Dossier/ La cecità della censura antipedofila

Dossier/ La cecità della censura antipedofila

La censura delle pagine cyber create da chi mette in discussione sé e il suo mondo in una continua ricerca di possibili verità costituisce un atto criminogeno
La censura delle pagine cyber create da chi mette in discussione sé e il suo mondo in una continua ricerca di possibili verità costituisce un atto criminogeno


Roma – Fino a che punto è giusto salvaguardare in Rete la libertà di espressione e di parola se questa confligge con la necessità di impedire il commercio pedopornografico? Questa domanda sembra imporre una dilaniante risposta, quella che prevede possibili limitazioni alle libertà individuali pur di salvaguardare un obiettivo più elevato, impedire che i più piccoli finiscano tra le zampe assassine dell’Orco.

Scrivo “sembra” perché chi sta conducendo in questi mesi le crociate antipornografia infantile tende a scagliarsi solo apparentemente contro i suoi obiettivi, i pedopornografi, menando fendenti a destra e a sinistra finendo troppo spesso per colpire chi nulla ha a che vedere con tutto questo. Chi, anzi, è portatore di una coscienza critica tanto più preziosa quanto più i crociati sembrano perdere in lucidità.

Sotto le sferzate di associazioni volenterose ma spesso straripanti, come Telefono Arcobaleno di Don Fortunato di Noto, Romacivica.net non solo ha oscurato l’associazione AvANa per aver pubblicato un celebre libro sulla pedofilia edito anche da Castelvecchi, ma ha poi proseguito la sua corsa censoria affondando le pagine della webart di Francesca Da Rimini, celebre e premiata artista internazionale. Non contenti, quelli del network civico romano hanno pensato bene anche di chiudere le pagine della rivista Namir e di imporre limitazioni così severe all’associazione The Thing che aveva ripubblicato quel libro, che questa ha preferito spostarsi altrove, su altri spazi.

Questi episodi di censura ci hanno proiettato indietro di tre anni, quando alle indagini frettolose di alcuni magistrati erano seguiti sequestri ancora più frettolosi di contenuti e materiali inoffensivi. Tre anni fa, quando i giornali facevano ancora a gara nello scandalizzarsi per la Rete, “covo di pedofili, ladri e assassini”. Prima, insomma, che il grasso vociare dei tycoon della New Economy trasformasse le penne di giornalisti male informati in sponsor ufficiali del Nuovo Corso.

Il punto chiave, che deve far riflettere chi in questi anni ha lottato con serietà contro il commercio pedopornografico, è che il ritorno dei crociati oggi si deve ancora e sempre alle stesse motivazioni. Ancora una volta, sull’onda emotiva di agghiaccianti fatti di cronaca, a vincere è l’istinto e la convenienza politica, non la conoscenza, a prevalere è la diffusa inabilità nel distinguere il fenomeno del commercio pedopornografico e della pedofilia violenta dalla pedofilia in sé. Termine, quest’ultimo, la cui etimologia non ammette dubbi, a meno che non si arrivi a spacciare (e c’è chi lo fa) l’amore per un bambino come prodromico all’assassinio di quest’ultimo. L’Orco non è pedofilo, l’Orco è uno stupratore, o un brutale assassino, che fa quello che fa per altri istinti, oppure per ottenere nuovo materiale da far girare e sul quale lucrare. Ma questo, pare, non deve aver spazi per essere detto.

In questo clima non può stupire che le censure di questi giorni siano accompagnate dalle dichiarazioni di parlamentari che propongono irrealistiche bombe al virus sui siti di pornografia infantile. Dichiarazioni che, oltre a mettere in luce l’incompetenza di chi le fa, servono indubbiamente a raccogliere voti tra gli indignati. Dichiarazioni pericolose, al limite del delinquenziale, perché chi afferma queste sciocchezze non prende il toro per le corna, non affronta il fenomeno dello spaccio di materiale pedopronografico nella sua interezza e immensa complessità. Di fatto, se ne lava le mani. Meglio allora la ministra Turco che, ieri sera, se ne è uscita inaspettatamente affermando che non esiste un’emergenza pedofilia. Meno male.

Nelle pagine di questo dossier abbiamo raccolto alcuni significativi materiali emersi in questi giorni su questo annoso e centrale problema, sulla pedopornografia in Rete e sulla censura. E li abbiamo corredati di numerosi link che si trovano in calce alle pagine stesse. Materiali e link a cui è bene dare un’occhiata se si ha a cuore la libertà sulla Rete e la lotta all’abuso sui minori.

Paolo De Andreis


Web – Con il consenso dell’autore pubblichiamo una lettera trasmessa sulla mailing list Cyber-rights .

“In relazione a quanto detto sinora sulla vicenda Di Noto/Rete Civica, vorrei aprire un thread su un problema non facile, dal mio punto di vista. non solo per farmi un’idea io, ma anche in vista di iniziative concrete che si dovrebbero fare sulla vicenda sul problema “foto di bambini violentati in rete”.

ho detto, e credo, che la legge così com’è (o meglio la sua interpretazione diffusa) mette a rischio una serie di libertà se quel principio di criminalizzare un link passa in altri campi.

ho anche detto che se cento persone si mettessero a postare link pedofili, questa potrebbe essere una provocazione utile. non sono più convinto di quest’affermazione. non per la “provocazione” in sé, che è una forma culturale e politica spesso molto utile per sollevare problemi e scuotere coscienze, ma per le implicazioni etiche di quelle foto.

un mio amico, persona con cui condivido vari punti di vista anche “estremi”, mi ha fatto vedere una foto che tiene apposta in serbo per quelli come me. crittata etc. non l’ha nemmeno cercata, gliel’ha inviata una notte un ignoto in IRC.

una bambina stuprata. avrà 10-11 anni, probabilmente malnutrita, orientale, piccolissima. l’uomo che la violenta è immenso rispetto a lei, girato di spalle, non si vede la faccia. la bambina guarda verso l’obiettivo. ha gli stessi occhi di un animale ferito in trappola. un dolore immenso, totale, che non lascia spazio ad altro. una sofferenza e una paura che non arrivano nemmeno a darsi conto del perché del proprio esistere.

sono occhi che possono farti perdere il sonno la notte e perseguitarti di giorno.

poi mi ha chiesto: la nostra libertà di comunicazione, vale la vita di questa bambina?

ci ho pensato a lungo, stanotte. in effetti, no. non la libertà dell’internet “giocattolo” che per molti è l’unica che conta. nemmeno la libertà dell’internet “antagonista” che vedo io.

qui si è parlato molto di foto del genere.

io non voglio fare un mostro a forza di chi avverte pulsioni erotiche verso l’infanzia. non credo sia necessariamente un maniaco omicida e stupratore o un turpe trafficante o compratore di bambini schiavi. capisco come possa esserci chi ricorre alla rete per soddisfare in qualche modo desideri che nella vita reale non potrebbero comunque essere soddisfatti senza grave rischio per lui e per il bambinoa. ma ora dirò una cosa grave, che vi prego di rettamente intendere nel suo significato: io riesco a rispettare e comprendere di più chi, incurante delle conseguenze sociali e del rischio legale, cerca di vivere un rapporto d’amore effetivamente consensuale con una giovanissimoa, assumendosene la responsabilità — come quella donna americana che vive col bambino di 13 anni affrontando processi e odio sociale — che non chi alimenta un mercato di foto del genere, anche se nella realtà non metterebbe mai un dito addosso a un minore.

questo mercato va fermato, va combattuto.

è vero che esistono milioni di bambini torturati, uccisi dalla fame e da orrende malattie, schiavizzati a fini non sessuali, sfracellati dalle mine, comprese quelle prodotte dalla nostra beneamata industria nazionale, che per qualche perverso e contorto motivo della nostra psicologia sociale malata — sfruttata dai don Di Noto di questo mondo — non riescono a suscitare l’un per mille dell’attenzione suscitata dalle “foto pedofile su internet”. ma è anche vero che un milione di orrori del genere non diminuisce l’orrore di quella foto. fa solo salire il totale degli orrori a un milione e uno.

e combattere questo mercato non significa solo combattere chi violenta e tortura quella bambina, chi la fotografa, chi trae profitto. bisogna anche combattere chi lo alimenta. fargli capire l’errore e l’orrore che sta commettendo. anche aiutarlo, che renderlo solo “mostro” serve solo a chi in questa cosa vede solo l’opportunità di pescare nel torbido.

fare del semplice consumo di queste foto un reato, ha un suo senso. mi costa dirlo, ma è così.

tuttavia, resta il fatto che la legge così com’è, e più ancora l’uso e l’interpretazione che ne vengono fatte dai moderni cacciatori di streghe mi turba, perché è oggettivamente pericolosa.

mi turba l’uso di siti civetta contenenti quelle stesse foto fatto dalla polizia per attirare gente magari ignara o convinta di stare facendo una “passeggiata nel proibito” senza rendersi pienamente conto di quello che fa… ma mi turba anche il facile brivido che può dare internet, la ricerca della pura sensazione forte ad ogni costo, la facilità con cui si può scordare la “REALTÀ” che sta dietro ad un’immagine che scorre sul monitor… è qualcosa su cui riflettere anche questo, in un altro momento magari.

ma soprattutto mi turba — e non riesco ad accettarlo — il concetto che un link a qualcosa di “proibito” possa essere reato in sé. vedo enormi rischi in questo, ne ho già parlato. ma d’altra parte, forse nella difesa che alcuni di noi stanno facendo, che *IO* sto facendo, della libertà di comunicazione in rete etc, sono troppo assenti gli occhi di quella bambina…

vorrei trovare un giusto equilibrio su questo problema, un obiettivo che mettesse d’accordo queste diverse necessità, ma non me ne sento in grado al momento.

ditemi qualcosa voi per favore, aiutatemi a ragionare.

T.H.E. Walrus


Firenze – Come Hacklab Firenze riteniamo necessario intervenire con forza sui recenti episodi di rimozione forzosa di pagine web falsamente additate come “pedofile” dal sito della Rete Civica romana.

Mentre esprimiamo la nostra solidarietà agli autori delle pagine e agli organismi che le mantenevano sul sito, desideriamo portare a conoscenza dell’opinione pubblica le nostre preoccupazioni per il carattere profondamente strumentale e ingiustamente diffamatorio delle accuse mosse da don Di Noto di “Telefono Arcobaleno” al libro “Lasciate che i Bimbi” e alle altre pagine rimosse.

Si tratta infatti di una seria contro-inchiesta sul processo di Bologna contro i cosiddetti “Bambini di Satana”, clamorosamente conclusasi con l’assoluzione degli imputati, accompagnato da una seria analisi sull’uso strumentale del fenomeno “pedofilia” attuato da forze profondamente reazionarie all’unico scopo di destare e fomentare inquietudini e reazioni popolari sull’onda delle quali imbastire manovre liberticide, che nulla hanno a che vedere con una seria lotta e prevenzione del fenomeno della violenza e dello sfruttamento sessuale dei minori, anche a mezzo di produzione e commercio di foto pornografiche, da noi decisamente condannato.

Riteniamo che il vero scopo delle deliranti e false accuse mosse da don Di Noto alla stampa (alla stampa si badi bene, e non alla legge, in quanto nessuna denuncia in questo senso avrebbe avuto la minima possibilità di essere presa in considerazione, talmente macroscopica ed insostenibile è la dimensione di questa montatura) e prontamente raccolte dai soliti giornalisti e politicanti disinformati e mai preoccupati di verificare le proprie fonti, sia appunto quello di rendere impossibile la circolazione di analisi serene ed oggettive su deliranti campagne strumentali come quelle da lui stesso condotte.

Riteniamo che un altro scopo di don Di Noto, già conosciuto in precedenza per le sue aberranti campagne contro innocui giocattoli virtuali, possa essere quello di arrivare ad ostacolare la libera circolazione e diffusione delle informazioni e delle idee su Internet, forse nel timore che l’enorme quantità di processi per pedofilia e gli astronomici risarcimenti per violenze su minori chiesti nei confronti di sacerdoti e prelati della chiesa cattolica arrivi troppo alle orecchie della pubblica opinione.

Poco chiari ci sembrano i moventi di questo prete esagitato e arrierista e ambigui i suoi obiettivi di moderno cacciatore di streghe. Altresì crediamo che all’alba del terzo millennio il fervore oscurantista e diffamatorio debba essere combattuto con l’arma della chiarezza e della ragione.

Gravissime ci sembrano anche le responsabilità del Comune di Roma e dei responsabili della Rete Civica nell’avallare prontamente, con un’inusitata prova di rinuncia a qualunque capacità di giudizio autonomo e di sudditanza alle richieste di un’isteria di massa dilagante quanto fallace, accuse del genere senza la minima verifica, e ci riserviamo di elevare le nostre proteste contro di essi nella forma che riterremo più efficace.

Ci proponiamo di dare vita al più presto ad un’iniziativa pubblica di discussione e chiarificazione su questa vicenda, presumibilmente nella prima settimana di Novembre, per avere il tempo di prepararla con equilibrio e serenità e di documentare le nostre argomentazioni. La logica isterica e modaiola della stampa fomentata dai moderni cacciatori di streghe smaniosi di apparire sui mass-media non ci appartiene minimamente, ma invitiamo sin da ora tutti i giornalisti e gli organi di informazione desiderosi di conoscere il nostro punto di vista sulla vicenda a questa iniziativa.

Invitiamo gli altri hacklab e tutte le forze desiderose di opporsi a questa moderna crociata di isteria che può solo indebolire tutti coloro che operano serenamente ed efficacemente per tutelare i minori dalla violenza e dallo sfruttamento sessuale a mobilitarsi in sintonia e possibilmente in contemporanea con noi. Facciamo che questo ennesimo episodio di censura e violenza mediatica contro la libera circolazione delle idee in rete si trasformi stavolta in un boomerang che faccia giustizia dei veri moventi e dei veri scopi di chi l’ha promosso.

Hacklab Firenze


Roma – Chiunque si sia imbattuto in una immagine di pornografia infantile non l’ha dimenticato.

Se si naviga molto in Rete o se si cerca di capire quanto c’è di vero negli scenari apocalittici dipinti dai mass-media il rischio di imbattersi in una o più di quelle immagini c’è davvero.

Quando accade, qualcosa, dentro, si rompe.

Forse perché si assiste alla rottura di un intimo patto, tra adulto e bambino, che fino a quel momento si era dato per scontato dentro di sé. Un patto che viene in quelle immagini ripreso nella sua distruzione e storpiatura, per finalità che non valgono abbastanza, come quelle egoiche del pedofilo violento, o non valgono affatto, come quelle del commercio di queste fotografie. Ed è forse per questo, con una contraddizione che fa male, che una immagine di questo tipo suscita più rabbia ed emozione delle mille foto che da sempre giungono dell’infanzia sfruttata e sbranata dalla guerra e dalla povertà in tutto il Mondo.

La censura delle pagine cyber create da chi mette in discussione sé e il suo mondo in una continua ricerca di possibili verità costituisce un atto criminogeno.

Criminogeno perché quella censura si propone come capace di offrire una forma finita, univoca, per un problema, quello dello sfruttamento dei minori, che vive invece della sua impalpabile complessità, della povertà e del gap tra Nord e Sud del mondo, che prospera grazie ai denari dei paesi ricchi e che sulla Rete trova un ovvio e comodo strumento per moltiplicare, come pressoché qualsiasi altra attività economica, il fatturato del suo commercio.

Criminogeno, infine, perché riduce la battaglia che deve essere condotta contro lo sfruttamento dei più piccoli ad una battaglia ideologica, cieca e dunque inutile o, meglio, dannosa. Perché evita di farsi carico di tutto il peso di una lotta improba e difficile dalle numerosissime e diverse radici e per la quale non esistono soluzioni veloci o bacchette magiche.

Gilberto Mondi

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Pubblicato il
17 ott 2000
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