bastato l’arrivo di Tim Armstrong da Google, nominato CEO e presidente di quello che un tempo era noto come America On Line: AOL, provider da quasi 30 milioni di abbonati (fino a qualche anno fa ) registra un trimestre in calo e dimostra di essere uno dei pezzi meno brillanti dell’agglomerato da miliardi di dollari chiamato AOL Time Warner. E le voci di uno spin-off , di un benservito che i padroni dei Warner Studios e di una manciata di canali via cavo di successo negli USA si apprestano a dare ad un business stagnante, si moltiplicano.

La fusione di AOL e Time Warner, avvenuta nel 2000 , era stata salutata da molti come il primo passo verso una Internet diversa: unire chi produce contenuti, dal cartaceo al video, a chi quei contenuti è in grado di veicolarli a milioni di abbonati era sembrata una scelta vincente. Unendo a questi incroci pure la possibilità di guadagnare soldi con la pubblicità, anche grazie ad un accordo con Google, la faccenda avrebbe potuto prendere il volo: e invece AOL ha iniziato il suo declino avendo mancato di prendere il treno della banda larga , Warner si è concentrata nella produzione dei contenuti traendone benefici economici consistenti ma sviluppando poco le sinergie con la sua consociata.

Il risultato è stato sotto gli occhi di tutti al volgere della scorsa settimana, quando AOL Time Warner ha annunciato i risultati trimestrali: le TV via cavo (tra cui la più famosa è senz’altro HBO) vanno discretamente, così come le attività legate alla celluloide. Time Warner Cable è stata scorporata mesi addietro, e ha fruttato un bonus di bilancio di 9 miliardi di dollari, il publishing e AOL pur in attivo vedono i loro fatturati ridimensionati ( complice , ovviamente, la crisi economica mondiale che tuttavia non ha impedito a Google di registrare una contenuta crescita): ed è la stessa AOL Time Warner, in una comunicazione alla SEC (l’ente che sovrintende la Borsa USA) a chiarire che è in corso una valutazione per comprendere se non convenga separare le due attività e andare ognuno per la propria strada. Non che si tratti della prima volta che questa idea inizia a circolare.

In questo senso, la nomina di Tim Armstrong (ex-Google con un curriculum non da poco nell’advertising), e l’arrivo di un suo ex-collega sempre dai lidi di Mountain View, sono forse proprio la manifestazione più evidente di un cambio di rotta: il futuro di AOL non sta tanto nell’offrire servizi a pagamento legati alla connettività, ormai in disarmo , quanto nella vendita di spazi pubblicitari sul portale AOL.com . Jeff Levick , il nuovo responsabile di Platform-A (vale a dire la struttura che si occupa di pubblicità su AOL), con la sua precedente esperienza dentro BigG da esperto di numeri e marketing potrebbe essere l’uomo giusto per rilanciare questo settore. Da notare che Levick sostituirà nelle prossime settimane Greg Coleman, ex-Yahoo!, in carica da meno di tre mesi.

L’idea che affiora dalle considerazioni degli addetti ai lavori è la seguente: AOL, separata da Time Warner, si concentrerà sulla vendita di spazi pubblicitari nel suo portale . Levick, facendo appello alla sua esperienza nell’analisi del traffico e dell’anagrafica degli utenti, garantirà la migliore valorizzazione possibile del pacchetto AOL per gli investitori, Armstrong oltre che da CEO e presidente fungerà anche da venditore della piattaforma: America On Line sarà definitivamente un portale di aggregazione di contenuti, completando una transizione per certi versi simile a quella che affronta Yahoo!, Time Warner si potrà concentrare sulla creazione di contenuti. Attività, quest’ultima, dimostratasi piuttosto remunerativa.

Per il resto, sulle decisioni strategiche sulle mosse future che AOL Time Warner, e AOL in particolare dovranno affrontare, Armstrong è rimasto piuttosto sul vago: occorrerà un po’ più che dichiarare che “grandi giornate” si prospettano per “un grande team composto da gente fantastica”, ma è certo che il cambio di pelle di AOL dimostra che su Internet non sempre tutto e scontato. E che, anzi, molto spesso occorre adattarsi alle novità e alle nuove tecnologie emergenti per fiorire o, più semplicemente, sopravvivere.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
4 mag 2009
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