Google Street View, indaga la Procura di Roma

Google Street View, indaga la Procura di Roma

di F. Sarzana di S. Ippolito - L'oggetto del contendere è il reato di interferenza illecita nella vita privata, l'indagine a carico di ignoti. Il quadro, tracciato dal punto di vista di un avvocato
di F. Sarzana di S. Ippolito - L'oggetto del contendere è il reato di interferenza illecita nella vita privata, l'indagine a carico di ignoti. Il quadro, tracciato dal punto di vista di un avvocato

A settembre il Garante Privacy aveva segnalato alla Procura della Repubblica di Roma il comportamento di Google per la “captazione” dei dati compiuta dalle Google Car. Il Garante si era espresso anche in un secondo momento prescrivendo alle Google Cars ed alla stessa Google particolari accorgimenti per tutelare la privacy dei soggetti ripresi nelle immagini messe poi a disposizione della collettività con il servizio Street View. La notizia di oggi è che la Procura della Repubblica di Roma starebbe indagando contro ignoti per interferenze illecite nella vita privata. Laddove gli “ignoti” dovrebbero (ma il condizionale è d’obbligo) riferirsi ai dirigenti di Google.

Per inciso l’iscrizione contro ignoti viene effettuata in genere (anche se non è dato sapere se sia accaduto nel caso specifico) per due motivi ben distinti. Il primo è che, sino a che non si conoscono le “catene” di responsabilità interne alla società, appare azzardato fare nomi ed iscrivere nel registro degli indagati chicchessia. Il secondo è un motivo di carattere probabilmente “utilitaristico”: come è noto, dall’iscrizione del nome di una persona fisica nel registro degli indagati decorrono alcuni termini processuali ai quali i Pubblici Ministeri si devono attenere, e, ritardando tali iscrizioni c’è più tempo per svolgere le indagini senza l’assillo dei termini di chiusura delle indagini.

Detto questo, da un punto di vista procedurale ho trovato molto interessante quanto affermato da Vittorio Zambardino, nel suo blog: “È altrettanto vero che – in modo leale – l’azienda ha confermato le denunce che c’erano state in questo senso. Ed ha ribadito che quelle informazioni saranno eliminate da qualsiasi memoria. Dunque è da qui che parte l’indagine della procura di Roma per interferenza nella vita privata: da una ammissione degli indagati”. Probabilmente Zambardino si riferisce alle affermazioni fatte dalla stessa Google nel corso del procedimento di fronte al Garante, laddove, la stessa società per il tramite dei propri legali, avrebbe fatto delle ammissioni in ordine ad una supposta condotta involontaria di raccolta di dati di terzi.
Non è compito di un legale effettuare commenti a valutazioni difensive compiute da terzi nell’interesse di un proprio cliente, ma viene spontaneo domandarsi il perché sia stato effettuato questo riconoscimento, atteso che, in assenza di qualsivoglia intercettazione operata dalla Procura ovvero di atti cautelari di conservazione dei dati, che si trovano – si ricordi bene – in server esteri, la prova della effettiva “captazione” dei dati sarebbe stata effettivamente complessa da dare.

Così come appare alquanto dubbio il titolo di reato per il quale si starebbe procedendo, ovvero l’interferenza illecita nella vita privata prevista dall’ art 615 bis del Codice Penale che, come dice la parola stessa, si riferisce alla “intromissione” illecita di un terzo nella vita di un individuo nei luoghi di privata residenza, domicilio o dimora. In pratica è quello che succede ad esempio quando un fotografo ci scatta una foto in casa senza chiedere il permesso, mentre tecnicamente, poiché la captazione dei dati sarebbe avvenuta in luoghi pubblici, si sarebbe forse dovuto procedere o per il reato di “Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche” previsto dall’art. 617 quater del Codice Penale oppure per la fattispecie prevista dall’art 617 quinquies del Codice Penale, ovvero per la condotta di “installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche”.

Sembrerebbe una controversia esclusivamente giuridica, eppure la contestazione di una anziché di un’altra fattispecie di reato ha probabilmente conseguenze molto diverse sulla pretesa “involontarietà'” della condotta e quindi sul futuro esito del processo, se mai ce ne sarà uno.

Fulvio Sarzana di S.Ippolito
www.fulviosarzana.it

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Pubblicato il
27 ott 2010
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