Google geolocalizza sporco?

Google geolocalizza sporco?

Skyhook accusa Mountain View di violazione di proprietà intellettuale e di interferenza contrattuale: avrebbe sfruttato Android per imporre la propria tecnologia e tagliare fuori la concorrenza
Skyhook accusa Mountain View di violazione di proprietà intellettuale e di interferenza contrattuale: avrebbe sfruttato Android per imporre la propria tecnologia e tagliare fuori la concorrenza

Skyhook Wireless ha fatto causa a Google per violazione di brevetti e corrispettivi contratti relativi alla geolocalizzazione: non solo sono stati citati quattro brevetti sulla tecnologia che permette di individuare la posizione di un dispositivo accedendo agli hot-spot WiFi, ma la situazione è complicata dal fatto che Skyhook avrebbe stipulato un contratto per l’utilizzo di quelle tecnologie sui dispositivi Motorola. Essendo questi dispositivi operanti con Android, Mountain View avrebbe fatto pressione per vedere utilizzato Google Location Service .

Skyhook sta adesso lavorando su due fronti: ha depositato presso la Corte Superiore del Massachusetts la denuncia per interferenza contrattuale e si è poi rivolta alla Corte Distrettuale sempre del Massachusetts per violazione di quattro suoi brevetti chiedendo in questo caso i danni e l’interdizione per Mountain View all’utilizzo del proprio sistema di localizzazione WiFi.

Le due sono in concorrenza diretta per quanto riguarda la fornitura di tecnologie di geolocalizzazione: funzionalità strategica per numerose nuove applicazioni e per gli sviluppi commerciali e pubblicitari a cui questi dati possono far accedere. Basta ricordare l’impegno con cui Google sta rilevando aziende con know how in questo campo come Terracent. A far sentire il fiato sul collo a Skyhook è sia la decisione con cui Google è entrata nel settore, sia una situazione congiunturale non certo positiva: utilizzata da Apple per i suoi dispositivi nel 2008, nella ultima versione dei dispositivi con la Mela è stata abbandonata, tanto da far presumere ad alcuni osservatori che all’orizzonte ci fosse una denuncia di violazione indirizzata a Cupertino e non a Mountain View. Allo stesso tempo anche il contratto con Motorola non sembra rendere quanto atteso e così le brutte sensazioni sono diventate un pericolo reale per il futuro business dell’azienda.

Nel caso di violazione di proprietà intellettuale ad essere coinvolti sono i brevetti 7,414,988 , 7,433,694 , 7,474,897 e 7,305,245 , tutti relativi ad un sistema per calcolare la posizione di un dispositivo basato sulla vicinanza a hotspot WiFi e non sui ripetitori o mediante GPS.

Particolarmente interessante il caso riguardante il contratto firmato da Skyhook con Motorola : dal momento che produce numerosi dispositivi con sistema operativo Android, Google gli avrebbe fatto pressione, nello specifico Andy Rubin vertice della divisione interessata, per abbandonare il concorrente o almeno affiancare nei dispositivi la sua tecnologia di geolocalizzazione a quella Skyhook. Sarebbe arrivata ad aggiungere un nuovo requisito, quello di porre ex post la tecnologia Skyhook in violazione con i termini di licenza di Android.

Tanto ha fatto Mountain View, si legge nell’accusa, che alla fine i dispositivo Motorola sono stati messi in commercio a metà luglio senza le tecnologie della querelante . Fatto che avrebbe avuto conseguenze a catena anche su un altro produttore: Samsung, non nominato ma fatto intuire , che avrebbe anch’essa rinunciato alla tecnologia per cui avrebbe precedentemente firmato un accordo con Skyhook.

L’accusa, insomma, farebbe intuire che Google, concedendo il proprio sistema operativo, imporrebbe anche la sua tecnologia di localizzazione . Un atteggiamento, dichiara il CEO di Skyhook, che “è contraddittorio rispetto al messaggio di apertura” di Google. In particolare per il settore della geolocalizzazione , per cui una clausola di Android imporrebbe l’utilizzo di Google Location Service.

Tutto questo sarebbe costato a Skyhook decine di milioni di dollari di royalty perse e l’impossibilità di ottenere i dati necessari a sviluppare il proprio database. E a Google, un nuovo argomento per cui gli venga rinfacciato il motto Don’t be evil

Sia Google che Motorola non hanno ancora visionato il caso e quindi si sono per il momento astenute dall’esprimere commenti.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
16 set 2010
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