IBM brevetta la caccia ai brevetti

IBM brevetta la caccia ai brevetti

Big Blue lavora per scoprire gli spazi non iper-brevettati nel mondo tecnologico e per aumentare - dice - la qualità dei brevetti stessi
Big Blue lavora per scoprire gli spazi non iper-brevettati nel mondo tecnologico e per aumentare - dice - la qualità dei brevetti stessi

IBM, una delle fondatrici della moderna tecnologia dell’informazione e soprattutto la società hi-tech con il maggior numero di brevetti registrati negli Stati Uniti, ha chiesto un brevetto per un sistema di ricerca di nuovi potenziali brevetti : l’idea è scovare spazi tra i brevetti altrui, individuare aree tecnologiche in cui sia ancora possibile registrare brevetti utili.

Il brevetto descrive le “metodologie e i tool analitici per l’identificazione di nuovi spazi di opportunità per una data industria”, prevede la creazione di un database di brevetti da usare come base per la ricerca di possibili nuovi brevetti in business che non ne siano già strapieni come il già citato settore del software proprietario.

Da tempo impegnata perché si faccia un utilizzo intelligente dell’arma dei brevetti e delle proprietà intellettuali (IP), IBM si attira questa volta le critiche di chi vede nella nuova mossa una sorta di patent trolling all’ennesima potenza, un metodo che non farebbe altro che dare la caccia a brevetti non in grado di distanziarsi dall’ovvietà imbrevettabile .

“Può essere ovvio che certi brevetti non esistano, ma non è ovvio quali brevetti dovrebbero riempire il vuoto – si legge su Slashdot – Ci sono probabilmente pochi brevetti sulle macchine del tempo e i trasmettitori di materia. Ma sapendolo, non so come inventare queste cose per ottenere un brevetto con cui occupare lo spazio vuoto”.

L’approccio alla brevettabilità di Big Blue sembra andare in una direzione diametralmente opposta a quella scelta da altri colossi del settore quali Google, HP e Cisco, coalizzatisi nella Allied Security Trust per assicurarsi brevetti che, se non inseriti nel trust, potrebbero prima o poi finire in mano ai patent troll, aziende che ne acquisiscano i diritti al solo scopo di chiedere royalty a chiunque utilizzi certe tecnologie poco innovative, con la conseguenza di svuotare le tasche soprattutto ai big o di rallentare l’innovazione.

IBM, al contrario della AST, non è alla ricerca di brevetti su tecnologie già disponibili ma di buchi da riempire con nuove IP che non siano già balenate nella testa di un qualsiasi essere umano, applicando in sostanza il discusso effetto Casimir per tentare di estrarre, letteralmente “energia dal vuoto”. Che si tratti di una idea geniale o di una trollata di alto livello è una cosa tutta da verificare , sempre che il brevetto riesca a passare l’esame degli esperti dell’Ufficio brevetti statunitense.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
3 ott 2008
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