Washington (USA) – Era l’aprile del 2001 quando le major della discografia americana riunite nella RIAA decisero che era tempo di denunciare e portare in tribunale una piattaforma di sharing, iMesh , che stava acquisendo rapidamente notorietà .
Nelle scorse ore iMesh ha pubblicato un avviso ai propri utenti in cui parla di un nuovo “grande salto in avanti” per le proprie attività, un “salto” che è però dovuto proprio alla causa intentata dalla RIAA.
“Ci riteniamo dei pionieri – scrivono quelli di iMesh – perché molte delle tecnologie dei network P2P di oggi sono state introdotte inizialmente proprio da iMesh”. “Oggi abbiamo raggiunto un accordo con le maggiori etichette discografiche – continua la lettera – che ci consentirà di portare iMesh, il P2P e il mondo della musica digitale a nuove altezze”.
Questi vertici significano che iMesh verserà alle società del disco 4,1 milioni di dollari a titolo di risarcimento e si trasformerà completamente, abbandonando del tutto la piattaforma di sharing che già da tempo non rappresenta più il “core” delle proprie attività, per approdare invece a quella di un jukebox digitale legale .
L’industria ha approfittato dell’accordo con iMesh per applaudire. “L’approccio costruttivo di iMesh – ha dichiarato Mitch Bainwol, CEO della RIAA – contrasta platealmente con l’alterigia dimostrata al Congresso delle altre imprese del file sharing, il loro scaricare le responsabilità sugli utenti e il loro indurre i giovani americani a violare la legge”.