La via del riuso

La via del riuso

Sprechi e inquinamento ridotti al minimo, computer a prezzi accessibili contro il digital divide, tutela della privacy per i donatori: sta prendendo piede il modello sostenibile, virtuoso e profittevole del riuso
Sprechi e inquinamento ridotti al minimo, computer a prezzi accessibili contro il digital divide, tutela della privacy per i donatori: sta prendendo piede il modello sostenibile, virtuoso e profittevole del riuso

Ogni anno, complici le dinamiche di mercato, la mole dei rifiuti hi-tech raggiunge una massa che va dalle venti alle cinquantamila tonnellate: l’alternativa allo stazionamento inquinante è il costoso trattamento di smaltimento e riciclaggio. Ma c’è una terza via sostenibile, la via del riuso: un’alternativa che si sta progressivamente configurando come un modello di business.

Non vengono in aiuto degli operatori del riuso le normative che regolano il trattamento delle apparecchiature elettroniche a fine vita: nel quadro legislativo europeo, tracciato da anni ma implementato a stento , si definiscono gli standard per smaltimento e riciclaggio, ma non sono previste linee guida che regolino il reimpiego e il ricondizionamento degli apparecchi ancora funzionanti. Frammentato e altrettanto disattento, il quadro legislativo statunitense.

Le macchine recuperate Negli ultimi anni, senza che la legge lo imponesse, hanno fatto la loro comparsa degli operatori che si occupano di recupero, riuso e ricondizionamento, attori che trattano come una risorsa e trasformano in una risorsa ciò che il mercato considera spazzatura . Nulla a che vedere con il modello di business adottato dall’ecomafia, che, mascherandoli come donazioni, scaricano nei paesi emergenti container di prodotti usati, indistintamente servibili e inservibili, che si ammucchiano in discariche di rottami tecnologici inquinanti, irrecuperabili e trattati senza alcuna misura di sicurezza.

È Business Week a citare il caso esemplare dell’associazione non profit Computers for Classrooms che offre una seconda vita alle macchine scartate da consumatori, aziende ed istituzioni, redistribuendole ad istituti scolastici e famiglie.

Quella del riuso, spiegano i portavoce di Computers for Classrooms , è innanzitutto una strategia per combattere dal basso il digital divide : le macchine riusate sono selezionate accuratamente, aggiornate con hardware che ne ottimizzi le prestazioni, e sono offerte a prezzi più che equi , che spesso non sfiorano i cento dollari. Ciò non significa però abdicare alla qualità : le macchine devono superare almeno tre fasi di test operate dai tecnici, vengono offerte con una garanzia di un anno, e – orgoglio per la CEO Pat Furr – vantano un tasso di restituzione per le riparazioni inferiore a quello di Dell. Computers for Classrooms esegue anche lavori su ordinazione: nel giro di un paio di settimane è possibile ricevere un computer riassemblato su misura delle proprie esigenze.

Tutte le macchine vengono consegnate pronte per l’uso: sono equipaggiate di schermo, tastiera, mouse e dell’occorrente per collegarsi a Internet, tutte dotate di sistemi operativi Windows, le cui licenze sono offerte da Microsoft a prezzi di favore, nell’ambito del progetto Microsoft Authorized Refurbisher ( MAR ). Computers for Classrooms è un’associazione non profit, si fonda sul lavoro di volontari: oltre a guadagnare un computer ricondizionato ogni cinquanta ore di lavoro, coloro che prestano servizio presso l’associazione vengono formati ad una professione che offre prospettive per il futuro .

Gli operatori del ricondizionamento e del riuso non fondano infatti la loro attività semplicemente su propositi solidali: è possibile sviluppare profittevoli modelli di business facendo leva sull’appetibilità e sul valore del servizio offerto ai donatori . Oltre ad approfittare di agevolazioni fiscali, oltre a fregiarsi di una coscienza pulita, coloro che donano le macchine dismesse possono infatti assicurarsi un risparmio sulle spese di smaltimento e sulle spese di rimozione dei dati archiviati.

Volontaria addetta alla rimozione dei dati Aziende ed istituzioni, al momento del turn over del parco macchine, sono infatti tenute, a scanso di furti di identità o fughe di dati sensibili , ad eliminare le informazioni residue presenti sugli hard disk: una pratica spesso negletta , che implica costi non trascurabili, se affidata a società specializzate.

Al pari degli attori for profit del riuso che iniziano a comparire sul mercato, Computers for Classrooms si propone di sollevare i donatori da questa incombenza: i computer non vengono accesi prima di aver sottoposto gli hard disk ad una rimozione dei dati completa e definitiva .

Non sono solo gli Stati Uniti ad aver innescato il circolo virtuoso del riuso: anche in Italia sono sempre più numerose le associazioni che si fanno carico del trashware, associazioni in molti casi legate al software libero , che, senza spese per le licenze, consente di riportare a nuova vita anche macchine non più recentissime.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
5 ott 2007
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