Copyright Java, appello al via

Copyright Java, appello al via

Prende il via la nuova fase della contesa tra Oracle e Google sul copyright di Java e l'uso che Mountain View ne ha fatto per Android. È illegale sostiene Oracle. È fair use, continua a rispondere Google
Prende il via la nuova fase della contesa tra Oracle e Google sul copyright di Java e l'uso che Mountain View ne ha fatto per Android. È illegale sostiene Oracle. È fair use, continua a rispondere Google

Il già annunciato appello di Oracle contro la decisione di scagionare Google dall’accusa di violazione del copyright entra nel vivo, con i giudici e la corte impegnati ad ascoltare le argomentazioni di accusa (Oracle) e difesa (Google) nel tentativo di stabilire la verità sulla virtual machine e le API Java integrate in Android.

Oracle ha chiesto e ottenuto la celebrazione di un appello dopo aver perso su tutta la linea in primo grado: il giudice William Alsup aveva inizialmente stabilito l’esenzione dal copyright delle librerie Java incriminate, assolvendo Google – le cui infrazioni al codice protetto dal diritto d’autore erano trascurabili e coperte dal fair use – e imponendo a Oracle persino il pagamento delle sostanziose spese legali sostenute da Mountain View.

Nel nuovo processo, il colosso dei database relazionali sostiene che Google “ha preso la parte più importante e interessante” delle API Java per creare Android, Mountain View ha estratto codice in maniera certosina usandolo per i propri scopi e lo ha fatto per “sfruttare la base utenti di Oracle”.

Nel processo sono entrati anche i nomi di Apple e Microsoft, con il giudice Judge Kathleen O Malley impegnato a chiedere ai legali di Google se, stando alla sentenza di Alsup, Mountain View fosse autorizzata a usare gratuitamente anche le API sviluppate dai suoi due succitati competitor.

La risposta dell’avvocato Robert Van Nest è stato un “sì” condizionale: Google può usare liberamente le API ma “solo nella struttura dei comandi”, ha sostenuto Nest, mettendoci di suo la riscrittura di milioni di linee di codice esattamente come avvenuto nel caso dei 15 milioni di linee contenute nei sorgenti “originali” di Android. La parola passa ora alla corte, che non esprimerà un giudizio se non tra qualche mese.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
5 dic 2013
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