Italia, retata sul calcio pirata

Italia, retata sul calcio pirata

124 siti sono stati resi inaccessibili dall'Italia: l'Operazione Match Off basterà a tutelare gli investimenti profusi da Sky per i diritti sulla trasmissione degli eventi sportivi?
124 siti sono stati resi inaccessibili dall'Italia: l'Operazione Match Off basterà a tutelare gli investimenti profusi da Sky per i diritti sulla trasmissione degli eventi sportivi?

Offrivano gli incontri in diretta streaming e la possibilità di rivedere gli incontri on demand: 124 siti dedicati principalmente alla trasmissione pirata delle partite di calcio sono stati sequestrati ad opera del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza su ordine disposto dal GIP di Roma Gaspare Sturzo.

La retata sullo streaming pirata dell’Operazione Match Off è stata innescata da una denuncia di Sky Italia, che detiene i diritti per le trasmissioni delle partite su piattaforma satellitare. Le indagini a seguire, parte dell’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma e svoltesi con la collaborazione del Nucleo Speciale Radiodiffusione Editoria delle Fiamme Gialle, hanno analizzato il sottobosco dei siti dedicati allo streaming calcistico, per studiarne il modello di business e farne emergere le criticità.

Ne emerso un quadro complesso e abbastanza sofisticato. Tutti i siti individuati e sottoposti a sequestro, uno dei quali, Sportlemon.tv , appare registrato a nome del Pirata Gottfrid Anakata Svartholm, sono ospitati su server esteri. Si basano sull’offerta di palinsesti principalmente incentrati sulla programmazione sportiva , fruibile anche in diretta streaming, senza però disdegnare l’offerta di concerti, film e show televisivi: trovano ragione di esistere nell’ advertising , disseminato nel corso delle trasmissioni e propinato all’utente “in percorsi che lo spettatore è obbligato a seguire”, spiega il comunicato della Guardia di Finanza.

In numerosi casi, si è riscontrato nel corso delle indagini, i siti sono stati “predisposti per massimizzare i profitti anche in danno del
mercato pubblicitario”, con “automatismi fraudolenti” e soluzioni per moltiplicare i clic e le visualizzazioni dei banner, per vendere agli inserzionisti platee più vaste e interessate di quelle che realmente frequentano queste piattaforme. Le indagini proseguono dunque per individuare le concessionarie di pubblicità che giocano un ruolo di intermediari a favore dei siti pirata, e abbiano piazzato i marchi di “noti brand, attivi nel settore finanziario, immobiliare, del betting online, della distribuzione al dettaglio e delle telecomunicazioni” su piattaforme illecite. A partire dagli scorsi mesi le autorità e gli attori del settore dell’advertising hanno iniziato a dedicare attenzione al business della pirateria e alle torbide dinamiche che lo animano e che finiscono per coinvolgere inserzionisti spesso inconsapevoli: cominciando dall’ accordo stipulato tra IAB Italia, FPM (Federazione contro la Pirateria Musicale e Multimediale) e FAPAV (Federazione per la Tutela dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali) per fare terra bruciata intorno alle piattaforme pirata, anche la Guardia di Finanza si è progressivamente interessata ad analizzare e a dare rilevanza a questo aspetto delle attività illegali in Rete, ad esempio con l’operazione Italian Black Out , che ha reso inaccessibile dall’Italia ddlhits.com con il proprio articolato modello, e con l’operazione Publifilm , incentrata sulle attività dei siti dedicati allo streaming di contenuti cinematografici e televisivi.

Il lucroso mercato dei diritti per la trasmissione degli eventi sportivi per la pay-tv, sfruttati ora anche sul versante online dai due principali attori di settore in Italia, Mediaset e Sky , è sempre più spesso al centro di denunce e operazioni antipirateria: Mediaset ha già ottenuto il sequestro di piattaforme dedicate ai link allo streaming dei principali eventi sportivi, nonché la rimozione dei link da siti di informazione come Il Post ; Sky, che peraltro ha dimostrato la propria opposizione nei confronti del Regolamento AGCOM, si è rivolta all’autorità giudiziaria per tentare di abbattere le attività di Futubox, servizio a pagamento che rilancia la programmazione dei canali satellitari in HD con la mediazione della Rete.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
26 gen 2015
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