Kepler, speranze di vita

Kepler, speranze di vita

Il telescopio spaziale della NASA avrebbe rintracciato circa mille esopianeti, più del doppio rispetto alle ipotesi iniziali. Si rafforzano le speranze, ma la cautela è d'obbligo
Il telescopio spaziale della NASA avrebbe rintracciato circa mille esopianeti, più del doppio rispetto alle ipotesi iniziali. Si rafforzano le speranze, ma la cautela è d'obbligo

Kepler è il telescopio in orbita della NASA il cui compito è monitorare le stelle e scoprire la varietà di mondi alieni che si suppone esistano fuori dal Sistema Solare. Negli ultimi giorni, gli astronomi della stazione spaziale hanno annunciato la scoperta di circa quattrocento corpi celesti localizzati a distanza dai pianeti principali, alcuni dei quali potrebbero rivelare le più piccole forme di vita simili alla Terra mai scoperte fino a ora.

Secondo gli ultimi dati forniti da Kepler, i possibili nuovi pianeti esistenti fuori dal Sistema Solare arriverebbero a più di mille, più del doppio rispetto alle ipotesi formulate dagli esperti circa la quantità di esopianeti esistenti. Non ci sono ancora conferme dirette se si tratti effettivamente di pianeti, ma alcuni astronomi stimano che il 90 per cento delle rilevazioni saranno verificate.

Il telescopio, lanciato in orbita nel 2009, ha condotto le sue osservazioni dall’orbita solare tra la Terra e Marte, conducendo il censimento dei corpi celesti e la ricerca di pianeti simili alla Terra. La sua attività ha portato alla scoperta di oggetti molto più piccoli di Giove, alcuni dei quali raggiungono le dimensioni della Terra. Un dato che avvalora le ipotesi sull’esistenza di forme di vita su questi pianeti, più plausibili rispetto a quelli di dimensioni superiori.

Secondo Jonathan Fortney, ricercatore del progetto Kepler, sebbene il telescopio non abbia ancora rintracciato pianeti piccoli quanto la Terra i risultati ottenuti dimostrano che si sta procedendo nella giusta direzione. A detta degli esperti, nei prossimi due o tre anni Kepler potrebbe scoprire pianeti nella zona Goldilocks , in cui le temperature non sono né troppo calde né troppo fredde per scorgere la presenza di acqua. “Ciò che vogliamo è trovare la vita” afferma Geoffrey Marcy, astronomo dell’univeristà di Berkeley e membro del team.

Nonostante Kepler sia solo il primo passo di un processo estremamente lungo, gli astronomi sono convinti che le aspettative di ottenere scoperte interessanti non siano affatto scarse.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
3 feb 2011
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