Lala, non tutti i jukebox sono uguali

Lala, non tutti i jukebox sono uguali

La start-up californiana trova finalmente un'anima, pagando emolumenti alle major e offrendo un servizio di streaming musicale legale che sa di cloud computing e ubiquità dei dati dell'utente
La start-up californiana trova finalmente un'anima, pagando emolumenti alle major e offrendo un servizio di streaming musicale legale che sa di cloud computing e ubiquità dei dati dell'utente

Michael Robertson sta provando da tempo , a trasportare online le collezioni di MP3 degli utenti per l’accesso universale e ubiquo, ma lo streaming musicale del web 3.0 potrebbe invece passare per i server di Lala , servizio attivo da oltre un anno grazie al quale musicofili, discotecari o fan di starlette della musica pop hanno a disposizione un archivio online personale di tracce audio , da trasportare e ascoltare ovunque, anche sull’iPod e con costi che definire accessibili è un eufemismo.

La prima impressione che dà Lala è quella di uno store musicale tradizionale, dove si cercano gli artisti, si ascoltano anteprime e si acquistano tracce (DRM-free) a circa 90 centesimi di dollaro ciascuna. Ma le potenzialità del sistema vengono svelate una volta messo in funzione il player in streaming integrato sul sito , dalle caratteristiche innovative, per quanto l’interfaccia rassomigli parecchio – a dir poco – a quella di iTunes di Apple.

Ogni singola traccia disponibile nel catalogo di Lala è ascoltabile gratuitamente per una sola volta ma con soli 10 centesimi di dollaro la si acquista in webstreaming in maniera permanente. Dieci centesimi, una minuzia rispetto ai 99 centesimi standard di iTunes e il resto della cricca di audio-portali che vanno per la maggiore con in più il vantaggio di scegliere tra ascoltarla in streaming, sul web, o pagare la differenza degli 80 cent necessari a scaricare l’MP3 in un momento successivo.

Nessuna pubblicità, nessun trucco nascosto, nessun server DRM da dover mantenere online in eterno , Lala offre musica a chi vuole ascoltare musica e nient’altro. E se non bastassero i 10 centesimi a convincere gli utenti della validità del servizio, il vero valore aggiunto, la potenziale “killer application” è la possibilità di utilizzare un’applicazione scaricata alla bisogna per scansionare la propria libreria musicale di iTunes in locale, ricevendo in cambio l’accesso illimitato, via web e senza costi aggiuntivi, ai brani contenuti nella libreria .

La collezione di MP3 sull’hard disk proviene rigorosamente (come quella di un utente medio di PC) dal P2P? No problem : Lala non fa differenza tra contenuti legali o illegali, non usa astruse e improbabili tecnologie di watermarking per individuare i “pirati” del file sharing o cose del genere: indipendentemente dalla loro provenienza, i brani saranno accessibili sul web dall’account dell’utente, legalmente . Lo si guardi come un modo, più o meno furbo, di riciclare MP3 sporchi e piazzarli online a disposizione del proprio sollazzo personale e, potenzialmente, di quello altrui.

Al contrario di quanto successo alle tante start-up musicali di Robertson, poi, Lala non avrà problemi di copyright, cause legali e major assetate di sangue a cercare vendetta nei tribunali. Anzi, Lala agisce con il beneplacito delle suddette major e più in generale dell’industria musicale tutta , avendo siglato i dovuti accordi con le “Big Four” del disco (EMI, Sony-BMG, Warner, Universal) e 175mila etichette discografiche indipendenti.

Lala ha indubbiamente tutte le potenzialità per portare una boccata d’aria fresca al settore dello streaming musicale : il modello di business è sufficientemente innovativo, il rispetto per le esigenze dell’utente pare ci sia tutto e le major approvano. L’unica variabile che ancora manca all’equazione “Lala = successo col botto” è quanto il portale riuscirà a divenire popolare presso gli utenti, conseguentemente alla volontà dei suddetti di spostare online, dopo le applicazioni e le foto del compleanno del chihuahua, anche la musica di una vita. I server possono fallire , e il trappolone delle grandi corporazioni sull’abuso dei dati personali incombe.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
22 ott 2008
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