Australia, non tutti gli ISP sono setacci

Australia, non tutti gli ISP sono setacci

Sono sei i provider che parteciperanno alle sperimentazioni per epurare la rete. I colossi della connettività australiana si chiamano fuori: no ai servizi depotenziati se si ottengono in cambio violazioni alla libertà di navigazione
Sono sei i provider che parteciperanno alle sperimentazioni per epurare la rete. I colossi della connettività australiana si chiamano fuori: no ai servizi depotenziati se si ottengono in cambio violazioni alla libertà di navigazione

I principali provider australiani non ci stanno: non sono disposti a trasformare i propri utenti in cavie su cui sperimentare i filtri di stato . Sono sei gli ISP che procederanno alla prima fase del pilota pubblico che metterà alla prova il disegno con cui l’Australia vuole ripulire la rete.

Primus Telecommunications, TECH 2U, Webshield, OMNIconnect, Netforce e Highway 1: questi i provider che il governo ha investito del compito di tentare di somministrare ai netizen connettività setacciata . I test dureranno non meno di sei settimane : i filtri verranno attivati dai netizen su base volontaria . Agiranno sui contenuti illegali, identificati in 1090 URL annoverate in una lista nera stilata dalla Australian Communications and Media Authority , e sui contenuti che le autorità ritengono possano risultare indesiderati.

“Il progetto pilota ci fornirà delle prove raccolte sul campo in merito all’impatto dei filtri sui provider e sugli utenti” ha spiegato il ministro delle Comunicazioni Stephen Conroy. Delle sperimentazioni sono già state avviate nei mesi scorsi senza coinvolgere i cittadini della rete: hanno restituito un quadro poco confortante , fatto di banda ristretta e di un numero cospicuo di falsi positivi. Ma il governo australiano ha investito il corrispettivo di 163 milioni di euro nel progetto e non intende rinunciare ad implementarlo: per questo motivo, nonostante le proteste e le false partenze , si sono individuati i provider disposti a collaborare.

Il governo è pienamente consapevole dei rischi: proprio per questo motivo, spiegano le autorità, c’è necessità di sperimentare. L’opposizione diffida: il governo, affonda il ministro ombra Michin, “non sa nemmeno dirci quanti utenti parteciperanno e quando le sperimentazioni prenderanno davvero il via”.

Gli ISP che servono la maggior parte dei cittadini della rete australiani si sono tirati indietro : c’è chi ha esercitato ostruzionismo e chi si è timidamente fatto da parte. Le motivazioni delle esitazioni risiedono nel mancato bilanciamento tra opportunità e imprevisti: i filtri che trattengono i contenuti illegali sono irrevocabili , i filtri che dovrebbero proteggere i cittadini più sensibili imbrigliano contenuti che potrebbero contribuire al dibattito della società civile. I provider non sembrano disposti ad attentare al diritto dei cittadini di informarsi e di informare , non sembrano disposti a implementare delle briglie che rischiano di intaccare la qualità dei servizi offerti agli utenti. A maggior ragione se i filtri rischiano di risultare completamente inefficaci .

Ma da uno degli ISP che prenderà parte alla sperimentazione giunge l’invito a non disertare: “se gli altri provider sono contro i filtri – li ha pungolati un rappresentante di Primus – il miglior modo per far sentire la loro voce è partecipare: non possono sbaragliarli se prima non li hanno provati”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
13 feb 2009
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