Google, remix a base di semantica

Google, remix a base di semantica

Tante novità sulle pagine di ricerca. Contenuti più ampi, anteprime più succose, ricerche che gli sviluppatori ora dicono siano più precise. E senza dimenticare che anche il portafogli vuole la sua parte
Tante novità sulle pagine di ricerca. Contenuti più ampi, anteprime più succose, ricerche che gli sviluppatori ora dicono siano più precise. E senza dimenticare che anche il portafogli vuole la sua parte

È un cambiamento quasi sotterraneo quello a cui Google sta sottoponendo la panoplia dei suoi servizi di ricerca web, dai contorni un po’ fumosi ma sempre e comunque all’insegna del motto ” a me gli occhi ” tanto caro a Mountain View: il remix riguarda l’interfaccia, le funzionalità e gli algoritmi alla base dell’infrastruttura di rete più significativa da qualche lustro a questa parte.

Soprattutto, occhio agli algoritmi: i risultati di ricerca presentati all’utenza sono ora arricchiti da capacità di contestualizzazione semantica , annuncia Google sul blog aziendale, un fatto che fa sentire il suo peso nell’accresciuta quantità di termini delle “ricerche correlate” presentate in basso nella pagina dei risultati. Dal Googleplex spiegano la funzionalità con l’esempio della ricerca sui “principi della fisica”, query che gli algoritmi remoti interpreteranno e a cui assoceranno altri termini quali “relatività speciale”, “big bang”, “meccanica quantistica” e via di questo passo.

In attesa che si concretizzi la favolistica nuova Internet della conoscenza interconnessa dai significati e non semplicemente da link e keyword, Google accetta la sfida di progetti ambiziosi e discussi come il recentemente presentato Wolfram Alpha di Stephen “Mathematica” Wolfram e innesta “intelligenza” nella sua piattaforma net-cosciente . Questo tenendo bene a mente che la società rimane fedele al suo modello infrastrutturale , in cui la miglior risposta alle esigenze degli utenti non deriva da un solo metodo di ricerca ma da un mix sapiente di keyword, link, semantica e tutto il resto.

Semantica a parte, Google ha in serbo novità anche per l’interfaccia e più in generale le modalità di presentazione dei risultati delle ricerche degli utenti: il breve estratto di testo presentato accanto a ogni risultato, ad esempio, è stato espanso per offrire ai netizen la possibilità di farsi un’idea più precisa su quello che devono attendersi oltre il click sul link corrispondente. Idea lodevole dal punto di vista della praticità e utilità del web search, ma che espone il fianco a qualche critica sulla volontà di Google di tenere l’utente impegnato per più tempo sulle sue pagine piuttosto che sulle quelle dei siti web indicizzati.

Di importanza non triviale risulta poi il potenziale di un prototipo di un nuovo pannello di controllo innestato sulla sinistra dell’interfaccia minimale del motore di ricerca, pannello che ricorda in qualche modo quanto Microsoft sta facendo con Kumo e che dalla sua ha non solo la possibilità di estendere il range di contesti e modalità di fruizione della ricerca (video, forum, recensioni, organizzata per linea temporale e altro ancora) ma anche la cosiddetta “Wonder wheel”, una mini-appliance in tecnologia Flash che presenta i risultati della ricerca in modalità grafica sotto forma di balloon ramificati e navigabili in ogni direzione.

Se infine la funzionalità “nascosta” per la ricerca di immagini in base alla tonalità di colore e quella di indicizzazione degli argomenti trattati su Twitter si rivolgono ancora e soprattutto a chi fa ricerche sul web, il servizio di advertising che vuole diventare “l’AdSense per le immagini” offerto da Pixazza riequilibra il focus sul business pubblicitario puro .

Pixazza, che ha ottenuto finanziamenti per 5,75 milioni di dollari da Google e altri investitori, è in grado di analizzare le immagini messe online da un publisher o da un webmaster di un sito web e individuare i prodotti commercializzati attraverso il suo network, appioppando delle vere e proprie etichette da vetrina di negozio estrapolate grazie al lavoro pregresso di “investigatori” dello shopping volontari.

Dietro il servizio di Pixazza non c’è infatti alcun algoritmo uber complesso o semantico di sorta, ma un vero e proprio lavoro di catalogazione “a base umana” indispensabile se si tratta di individuare un paio di scarpe di marca della collezione primaverile per il 2009 e altri prodotti di tale risma. Il publisher che crea un account sul sito e integra il codice javascript necessario al tagging in tempo reale dei contenuti grafici si imbarca consapevolmente in un’operazione che al momento dà adito a qualche dubbio , sia per quanto riguarda la mera fruibilità di fotografie “etichettate” a destra e a manca che per la mancata partecipazione nel circuito dei ricavi di chi quella foto l’ha scattata in prima istanza.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
26 mar 2009
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