Roma – Proteste sulla Rete, numerose segnalazioni in mailing list, forum intasati: si è riaperto nelle scorse ore il fronte del Pay-to-surf, ovvero dei servizi che riconoscono somme agli utenti che visualizzano sul proprio monitor la pubblicità inviata loro via Internet. Al centro delle accuse di molti utenti è NetFraternity, la principale società di Pay-to-surf italiana.
Qualcuno sostiene che NetFraternity in questi giorni stia azzerando i crediti di molti utenti pur di non pagare quanto accumulato da chi ha visualizzato banner. Una freccia al cuore del sistema dell’azienda che NetFraternity respinge con forza.
Il presidente di NetFraternity , Alberto Vazzoler, ha ieri spiegato a Punto Informatico che l’azienda “ha attivato da qualche tempo una policy di tolleranza zero” contro i “cheaters” (in questo modo vengono definiti gli utenti che fingono di visualizzare le inserzioni telematiche sfruttando programmini pensati per “ingannare” il sistema di advertising).
Grazie a nuove tecnologie sviluppate dall’azienda e associate ad altre già in uso sulla Rete, Vazzoler ha spiegato che NetFraternity ha inserito nel software utilizzato dagli utenti per visualizzare le inserzioni, nuovi sistemi di controllo. Sistemi che avrebbero scoperchiato “un vero e proprio vaso di Pandora” nel quale in questi giorni NetFraternity sta individuando “alcune migliaia di utenti, dunque una frazione del numero complessivo di utenti dell’azienda” (che dichiara una media di 400mila collegati quotidiani).
Vazzoler ha spiegato che NetFraternity ha dovuto implementare le proprie tecnologie di sicurezza dopo che uno dei più importanti inserzionisti dell’azienda aveva espresso dei dubbi relativamente alla capacità del “sistemone” di tenere lontani i cheaters. Da qui lo sviluppo di nuovi sistemi e l’attivazione di “un’operazione a tappeto per individuare chi non ha rispettato il contratto”. Queste tecnologie, sostiene Vazzoler, consentono di scoprire se sul computer dell’utente sono installati programmi che simulano la navigazione, e quindi pensati per ingannare il software di advertising (che funziona solo in presenza dell’utente), mouse mover o altri programmi di cheating. Il contratto che lega gli utenti all’azienda prevede una serie di divieti:
“l’uso di apparecchi, macchine, computer o altri equipaggiamenti per la
generazione automatica di crediti; di più barre simultaneamente e non da parte dello stesso soggetto ed in particolare in situazioni quali cyber-café, reti universitarie, lan aziendali dove un singolo individuo ha a disposizione più computer da cui operare; la creazione di più account da parte di un singolo utente; l’uso di software che permette il movimento automatico e ripetitivo del
mouse e della tastiera assieme alla barra di NetSpot; l’uso di programmi in grado di oscurare, nascondere o disabilitare la barra di NetSpot”.
E a chi accusa NetFraternity di violare la privacy dei propri abbonati per scoprire questi programmi, Vazzoler risponde affermando che “i nostri programmi non vanno a guardare i contenuti del personal computer dell’utente ma si limitano a leggere la presenza di eventuali programmi di violazione”. E fa notare come il contratto che gli utenti di NetFraternity sottoscrivono prevede esplicitamente che l’azienda si assicuri che venga rispettato il mandato secondo cui l’utente deve visualizzare la pubblicità che gli viene proposta affinché gli venga riconosciuto il “rimborso”.
Secondo Vazzoler “i cheaters sono relativamente tanti” ma la prima volta che vengono individuati dall’azienda non vengono “bannati”, cioè il loro account non viene cancellato da NetFraternity. Vengono invece azzerati tutti i crediti accumulati fino a quel momento. Se si viene “beccati” per una seconda volta, allora la nuova policy di NetFraternity prevede che l’utente venga definitivamente allontanato dal sistemone. Vazzoler ha comunque sottolineato a Punto Informatico che qualora un utente ritenga di essere stato dichiarato “cheater” ingiustamente può senz’altro inviare una formale richiesta dettagliata a NetFraternity che “ha già disposto il personale necessario ad effettuare le verifiche per analizzare le singole posizioni in caso di contestazione dell’analisi effettuata grazie ai sistemi anti-cheating”.
Va detto che la questione del “cheating” è tutt’altro che nuova nel mondo del Pay-to-surf. Molti dei sistemi che anche all’estero vengono utilizzati dalle aziende che inviano inserzioni sui monitor dei propri abbonati, sono “assaltati” da numerosi programmini che circolano rapidamente sulla Rete. Programmini studiati per superare la sicurezza dei sistemi di advertising, sicurezza che è però indispensabile per queste aziende per garantire un risultato ai propri inserzionisti.
La diffusione di programmi di cheating aveva messo in difficoltà nei mesi scorsi quella che un tempo era considerata nel mondo la più importante società del Pay-to-surf, l’americana AllAdvantage. Società che ha operato per lungo tempo in moltissimi paesi applicando rimborsi e politiche tariffarie diverse e che ha poi dovuto scontrarsi con un modello di business complesso e con il moltiplicarsi dei cheaters, capaci in alcuni casi di riscuotere somme ingenti pur non visualizzando banner pubblicitari.