Roma – Entro l’estate Napster si trasformerà, abbandonerà la sua origine di “file-sharing for all” e diventerà un sistema proprietario, accessibile solo a coloro che vorranno pagare pur di sfruttare i suoi servizi.
E il giorno venne, dunque, come anticipato da tempo, in cui la tedesca Bertelsmann, che controlla Napster attraverso la discografica BMG, ha deciso di lanciare “l’abbonamento Napster”.
“Sono convinto – ha spiegato il CEO di Bertelsmann Thomas Middelhoff – che potremo introdurre il sistema a pagamento entro giugno o luglio. Inserito in un contesto efficiente di gestione del diritto d’autore. Abbiamo fatto una ricerca – ha detto Middelhoff – su 20mila utenti di Napster, scoprendo che c’è disponibilità a pagare un abbonamento”.
Middelhoff ha voluto sottolineare che l’interessamento di BMG per Napster, arrivato dopo che la stessa BMG aveva brigato per portare Napster in tribunale, è dovuto alla trasformazione imposta ai modelli di business dall’avvento di Internet: “L’industria musicale non era pronta a gestire questi nuovi comportamenti da parte degli utenti. I produttori hanno minacciato di fare denunce, ma non si possono denunciare 100 milioni di clienti. Anche perché sono anche compratori assidui di musica. A loro piace la musica”.
Un’affermazione clamorosa, dunque, visto che in passato tutta l’industria discografica ha imputato a Napster il calo delle vendite di Cd. Imputazioni che Middelhoff ha preferito non ricordare, spiegando invece che a causa di queste trasformazioni “abbiamo deciso di parlare con l’azienda Napster e sviluppare con loro un modello di business legale”. Il boss Bertelsmann si è poi spinto oltre, vestendo gli insoliti panni del “visionario” e affermando che Napster e il file-sharing vanno ben oltre la musica: “File sharing non significa solo scambiare musica, ma anche film e contenuti di intrattenimento”. Come dire, dunque, che Napster a pagamento ha iniziato a muovere solo i primi passi.
Per BMG la scommessa rimane enorme. Dietro l’angolo, almeno tre grandi problemi.
Il primo legato all’effettiva quantità di utenti di Napster che sarà disponibile a pagare un abbonamento a fronte di una quantità emergente di alternative, non ultima la nuova versione di Gnutella.
Il secondo legato al fatto che a rendere “grande” Napster è proprio il numero di utenti e dunque la disponibilità di una varietà senza paragoni di musica: l’abbonamento potrebbe far decrescere il numero di utenti al punto da rendere Napster meno invitante di prima.
Il terzo problema è legato alle aspettative: chi non troverà la musica che cerca, pur pagando un abbonamento mensile, che cosa deciderà di fare?
Questione a parte, naturalmente, è quella del formato della musica. BMG ha bisogno di realizzare un “formato protetto” che garantisca il controllo digitale dei file a sé stessa e alle altre case discografiche. Un non-mp3, dunque. E proprio questo, ma anche solo questo, potrebbe secondo alcuni commentatori allontanare in modo definitivo una grande quantità di utenti, non disposti a sottostare ai limiti della “musica protetta”.
Ad ogni modo, va detto che la decisione di BMG era stata lungamente annunciata e ne consegue che gli utenti che oggi utilizzano Napster hanno avuto tempo e modo per prevedere i cambiamenti “in corso”. L’ultima versione di Napster, peraltro, presenta un pulsante “cdnow” che porta al celebre negozio online di dischi. Un pulsante che era già stato interpretato da molti come una sorta di “primo passo”.
In un momento così, ha scritto qualcuno, sembra assordante anche se comprensibile il silenzio dei protagonisti di Napster, a cominciare da Shawn Fenning, il suo giovanissimo papà, un tempo tutto proteso alla “free music” e oggi costretto a fare buon viso a cattivo gioco pur di continuare a giocare.