Googleshades

Googleshades

di Marco A. Calamari - La percezione della realtà della rete sta cambiando e si modella sulle necessità, le esigenze e le priorità di multinazionali che con il search la rendono più accessibile. Ma accessibile a modo loro
di Marco A. Calamari - La percezione della realtà della rete sta cambiando e si modella sulle necessità, le esigenze e le priorità di multinazionali che con il search la rendono più accessibile. Ma accessibile a modo loro


Roma – Google, oltre ad essere il comodissimo strumento di ricerca che tutti ormai conoscono, continua ad espandersi aggiungendo sempre nuovi servizi. Gli annunci che si susseguono a distanza di pochi mesi hanno quasi creato un’assuefazione alla novità. In effetti alcuni di questi servizi sono fortemente innovativi ed utili, anche se rappresentano punti di raccolta di dati personali che sono preoccupanti per dimensione, pervasività e impercettibilità . Ma una digressione sulla privacy, ancorchè sia un tema ricorrente in questa rubrica, non spiegherebbe il titolo di oggi.

“Mirrorshades” (Occhiali a specchio) è il titolo di una famosissima antologia cyberpunk di Bruce Sterling, che prende il nome dal racconto “Mozart in mirrorshades”.

La letteratura Cyberpunk tratta spesso i temi del mondo del futuro prossimo e del mondo della Rete e delle intelligenze artificiali; un altro tema importante è quello della percezione della realtà, come vista appunto attraverso un paio di occhiali particolari. Altri autori americani di fantascienza hanno fatto della percezione della realtà e delle realtà alternative i cardini della loro opera, Philip K. Dick in testa.

Dipendiamo sempre di più dalle informazioni, non solo per la nostra vita in Rete ma anche per la vita di tutti i giorni. Strumenti molto potenti ed efficaci come il motore di ricerca di Google, Google News, Froogle, Google Maps e compagnia cantando, utilizzati per la loro efficacia e gratuità, dovrebbero essere osservati con attenzione e messi in discussione dove impattino in maniera crescente sulla vita delle persone.

Google è l’apice delle aziende.com (ed anche, insieme ad eBay, una delle poche sopravvissute). Rappresenta per i suoi clienti e partner, grazie ad un colpo di fortuna iniziale e ad una creativa, attenta ed intelligente evoluzione guidata, il massimo in termini di utilità, public relation, immagine aziendale, gratuità, fonti di reddito.

Tralasciamo per oggi le implicazioni commerciali e della privacy, a favore delle funzioni di indicizzazione e ricerca del web, delle news e dei blog.

Sono funzionalità di elevata qualità ed utilissime; la sensazione che se ne ricava è che siano create e gestite da saggi (e santi?) che agendo con totale efficacia ed imparzialità si caricano sulle spalle le fatiche (di ricerca) del mondo a favore di tutti. Ma seppur dando per acquisite e durature saggezza e qualità, cosa dire dell’imparzialità? E’ lecito aspettarsela da un’azienda, per sua natura orientata al profitto dei suoi azionisti?

In ogni caso diamo per acquisite nel caso di Google la competenza tecnica, i poteri e l’assoluta dedizione al bene dell’umanità, e torniamo al problema della percezione della realtà.
Chi naviga in Rete da prima del web ricorderà la fatica che la ricerca manuale delle informazioni richiedeva; il fascino dell’esplorazione e della scoperta che si vivevano erano solo una parziale ricompensa, mentre la bontà della ricerca era direttamente proporzionale al tempo che le veniva dedicato.

Poi è arrivato il web, e la ricerca manuale attraverso non file ed informazioni testuali ma pagine con link è diventata più facile ed istruttiva, anche se la proporzionalità tra sforzo e risultato restava sempre valida.
Ed infine i motori di ricerca, dapprima approssimativi e limitati, poi sempre più performanti, fino ai colossi di oggi, pieni di funzionalità e di pubblicità.

Ci hanno affrancato da molto lavoro di routine, certamente, e la potenza e la comodità di avere la Rete “indicizzata” sono fantastiche. Ma la percezione della realtà della Rete ne è inevitabilmente alterata. La Rete non è “cio’ che si vede facendo ricerche con Google”. Google non puo’ indicizzare tutto; ci sono contenuti al di la delle sue possibilità presenti e future.

Ma l’accesso parziale ai contenuti non è il problema principale; il problema principale è la percezione della realtà.

Noi vediamo la Rete non con i nostri occhi ma con quelli di Google, o del motore di ricerca utilizzato; ne sfruttiamo l’immensa acutezza visiva, ma adottiamo di conseguenza anche il suo punto di vista, le sue modalità percettive, le sue e le altrui opinioni.

Paragone fantasioso?

Ma il page ranking, ovvero l’algoritmo (supposto “oggettivo”) che decide in che ordine presentare i risultati, non è una modalità percettiva? La sponsorizzazione ed il ranking dei risultati in funzione dei cosiddetti “inserzionisti” non sono “opinioni”? Ed i filtri per le parole ed i siti sgraditi al governo cinese non sono “opinioni altrui”?

La percezione della Rete esplorata con i motori di ricerca è giocoforza limitata e distorta; è appunto come quella data da un paio di occhiali colorati e di campo visivo limitato.

I nuovi servizi georeferenziati di Google aprono ulteriori possibilità di ricerca, e quindi anche di manipolazione della ricerca; quando sarà pienamente funzionante il servizio di ricerca di prodotti con georeferenziazione dei negozi che li vendono, Google impatterà anche sulla percezione della realtà al di fuori della Rete. Non vedremo più il fruttivendolo sotto casa, e quello che si è registrato su Google ci sembrerà più vicino.

E’ importante quindi considerare queste limitazioni sia in rete che fuori ed evitare l’errore di chi guarda documentari alla tv piuttosto che viaggiare di persona, convincendosi di conoscere in questo modo qualcosa di più sul mondo. Altrimenti, oltre a perdere opportunità di conoscenza, potremmo finire col trovarci sul naso gli occhiali col colore deciso dai potenti di turno.

Marco A. Calamari

I precedenti interventi di M.A.C. sono disponibili qui

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Pubblicato il
25 nov 2005
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